Una serie di risorse digitali dedicate alla documentazione della storia, della cultura, della società e delle istituzioni di Bologna e provincia con particolare attenzione all’800-900.

Dalla Cronologia

Accadde oggi, 28 gennaio.

immagine di I comandanti delle Brigate Nere sono espulsi dalla città
28 gennaio 1945
I comandanti delle Brigate Nere sono espulsi dalla città
A seguito della barbara uccisione per strada di quattro noti professionisti, sospettati di collaborare con la Resistenza - omicidi che hanno provocato grande scalpore in città - il comandante tedesco gen. Frido von Senger und Etterlin convoca i vertici del PFR bolognese, rinfacciando alle Brigate Nere di operare al di fuori di qualsiasi legalità. Anche il superiore dei Domenicani padre Acerbi, in contatto con i dirigenti della Resistenza, sollecita, in un colloquio con Mussolini a Gargnano, l'intervento diretto del Duce per far cessare il terrore a Bologna. A sua volta, il capo della Provincia Fantozzi ha da tempo minacciato di dimettersi. Il 28 gennaio successivo vengono allontanati il prof. Franz Pagliani (1904-1986), organizzatore della brigata mobile “Pappalardo”, considerato “l'anima nera” della città, il federale Pietro Torri e il questore Marcello Fabiani, già membro a Roma della famigerata “banda Pollastrini” e autore di un falso rapporto sulla battaglia di Porta Lame. Per il comandante di piazza tedesco, i brigatisti fanatici spezzano il "fronte unico degli italiani", necessario a "puntellare l'autorità degli organi governativi". Egli considera le brigate nere “autentico flagello della popolazione ... altrettanto odiate dai cittadini, come dalle autorità”. Le ritiene capaci “di assassinare chiunque, di compiere qualsiasi nefandezza” . Alla notizia della destituzione di Torri e Pagliani i militi della “Facchini” e della “Pappalardo” si abbandonano ad eccessi in città: fermano “molti passanti chiedendo in modo scorretto i documenti di riconoscimento”, compresi alcuni agenti di polizia, che vengono definiti “ribelli, attendisti ed imboscati”, molestano le signore e le signorine che usano il rossetto, sequestrano merci nei negozi. I comandanti delle Brigate Nere bolognesi saranno catturati poco dopo la fine del conflitto mondiale. Pagliani sarà processato nel 1948 a Perugia: condannato a 24 anni, la pena sarà in seguito ridotta e nel 1957 sarà riabilitato. L'ex federale Pietro Torri riuscirà a fuggire dal campo di internamento di Coltano e lascerà di nascosto l'Italia, mentre il Tribunale civile di Bologna ne dichiarerà la morte presunta. La sua pena sarà completamente estinta nel 1966.
immagine di Muore lo scultore Cincinnato Baruzzi
28 gennaio 1878
Muore lo scultore Cincinnato Baruzzi
Muore a Bologna lo scultore di origine imolese Cincinnato Baruzzi (1796-1878). Nipote dell'architetto Francesco Tadolini (1723-1805), fu discepolo di Giacomo De Maria (1762-1838), direttore dello studio di Antonio Canova e insegnante per trent'anni all'Accademia Pontificia di Belle Arti. Considerato l'unico continuatore in pieno '800 del bello classico canoviano, ebbe prestigiosi titoli e riconoscimenti in Austria come nel regno sabaudo. Tra le sue opere in marmo si annoverano la Psiche, la Ninfa sedente, Silvia. Una copia della Psiche fu comprata dallo Zar Nicola I. La sua Beata Vergine imperatrice del mondo, commissionata da Carlo Alberto, fu definita “prodigio dell'arte”. Nel 1836 l'artista acquistò, sulla collina dell'Osservanza, una villa chiamata “L'Eliso” - in seguito conosciuta come Villa Baruzziana - che fece ampliare e abbellire notevolmente. Incombente sulla città, nel 1849 venne requisita dagli Imperiali e trasformata in piazzaforte militare. Durante l'assedio di Bologna fu danneggiata e saccheggiata di molte delle opere d'arte conservate all'interno. Dopo l'Unità lo scultore fu epurato per i suoi legami col passato regime. Prima di morire lasciò al Comune i suoi averi, con la clausola dell'istituzione di un premio per gli scultori.
Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
1930
L'Istituto del Radio e la lotta contro i tumori
Dal 1930 ha sede, presso l'ospedale Sant'Orsola, l'Istituto del Radio “Luigi Galvani”. E' collocato, con i suoi letti e i suoi impianti, nel nuovo edificio della Clinica Medica. La lotta contro i tumori maligni costituisce un impegno esplicito della nuova legge sanitaria del 1934. Dal bilancio del Ministero dell'Interno vengono destinati fondi agli enti locali per la diagnosi e la terapia dei tumori e per la preparazione di personale specializzato. Nel 1935, grazie a questi fondi, nasce a Bologna il Centro bolognese per lo studio e la cura del cancro, guidato dal prof. Gian Giuseppe Palmieri (1892-1961). Nel 1939 sarà inoltre istituita la cattedra di Radiologia. L’Istituto Galvani si fonderà dal 1 marzo 1967 con l’Istituto di Radiologia dell’Università di Bologna guidato dal prof. Vincenzo Bollini.
15 novembre 2004
Approvato il progetto del tram Civis
Il Consiglio comunale approva il progetto Civis, il tram su gomma destinato a collegare San Lazzaro di Savena e Bologna, intercettando in più punti il servizio ferroviario metropolitano. Il progetto è gestito dall'ATC, dal Ministero dei Trasporti e dagli Enti Locali. E' previsto che il Civis viaggi sulla strada, supportato da un dispositivo ottico, utilizzando corrente elettrica continua. In Consiglio si astengono Forza Italia e La Tua Bologna, vota contro Alleanza Nazionale. Si mobilitano gli abitanti delle strade attraversate dal tram, preoccupati per i disagi provocati dai cantieri e per la perdita di posti macchina.
Esplora il sito
biblioteca. salaborsa
Esplora il sito
biblioteca. salaborsa. ragazzi
Scrittori e scrittrici
Villa Sampieri Talon
Je vais presque tous les matins à Casa-Lecchio, promenade pittoresque, à la cascade du Reno: c'est le bois de Boulogne de Bologne ... (Stendhal)
Giovanni Pascoli
Nasce a San Mauro di Romagna nel 1855.  Rimane orfano nel 1867, a soli 11 anni, dopo che il padre Ruggero (Zvanì), amministratore dei principi Torlonia, viene assassinato con un colpo di fucile, mentre torna a casa in calesse da Cesena. Il delitto, rimasto impunito, lascia tracce profonde nell'animo del futuro poeta e porta al dissesto economico e alla disgregazione la famiglia, funestata negli anni successivi da una serie incalzante di lutti. Nel 1871, dopo la morte del fratello Luigi, Giovanni deve lasciare il collegio dei padri Scolopi di Urbino e si trasferisce a Rimini per frequentare il liceo classico. Nel 1873 si diploma  al Liceo "Vincenzo Monti" di Cesena, superando gli esami come alunno esterno. Nei giorni immediatamente successivi invia all'Università di Bologna i documenti per l'iscrizione alla Facoltà di Lettere. Quell'anno l'Università di Bologna mette in palio sei borse di studio di 600 lire. Tra i concorrenti, esaminati da una commissione di cui fa parte Giosuè Carducci, c'è il giovane Pascoli, che risulterà tra i vincitori. Il superamento delle prove per il concorso vale anche per l'ammissione al corso di laurea. A Bologna prende dimora presso la famiglia di un imbianchino nel popolare Borgo di San Pietro. I suoi primi compagni e amici sono Ugo Brilli e Severino Ferrari. E' Brilli a presentare, nel 1873, il Ferrari, studente dell'ultimo anno di liceo e bisognoso di un aiuto in latino, al Pascoli, iscritto invece al primo anno della Facoltà filologica e già conosciuto ed apprezzato dai condiscepoli per le eccezionali competenze di latinista. Nasce tra i due giovani un'amicizia profonda, fraterna, duratura, dovuta ad affinità letterarie e anche politiche. Tra i docenti con cui Giovanni sostiene i primi esami spicca il nome di Giosue Carducci, conosciuto di fama al collegio degli Scolopi come il cantore di Satana. Un suo insegnante, padre Donati, lo ha descritto come "il poeta più classico e più novatore, lo scrittore più antico e più moderno, che abbia l'Italia". Il primo periodo di studi universitari si interrompe al secondo anno. Dopo la morte, nel 1876, del fratello maggiore Giacomo, il "piccolo padre", la sua vita a Bologna diventa più precaria. Tra gli internazionalisti Come tanti altri studenti rimane affascinato dalla propaganda di Andrea Costa, la cui parola vibrante e suggestiva aveva risuonato persino nella Corte d'Assise durante il processo per l'insurrezione del 1874. Tra il 1875 e il 1880 Pascoli interrompe gli studi "per dedicarsi alla redenzione del proletariato". Nel dicembre 1876, in un'adunanza di internazionalisti, prende la parola dopo Andrea Costa con un breve discorso, propugnando in modo sereno il metodo rivoluzionario e rivelando la sua gentilezza d'animo. Inizia la sua collaborazione al giornale "Il Martello" di Costa, in cui scrive sonetti e aiuta a spogliare giornali esteri e riviste. Diventa segretario della Federazione bolognese dell'Internazionale dei lavoratori tra il 1876 e il 1877, in sostituzione di Alceste Fagiuoli, morto di tisi dopo una lunga prigionia. Frequenta l'osteria del Foro Boario, ritrovo di anarchici in cui opera Teobaldo Buggini, ex garibaldino, tra i principali organizzatori della fallita sommossa del '74. La vicinanza ai primi movimenti socialisti ha per lui gravi conseguenze personali. Nel 1876 gli viene tolta la borsa di studio per la partecipazione ad una manifestazione studentesca. Dal marzo all'agosto 1878, grazie a una richiesta inoltrata da Carducci, ottiene una supplenza retribuita presso il Ginnasio comunale "Guinizelli" di Bologna. Il preside Atti lamenta le sue continue assenze. Risulta irreperibile anche dalla sua nuova residenza in via Pelacani (poi Petroni). Nel 1879 Il tribunale di Bologna condanna per Associazione di malfattori un gruppo di internazionalisti imolesi. Durante una manifestazione in loro favore, Pascoli è arrestato e condannato a una breve pena detentiva, scontata tra il 7 settembre e il 22 dicembre. L'episodio, che rallenterà la sua carriera, è ricordato nella poesia La voce: "Si processavano come malfattori quelli che aspiravano a togliere dal mondo il male e si condannavano". La situazione di Pascoli in questo periodo è commentata da una lettera dell'amico e compagno di studi Ugo Brilli a Severino Ferrari: Vedi, il Pascoli si è rovinato col suo poco giudizio; non dico già rovinato perché s'è fatto mettere in prigione, ma perché non ha saputo fin qui far nulla nulla e ha tolto negli altri - in tutti forse - la fede al suo ingegno. Studente modello e poeta Dopo questa turbolenta parentesi, Giovanni decide di chiedere la riammissione alla Facoltà di Lettere, dichiarando di essere stato "distolto dagli studi per sventure domestiche". Giulia Cavallari, sua compagna di studi in questo periodo, ne ha tratteggiato un vivido ritratto: Mingherlino allora, biondo, piuttosto pallido, presentava un insieme di timidezza e di spavalderia; col cappello storto, con una cravatta rossa fiammante si atteggiava un po' a rivoluzionario, mentre aveva pudori di fanciullo, che lo facevano arrossire con la più grande facilità; aveva cuore di una tenerezza che solo sarebbesi potuta paragonare con la materna. Ruvido e affabile ad un tempo, non schivava i compagni e non li cercava; si diceva che non si affannasse troppo a studiare: certo non mancava mai alle lezioni ed interrogato primeggiava sempre. Nonostante le difficoltà economiche, attestate dalla dispensa dal pagamento delle tasse di iscrizione, frequenta con successo i corsi degli anni accademici 1880-81 e 1981-82, ottenendo buoni risultati in tutte le materie. Carducci, insegnante di Letteratura italiana, attesta con soddisfazione l'attività del suo allievo: "ha dato prova e saggi d'ingegno benissimo dotato e di attitudine singolare nella conoscenza scientifica e nell'esempio pratico e didattico delle lettere classiche e italiane". Si laurea in Letteratura greca, relatore il prof. Gaetano Pelliccioni. La sua tesi sulla produzione poetica di Alceo ottiene il massimo dei voti e la lode. Il 23 settembre 1882, poco prima di partire da Bologna, il giovane professore chiede l'affiliazione alla Loggia "Rizzoli", dove viene accolto all'unanimità. Negli anni successivi insegna nei licei di varie città italiane. Nel 1885 a Massa chiama a vivere con sé le sorelle Ida e Maria. La ricostruzione del "nido" famigliare inaugura un periodo di serenità. Nel 1892 il giovane professore sale alla ribalta nazionale per la vittoria nel Certamen Hoeufftianum, concorso di poesia latina promosso dall'Accademia delle Scienze di Amsterdam. Il successo si ripeterà numerose volte, consacrandolo come uno dei maggiori esperti in quest'ambito. Nell'estate del 1895 trova dimora in una bella casa a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca. Qui si rifugia, con le sorelle Ida e Maria, quando i doveri dell'insegnamento glielo permettono. Riuscirà ad acquistarla solo nel 1902. Primo ritorno Il 26 ottobre 1895 con deliberazione ministeriale è nominato professore straordinario di grammatica greca e latina all'Università di Bologna. La destinazione è accettata dal poeta un pò di malavoglia. Essa gli fa "riaffiorare il ricordo di anni che avrebbe voluto invece dimenticare. Anni di fame e di miseria più che di spensieratezza studentesca". Si trova inoltre stretto tra gli insegnamenti di Puntoni e Gandino "non potendo spaziare nella materia con quella libertà di cui aveva bisogno". Il 21 gennaio pronuncia la prolusione del suo corso, dal titolo Il ritorno. In febbraio, in omaggio ai 35 anni di insegnamento di Carducci, pubblica sul "Resto del Carlino" i suoi ricordi di scolaro. Nei mesi seguenti ha gravi e continui problemi di salute, che gli impediscono di svolgere appieno il suo ruolo di docente. Nel 1897 rassegna le dimissioni dall'incarico di professore, per uno scandalo provocato dal fratello Giuseppe, "venuto per sfruttare quel disonore a mie spese, a spese del mio posto". Decide di guadagnarsi la vita "con articoli, poesie, libri scolastici (grama vita)". Nel 1898 è nominato ordinario di Letteratura latina all'Università di Messina. Le raccolte di Myricae e dei Canti di Castelvecchio (1903) costituiscono le sue opere poetiche più significative: Pascoli prende spunto dall'ambiente familiare e agreste in cui ha scelto di vivere, lontano dalla città e dalla vita moderna. La natura è il luogo dell'anima dal quale contempla le vicende luttuose della sua vita. Secondo A. Battistini per quanto realizzata in seno a una poetica classicistica, la poesia di Pascoli sviluppa l'arditezza della sperimentazione, il bisogno di espressività non convenzionale, la tensione innovativa. Nel 1904 esce presso l'editore Zanichelli la prima edizione dei Poemi conviviali, corredata di xilografie di Adolfo De Carolis. Sulla cattedra di Carducci Nel 1906 è designato a succedere a Carducci sulla cattedra di Letteratura italiana dell'Università di Bologna. Pur tra tanti "motivi d'indecisione, di turbamento, d'ansia interiore", sente il dovere d'accettare, soprattutto dopo la malattia e la morte dell'amico Severino Ferrari, l'erede designato dal Maestro. Considera, tra l'altro, il prestigioso incarico bolognese un risarcimento per i torti subiti nella sua vita, a partire dall'assassinio impunito del padre, che ha gettato nella disperazione e nella miseria la sua famiglia. Il 27 novembre commemora Carducci leggendo la sua ode Cadore e ricordando il suo impegno per l'istruzione del popolo. Quello dell'ultimo periodo è comunque un Pascoli stanco, che in genere non entusiasma il suoi studenti: prima di riformularsi, in parte, come il poeta civile della "Gran Proletaria", il professore immalinconisce "il folto uditorio eterogeneo e irrequieto col commento filologico di Dante". Pascoli esalta a più riprese la sapienza nell'insegnamento e la grande tempra morale di Carducci, ma non ne parla come poeta. Il suo temperamento lirico è, come ha attestato Luigi Federzoni, distante da quello del maestro. Due diversi orientamenti di fantasia e di espressione: il "grande Artiere" e il "Fanciullino", l'uno che per sé faceva uno strale d'oro e lo lanciava verso il sole, e l'altro che scopriva riflesso nelle piccole cose l'eterno mistero dell'universo. Nel 1908 pubblica La canzone dell'Olifante, prima parte del poema storico Le Canzoni di Re Enzio. L'opera, prevista in cinque parti, è ambientata a Bologna durante la lunga prigionia del figlio dell'imperatore Federico II. E' descritta dall'autore come "tentativi e saggi epici ricavati dalla nostra fiera storia medievale", che hanno soprattutto "un fine di cultura". Il ciclo, che rimarrà incompiuto alla morte del poeta, è ispirato tra l'altro all'opera di Alfonso Rubbiani, responsabile proprio in questi anni del discusso restauro del palazzo di Re Enzo. Pascoli si spegne nel 1912 all'età di 56 anni, nella sua casa bolognese in via dell'Osservanza. Dopo un solenne funerale in città, è sepolto, secondo le sue volontà, nella cappella annessa alla sua residenza di Castelvecchio di Barga.
Nuvole in Appennino