Tutta Bologna toglieva pretesto dal teatro per sfogare la sua ira contro il mal sopportato governo straniero; e mentre i migliori suoi figli erano profughi parte in Piemonte, parte in Toscana, il popolo, pigiato sui rozzi gradini dell'Arena del Sole, prorompeva in grida tutt'altro che lusinghiere contro que' poveri comici che figuravano da "tiranni".
(A. Testoni, in: Bologna tra Otto e Novecento, Pendragon, 2006, p. 73)
L'Arena del Sole sorse nel 1810, per volere di Pietro Bonini, commerciante di corami, nell'area del convento soppresso di S. Maria Maddalena, a poca distanza dalla Piazza del Mercato e dalla Montagnola.
Era un teatro "per le comiche rappresentazioni", progettato in stile neoclassico dall'architetto milanese Carlo Aspari e ispirato a quello di Giovanni Antonio Antolini per il Foro Bonaparte. La "Fabbrica in oggi del tutto nuova, ideata alla foggia delle arene degli Antichi", era costruita con buon materiale e dotata di gradinate e ringhiere.
Al di sopra dei gradoni, si affacciava una balconata, con alle spalle un muro decorato a tromp l'oeil dal pittore Luigi Cirri. Nel complesso l'Arena del Sole aveva una disposizione più democratica di quella dei tradizionali teatri a palchetti. La cavea era preceduta da un ampio atrio dove il pubblico poteva sostare tra un atto e l'altro.
Con l'apertura estiva, le rappresentazioni pomeridiane durante la settimana, il doppio spettacolo domenicale e i prezzi modici dei biglietti, questo particolare luogo teatrale andò incontro alle esigenze dei lavoratori, desiderosi di semplici e onesti divertimenti.
Alle commedie assistevano con grande partecipazione emotiva i rappresentanti del popolo minuto, soprattutto i buli (cioè i facchini) e le lavandaie dei borghi attorno al canale di Reno o le giovani operaie della vicina manifattura tabacchi, le tabacchine vestite di nero.
Le bule, vere figlie del popolo, rappresentavano uno spettacolo nello spettacolo: generalmente lavandaie o lavoranti "alla pell di tabacc", treccole od orlatrici, conscie della loro bellezza, sedevano sulla gradinata con atteggiamenti di fierezza imperiale, battendo contro il petto il ventaglio con energia ammonitrice.
Fischi e applausi non dipendevano quasi mai dalla qualità della recitazione, ma assai di più dal ruolo degli attori. Si parteggiava apertamente per le vittime e si fischiavano, o addirittura si minacciavano, i cattivi.
Qualche volta la disapprovazione si limitava a fischi e sberleffi, altre volte si lanciavano sul palcoscenico legni, coltelli, oggetti d'ogni sorta. L'attore che impersonava il tiranno, una sera, fu colpito allo stomaco da un boccale di vino.
I pareri si dividevano rumorosamente, ma su una cosa tutti gli spettatori andavano d'accordo: "fumare il zigaro divorando brustulein salà" (semi di zucca salati).
Nel 1888 all'edificio originario fu aggiunta una facciata porticata, adornata da decorazioni in cemento e sormontata da un fastigio con statue di Alfredo Neri, rappresentanti al centro la figura alata di Apollo, con ai lati la Poesia e la Tragedia. La scritta del fregio sopra le arcate del portico, "Luogo dato agli spettacoli diurni", era stata commissionata anni prima al grande letterato Pietro Giordani.
Gli scrittori all'Arena
L'11 agosto Lord Byron assistette all'Arena del Sole, assieme ai coniugi Guiccioli, alla rappresentazione della Mirra di Alfieri, messa in scena dalla compagnia Righetti-Bazzi. In una lettera all'amico John Murray dichiarò di essere rimasto profondamente colpito e affascinato dal dramma. In particolare la prova dell'attrice protagonista Anna Maria Bazzi lo fece piangere di commozione.
La sera del 28 agosto 1848 la cittadinanza fu invitata all'Arena per uno "straordinario trattenimento": la Drammatica Compagnia Etrusca rappresentò una commedia di Agamennone Zappoli intitolata: La Memorabile Vittoria dell'8 agosto 1848 nella Montagnola, ovvero il Trionfo del Popolo Bolognese contro i barbari tedeschi.
Il dottor Zappoli, attore e autore di testi teatrali d'origine bolognese, ma costretto per motivi politici a soggiornare per lunghi periodi all'estero, avendo partecipato di persona alla sollevazione popolare dell'8 Agosto, raccontò gli eventi con fedeltà di cronista.
Gli attori misero le mani avanti, annunciando di essere costretti, "con loro grandissimo cordoglio", a recitare le parti degli Austriaci e assicurarono il pubblico di "non partecipare ai sentimenti dei nemici d'Italia". Fu comunque una prima memorabile: "si pigiarono nell'Arena popolani, buli e bule, come le proverbiali sardelle nel barile, manifestando un entusiasmo incontenibile".
Nel 1864 la Compagnia Romana mise in scena nel teatro di via Indipendenza un monologo di Antonio Fiacchi, Al Dsgrazi ad Carlen al barbir, uno dei primi tentativi di teatro in dialetto bolognese. Incoraggiato dal successo, Fiacchi approntò poco dopo una nuova commedia in due atti, Gaitan al fachen, anch'essa ambientata durante la rivolta popolare dell'8 agosto 1848, che commosse ed entusiasmò il pubblico.
Il 15 luglio 1898 si tenne all'Arena la prima del dramma La rosa azzurra di Annie Vivanti, legata sentimentalmente a Giosue Carducci. Il poeta affiancò spesso in platea la giovane scrittrice durante le prove e il giorno del debutto assistette allo spettacolo - cosa per lui piuttosto insolita - seduto tra i banchi dell'orchestra.
L'anfiteatro era pieno all'inverosimile, tra il pubblico c'erano critici e giornalisti, oltre a gruppi rumorosi di giovani repubblicani e patiti dannunziani.Tra essi, Giuseppe Lipparini, che in seguito ricordò:
E fischiammo a pieni polmoni, con quella specie di ebbrezza che ignorano coloro che non hanno mai fischiato a teatro. De resto erano ben pochi coloro che non gridavano e sibilavano; chè la commedia pareva fatta apposta per un conciliabolo di serpenti.
Ai fischi sonori Carducci rispose alzandosi in mezzo al baccano e urlando "Vigliacchi, Vigliacchi!". Alcuni giorni dopo espresse a Matilde Serao il suo disappunto: "Quanto mi dispiace che l'Annie abbia tentato quella via immonda che è il teatro!".
Lo scrittore e lessicografo romagnolo Alfredo Panzini fu studente di Carducci e abitò a Bologna negli anni Ottanta. Molti anni dopo, in occasione di un suo breve ritorno in città, lasciò un ricordo molto vivo della sua frequentazione dell'Arena:
Chiusi gli occhi e la rividi ancora la Arena del Sole, data agli spettacoli diurni, in un pulviscolo d'oro e di porpora. Tutte le gradinate gremite di donne in pepli bianchi. Intensi silenzi, grida per l'anfiteatro alla passione del dramma. Ma poi, calato il sipario, negli intervalli, era tutto un rosicchiar tranquillo di brustolini; e i pepli bianchi non erano altro che i corpetti delle lavandaie. Allora io ero un fanciullo come è il popolo, il quale non sente il dramma se non lo vede sulla scena.
In questa occasione Panzini incontrò nuovamente, per caso, ad un tavolo del Caffé dell'Arena, la sua Mimì, lo sfortunato amore della gioventù bolognese. Si chiamava Emma Scazzieri e un tempo era una sartina, detta dalle amiche "cal sprucaien dla Marcheisa Stracciolini", piccola e fragile, ma dignitosa bellezza. Era quindi diventata attrice di una certa bravura e aveva recitato all'Arena, forse anche con il grande Enrico Capelli. Ormai da anni girava il mondo con la compagnia dell'illusionista Fregoli, ma non aveva dimenticato il grande amore, "infelice, rabbioso e vendicativo" di Alfredo, da lei mal ricambiato.
- Giosue Carducci, Annie Vivanti, Addio caro orco. Lettere e ricordi (1889-1906), saggio introduttivo e cura di Anna Folli, Milano, Feltrinelli, 2004, p. 58
- Oreste Cenacchi (Chiunque), Vecchia Bologna. Echi e memorie, con prefazione di Giulio De Frenzi, Bologna, Zanichelli, 1926, p. 135
- Alessandro Cervellati, Bologna al microscopio, Bologna, Edizioni aldine, vol. 2., Feste, spettacoli, divertimenti, 1950, pp. 93-94
- Alessandro Cervellati, Donne e poeti all'Arena del Sole. Byron/Teresa Guiccioli, Carducci/Annie Vivanti, Panzini/Mimi Scazzieri. Saggi di costume bolognese, Bologna, Tamari, 1966
- Comune di Bologna, Assessorato alla programmazione, casa e assetto urbano, Sezione ambiente e beni culturali, Un centro dello spettacolo: il recupero dell'Arena del Sole. Risanamento conservativo del centro storico di Bologna, Bologna, Graficoop, 1980
- Gianmario Merizzi, "... e tutta la città era in suoni". I luoghi della storia della musica a Bologna, Bologna, Comune di Bologna, 2007, pp. 32-33
- Alessandro Molinari Pradelli, Bologna tra storia e osterie. Viaggio nelle tradizioni enogastronomiche petroniane, Bologna, Pendragon, 2001, p. 48
- Alessandro Molinari Pradelli, Osterie e locande di Bologna. La grassa e la dotta in gloria della tavola: folclore, arte, musica e poesia nelle tradizioni contadine e gastronomiche della città felsinea, Roma, Newton Compton, 1980, p. 67
- Alfredo Panzini, Viaggio di un povero letterato, Milano, A. Mondadori, 1954
- La Piazzola. 1390-1990. Il mercato, la città, a cura di Simonetta Raimondi, Bologna, Grafis, 1990, p. 60
- Mirella Serri, Annie Vivanti, in: Italiane, a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Roma, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 2004, vol. 1: Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale, pp. 182-184
- Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol. 2., pp. 392-395
- Athos Vianelli, Bologna in controluce. Storie e curiosità fra un secolo e l'altro, Bologna, Inchiostri, 2001, pp. 100-103