Giovanna Bemporad
Non ho avuto mai giovinezza né adolescenza,
non ho dato importanza a quella che gli uomini chiamano vita,
ne ho data solo alla poesia, alla parola,
alla ricerca della parola giusta.
Questa è stata la mia unica ragione di vita.
(G. Bemporad)
Nasce a Ferrara nel 1923. Allieva del liceo "Galvani" a Bologna, è traduttrice precocissima di classici. Negli ambienti colti della città è considerata un genio, un prodigio letterario: conosce perfettamente il greco, il latino, l'ebraico e il sanscrito. A tredici anni traduce l'Eneide in trentasei notti. Ad Elio Pagliarani, che la conosce poco più che bambina, sembra "proprio una Pizia, un'autentica sacerdotessa di Apollo".
A diciassette anni, con la traduzione in endecasillabi dell'Odissea, accolta in parte nell'Antologia dell'Epica (Firenze, E. Bemporad) e preferita a quella di Quasimodo, guadagna i primi soldi e abbandona la scuola per dedicarsi completamente alla poesia.
Vive in modo non convenzionale, "del tutto fuori della realtà": va in giro senza scarpe, non cura il suo aspetto esteriore, si concia con strane spille e monili, usa un linguaggio brutale, si professa lesbica per tener lontani gli uomini.
È antifascista e atea convinta. Vive in un grande stanzone, con "un tavolo vastissimo e carico oltre misura di libri", il chiarore di una lampada la protegge "dalla luce dell'alba". Passa interi pomeriggi all'Archiginnasio "a leggere tutti i libri".
A Bologna, nel grande salotto-studio della casa dei genitori, conosce Pier Paolo Pasolini, di cui diventa amica intima. Negli anni universitari il giovane le chiede di pubblicare alcune sue poesie e traduzioni da Goethe sulla rivista della GIL "Il Setaccio", sotto il falso nome di Giovanna Bembo.
È sempre la prima persona che ricerca a Bologna nei suoi ritorni dal Friuli. La invita a Casarsa nell'autunno del 1943, per insegnare greco e inglese nella "scuoletta" da lui messa in piedi per i bambini del luogo, impossibilitati, per gli eventi bellici, a frequentare scuole regolari.
Enzo Siciliano testimonia che "Giovanna arrivava con la sua leggenda umana e letteraria: creatura erratica: si truccava di bianco il viso per spallidirsi; rifuggiva la vita per una inesprimibile sublimazione estetica".
A Casarsa, in una stanzetta di casa Colussi, i due giovani passano notti intere svegli a leggere poesie. Passeggiando tra i campi parlano di vita e morte, di sesso e amore. La morte, per Giovanna, è "una presenza ossessiva, obbligata, manieristica".
La sua origine ebraica la espone a gravi rischi. Catturata dalle SS, si oppone con violenza gridando in tedesco che non è possibile uccidere la poesia e recita i versi dell'amato Holderlin. Liberata dopo una dura reclusione, al termine del conflitto vive a Venezia allo sbaraglio, sui marciapiedi, fa la fame.
Una notte, mentre dorme sulle scale di una casa, viene trovata dal direttore del "Gazzettino", che si dà da fare per trovarle un alloggio. In una stanza sotterranea, buia, abitata da topi e scarafaggi, Giovanna vive solo di notte - un'abitudine che non smetterà mai - e al lume di candela scrive le poesie che costituiranno la raccolta Esercizi, opera aperta, impresa mai conclusa di tutta una vita, speculare e parallela a quella della traduzione dell'Odissea.
Il libro è pubblicato per la prima volta nel 1948 a Venezia, presso Urbani e Pettenello, con un ritratto di Virgilio Guidi. Pasolini, che descrive l'amica come "un'adolescente sempre sull'orlo della fame o del suicidio", è il primo a recensirlo sul giornale veneziano "Il Mattino del Popolo". Sarà ristampato nel 1980 da Garzanti, con alcune varianti.
L'uscita dal baratro della povertà avviene con un incarico giornalistico del CLN. Va ad abitare a Firenze nella villa settecentesca dei conti Capponi. Nel 1957 sposa Giulio Orlando, futuro senatore DC - testimone di nozze è Giuseppe Ungaretti - e abbandona la vita bohémienne della giovinezza. Allieva, fuori delle accademie, di Carlo Izzo, Leone Traverso, Vincenzo Errante e Mario Praz, intrattiene un lungo rapporto epistolare (dal 1952 al 1964) con l'anziano poeta Camillo Sbarbaro. Si occupa anche di poesia moderna, da Byron a Mallarmé, da Goethe a Rilke. La sua ultima traduzione è quella dall'ebraico del Cantico dei Cantici (Morcelliana, 2006).
La sua poesia pura, autosufficiente e inarrivabile è messa in crisi da Pasolini, che nel dopoguerra propone con forza la poesia civile (Le ceneri di Gramsci) e con i suoi argomenti la spiazza completamente.
Pasolini è passato alla poesia "civile", dopo l'esordio friulano, segnando così una svolta fondamentale nella letteratura italiana del Novecento, ma segnando anche per me la fine di tutto quello in cui avevo creduto insieme a lui, nella prima giovinezza.
Lei, che considera l'amico "un gigante", dirà più avanti in un intervista: "Se esisteva lui come poeta, non potevo più esistere io". Decide allora di dedicarsi alla traduzione integrale dell'Odissea. Sostiene che "Omero è il punto d'arrivo della poesia occidentale. Il più grande di tutti".
Un assegno mensile del mecenate Raffaele Mattioli le consente di lavorare in tranquillità all'opera, occupazione quasi esclusiva della sua esistenza e riparo del suo fare poetico. Alcuni canti del poema da lei tradotti escono nel 1968 e nel 1970 per la Eri e poi nel 1990 per l'editrice Le Lettere. Anche quest'ultima è un'edizione definitiva, ma non completa. Verso la fine della sua vita confessa: "Da ragazza prodigio mi sono trasformata volontariamente in una poetessa 'postuma' e mi sono camuffata sotto la corazza delle traduzioni dei classici".
Ma infine la sua poesia sarà rivalutata: quella che Enzo Siciliano ebbe a definire "scandalosamente solo poesia" e lo stesso Pasolini, con rimpianto per le sue stesse prime prove, chiamò una poesia che "non esprime nulla se non la propria avida e sublime passione per se stessa". E il riconoscimento a lei più gradito verrà proprio da chi, come Luciano Anceschi, l'aveva in passato molto criticata. Giovanna Bemporad muore a Roma nel 2013.
Ho scelto l’Odissea perché è "la più bella storia del mondo", perché noi siamo, ognuno di noi è Ulisse, anche noi cerchiamo i mari ignoti (o gli spazi del cielo) e la via del ritorno, ci strappiamo dalle braccia di Circe per tornare alla nostra casa e agli affetti più cari, vogliamo spingerci oltre le colonne d’Ercole per trovare la risposta definitiva alla domanda che ci siamo posti nascendo.
(G. Bemporad)
- Giovanna Bemporad, A una forma sorella, intervista e videoritratto regia di Vincenzo Pezzella, Milano, Edizioni Archivio Dedalus, 2011, pp. 9-10
- Giovanna Bemporad, Esercizi vecchi e nuovi, Bologna, L. Sossella, 2011
- Giovanna Bemporad, Pasolini, amico e antagonista, in: Pasolini e Bologna, a cura di Davide Ferrari e Gianni Scalia, Bologna, Pendragon, 1998, pp. 101-105
- Alessandra Briganti, Giovanna Bemporad, in: Italiane, a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Roma, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 2004, vol. 3., pp. 32-33
- Paolo Febbraro, L'altro Novecento. Poeti italiani, Roma, Lit, 2018, pp. 138-139
- Omero, Odissea, nella versione poetica di Giovanna Bemporad tutti i canti, per intero o a frammenti, rist., 2. ed., Firenze, Le lettere, 2004
- Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, Milano, Mondadori, 2005, p. 88, 117
Internet:
- Nuovi Argomenti - Giovanna Bemporad, di Andrea Cirolla
- Giovanna Bemporad
- L'Arengario Studio Bibliografico - "Non si uccide la poesia!" Frammenti ritrovati di Giovanna Bemporad
- Ricordo di Giovanna Bemporad, Raffaeli, Cortellessa, Ferracuti - Il Manifesto 08.01.2013
- Centro studi Pier Paolo Pasolini - Giovanna Bemporad. Un ricordo
- Gli Esercizi della vita - Omaggio a Giovanna Bemporad, di Francesco Marotta
Luoghi
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Archiginnasio piazza Galvani, 1 Bologna
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Casa della GIL piazza XX settembre, 6
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Liceo Galvani via Castiglione, 38
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Libreria Cappelli via Farini, 6/b