Agamennone Zappoli
Nasce il 5 aprile 1810 da Settimio Zappoli a Marianna Fabri. Mentre è impegnato negli studi di giurisprudenza, scoppia la rivoluzione del 1831, alla quale prende "parte attivissima", arringando i cittadini in teatro e nelle piazze.
Fa pratica nello studio dell'avvocato Giuseppe Galletti, ma dopo il tirocinio gli sono impediti gli esami di libero esercizio: Il libro dei compromessi politici afferma che egli "si è mostrato attaccatissimo sia in fatti che in parole al Governo liberale". La sua carriera è troncata in partenza.
E' costretto quindi a cercare una nuova fonte di sussistenza. Avendo una speciale inclinazione per l'arte drammatica - ha fatto parte, assieme ad Augusto Aglebert, della Accademia dei Concordi, la migliore società di attori dilettanti a Bologna - pubblica nel 1832 un ambizioso e molto apprezzato Saggio sull'arte del recitare, in 18 capitoli, che tratta ogni aspetto del lavoro per il teatro.
Nel 1833 è redattore del periodico "Annali Teatrali", che esce ogni sabato in otto pagine e si occupa di cronaca teatrale, avendo però come riferimento soprattutto il teatro Contavalli.
Insegue una condizione più stabile e quindi, nel 1835, si impiega come poeta in una compagnia comica. Nei teatri arringa la folla, avvolto in un drappo tricolore. Gli viene negato l'ingresso a Padova, in territorio occupato dagli Austriaci.
Si aggrega allora, nel 1836, alla Società Drammatica Trenti, diretta a Roma, ma nella capitale pontificia infuria il colera, i teatri vengono chiusi e sono proibiti i pubblici divertimenti.
Torna quindi a Bologna, ma la polizia perquisisce la sua casa ed è rigidamente sorvegliato per aver scritto un'opera, dal titolo Scene storiche di Bologna, "tutta piena di sentimenti patriottici e di parole severe contro la Corte di Roma".
Il pericolo che incombe su di sé e la sua famiglia lo induce nel 1842 a espatriare e a prendere domicilio in Toscana. Qui stringe buone relazioni con gli uomini di lettere e compone il suo primo lavoro drammatico, Dante, messo poi in scena con successo.
Incoraggiato da questo tentativo, pubblica vari drammi ispirati alla storia bolognese, quali Il Bentivoglio e Virginia Galluzzi, le commedie di invenzione La Gratitudine, Episodio delle guerre di Fiandra, I Poveri e i Ricchi, la tragedia Ottone, il dramma Salvator Rosa.
Pur non essendo capolavori assoluti di letteratura, questi lavori saranno a lungo applauditi e ripetuti sulle scene di varie città italiane.
Rimane a Firenze fino al 1845, trascorrendo alcuni anni tranquilli, dedicati allo studio e alla pace domestica. I moti in Romagna, però, riaccendono in lui la fiamma dell'amor patrio.
Viene imprigionato, processato e condannato all'esilio. Va in Corsica, poi in Francia, a Marsiglia, dove tenta di sopravvivere insegnando la lingua italiana.
Nel 1846 l'amnistia di Pio IX gli consente di tornare ancora una volta a Bologna, accolto "con vive dimostrazioni di giubilo, di stima e di affetto". Trova impiego come distributore presso la biblioteca dell'Archiginnasio e diviene quindi Revisore Teatrale.
Nell'agosto del 1848 partecipa alla resistenza della città contro gli Austriaci. Fa affiggere un proclama che riconosce il ruolo della "plebe generosa" nella battaglia della Montagnola e chiede ai ricchi una "distribuzione di denaro" per chi ha salvato i loro palazzi "dal sacco e dagl'incendi" a prezzo del proprio sangue.
Dall'episodio dell'8 Agosto trae un dramma dal titolo La Memorabile Vittoria dell'8 agosto 1848 nella Montagnola, ovvero il Trionfo del Popolo Bolognese contro i barbari tedeschi, che potrebbe a "ragione chiamarsi improvvisato perché scritto nello spazio di 24 ore".
La commedia, che riporta fedelmente gli avvenimenti, è messa in scena il 28 agosto all'Arena del Sole dalla Drammatica Compagnia Etrusca.
Dal 25 novembre 1848 esce per pochi numeri il giornale politico "La Costituente" da lui redatto, che auspica la convocazione nella capitale di un'assemblea destinata a formulare e approvare una nuova costituzione liberale.
Viene eletto Presidente del Circolo Popolare e in questa veste si prodiga a frenare i disordini della plebe bolognese, esponendosi personalmente.
Col ritorno degli Austriaci è di nuovo imprigionato, ma liberato poco dopo, per essere di nuovo arrestato il 15 febbraio 1850 per ordine di mons. Bedini, Commissario Straordinario delle Quattro Legazioni.
È carcerato nella rocca di Imola e quindi a San Leo. Dopo un ulteriore trasferimento a Rimini è avviato il processo a suo carico, che termina con una condanna a 20 anni da scontarsi nella fortezza di Ancona.
Per motivi di salute la pena è commutata in 20 anni di esilio. Raggiunge quindi il Piemonte, dove per breve tempo spera di riprendersi. Ma ormai la sua salute è compromessa e muore a Nervi il 22 gennaio 1853.
Poco prima di morire detta il suo epitaffio funebre:
Copre questa pietra Agamennone Zappoli bolognese - dottore in ambo le leggi - non seppe che fosse odio - non fece male ad alcuno - amò l'Italia sovra a tutto - e per tutta la vita tutto per essa sacrificò - giacque vittima - della clericale romana vendetta.
- Marina Calore, Agamennone Zappoli patriota e drammaturgo (1811-1853), in: "Bollettino del museo del Risorgimento", 48 (2003), pp. 1-142
- Marina Calore, Bologna a teatro. L'Ottocento, Bologna, Guidicini e Rosa, 1982, pp. 66-68
- Cenni biografici intorno al dottor Agamennone Zappoli bolognese, Bologna, Tip. della R. Casa di custodia, 1881
- Tiziano Costa, Grande libro dei personaggi di Bologna. 420 storie, Bologna, Costa, 2019, p. 189
- Massimo Marino, L'albero delle nuove scene, in: Gioachino in Bologna. Mezzo secolo di società e cultura cittadina convissuto con Rossini e la sua musica, a cura di Jadranka Bentini e Piero Mioli, Bologna, Pendragon, 2018, pp. 157-158
- Risorgimento e teatro a Bologna 1800-1849, a cura di Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi, Bologna, Pàtron, 1998, pp. 48, 75-78
- Il trionfo del popolo bolognese nell'8 agosto 1848, introduzione di Marco Poli, Bologna, FuoriThema, 1998, p. 9, nota 3
Luoghi
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Archiginnasio piazza Galvani, 1 Bologna
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Arena del Sole via Indipendenza, 44
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Teatro Contavalli via Mentana, 2