Andrea Bajani, Cordiali saluti, Torino, Einaudi, 2005
Oggi mi hanno chiesto di scrivere una lettera di licenziamento. Da pochi giorni non c'è più il direttore vendite, la gente si aggira per gli uffici a contare le sedie vuote e quelle piene. Per farle diventare vuote, le sedie, bisogna che qualcuno comunichi agli interessati le necessità aziendali in seguito alle quali si è resa necessaria l'interruzione della proficua collaborazione intecorsa fra la società e il dipendente messo alla porta. (p. 8)
Gian Filippo Della Croce, Bianchi e blu: notizie dal mondo del lavoro, Città di Castello, Edimond, 2005
Per chi iniziava il turno era come prepararsi ad una nuova vita, perché avrebbe vegliato mentre tutti gli altri dormivano, e avrebbe dormito mentre tutti gli altri erano svegli e pensavano ai loro affari. Il turno di fatto introduceva in una dimensione virtuale, coloro che lo vivevano non esistevano perché fuori dalle consuetudini, dagli orari e dalle cadenze dl quotidiano. (p. 40)
Michela Murgia, Il mondo deve sapere: romanzo tragicomico di una telefonista precaria, Milano, Isbn, 2006
Ho iniziato a lavorare in un call center. Quei lavori disperati che ti vergogni a dire agli amici. "Cosa fai?" E tu: "Be', mi occupo di promozione pubblicitaria".
Che meraviglia l'italiano, altro che giochi di prestigio. (p. 7)
Aldo Nove, Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese, Torino, Einaudi, 2006
Cosa siano infine le agenzie interinali ce lo spiega bene marco. Sono caporalato legale. Marco viene dal Sud e sa cosa vuol dire alzarsi alle tre e mezza del mattino per essere scelti come lavoratori a giornata. Marco, come molti, ha scelto il Nord come prospettiva di lavoro reale. In questo senso, la sua è una storia che attraversa buona parte del secolo scorso e che prosegue tuttora. (p. 93)
Massimo Lolli, Il lunedì arriva sempre di domenica pomeriggio, Milano, Mondadori, 2009
"Che turni fate, Mister Ma?" chiede l'italiano tirato a lucido in abito blu gessato.
"Tre turni al giorno di otto ore ciascuno"
"Avete mai provato a lavorare sei ore al giorno dal lunedì al sabato?>>
"Noi lavoriamo tre turni al giorno di otto ore ciascuno dal lunedì alla domenica" risponde Mister Ma.
"Ho capito bene, non fate riposo settimanale?"
"No. Non facciamo riposo settimanale" risponde Mister Ma serio, "noi riposiamo per il Capodanno cinese a gennaio o febbraio, il primo maggio e nell'anniversario della Rivoluzione a ottobre" (p.149)
Duchesne, Studio illegale, Venezia, Marsilio, 2009
Mi chiamo Andrea Campi.
Ho trent'anni.
Sono un professionista serio.
Ultimamente non sto molto bene (p. 17)
Joshua Ferris, E poi siamo arrivati alla fine, Vicenza, Neri Pozza, 2006
I licenziamenti aleggiavano su di noi. Se ne parlava da mesi, ma adesso era ufficiale. Se eri fortunato potevi ricorrere in giudizio. Se eri nero, anziano, donna, cattaolico, ebreo, gay, obeso o fisicamente handicappato, c'erano delle ragioni valide per farlo. (p. 19)
Mauro Orletti, Mi sento già molto inserito: cronache dalla fabbrica (dis)intergrata, Torino, Zandegù, 2009
Generazione che non ha nemmeno voglia di scegliersi un lavoro, la mia. Si accontenta di quattro soldi a fine mese e di un contratto a tempo indeterminato. Salvo confessare, a distenza di qualche anno, il sogno di una carriera da maestro elementare, psicologo, restauratore, archeologo, pittore, scief, direttore d'orchestra e invece no... il sogno si è infranto contro unpresente di economia diritto ingegneria farmacia... ma anche DAMS e poi, per star sicuri, un posto in banca (p.17)
Carola Susani, Sono come tu mi vuoi: storie di lavori , Roma, Laterza, 2009
Ma del lavoratore di notte mi secca che non imparo niente, dato che la maggior parte del tempo sono pagato solo per esserci. Se non riscatto quelle ore facendo qualcosa per me stesso, è una marea di tempo sprecato. Non importa se è pagato, il tempo buttato via non te lo paga nessuno veramente, perchè non puoi ricomprartelo, è andato. (p. 89)
Peppe Fiore, Nessuno è indispensabile, Torino, Einaudi, 2012
Le poche volte che non si portava il pranzo da casa in un tupperware lavabile verdolino scendeva in mensa con Simona Marchetti, la responsabile del settore yogurt. Da questi pranzi la Marchetti aveva ricomposto l'impressione di una ragazza non sgradevole, ma che aveva trovato il suo habitat nelle retrovie dell'esistenza: viveva da sola da qualche parte verso Ardea in un piccolo appartamento preso con l'aiuto dei suoi e l'accollo di un mutuo trentennale, era realizzata nel perimetro perfetto del suo contratto a tempo indeterminato, tutto sommato era contenta anche dei colleghi. (p. 17)