Umberto Saba
A Bologna
Saba giunge a Bologna nel maggio 1912. Il suo matrimonio con Lina attraversa un momento di grave crisi. I coniugi tentano di risolverla allontanandosi da Trieste.
Al tempo della nostra vita a Bologna, la più dolorosa e, per me, la più feconda, in quella città tanto bella e tanto fatta per la felicità, sotto il suo cielo così azzurro, fra le sue pietre rosse, che sembrano chiudere un immenso e pur temperato ardore, il disperato amore della vita e il bisogno di morire raggiunsero in me la loro acuità suprema.
I due abitano in via S. Mamolo 729 e vi resteranno fino all'inizio del 1914. In Scorciatoie e raccontini Saba ricorderà la sua frequentazione di un piccolo caffè:
Si chiamava All'Europa felice ... perché era stato aperto subito dopo le guerre napoleoniche, quando si pensava che il trattato della Santa Alleanza avrebbe scritto "fine" al periodo delle guerre, e fatti felici per sempre i poveri Europei.
Presto conosce Riccardo Bacchelli e Aldo Valori, allora capocronista al "Resto del Carlino", che lo presenta a Aldo Fortuna come "un triestino che sta a Bologna, di carattere difficile e di aspetto alquanto selvatico".
Fortuna è un giovane fiorentino, studente di giurisprudenza, che entra presto nella fiducia del poeta. Corregge le bozze dei suoi scritti, in italiano non ancora perfetto, e tiene per lui a Firenze i contatti con i redattori della "Voce".
Attraverso il suo diario è possibile conoscere alcuni aspetti particolari della vita intellettuale di Saba, come la scoperta di Sesso e carattere di Weininger, una lettura dirompente, che condivide con Dino Campana, il poeta vagabondo. Il libro
tratta di questioni sul genio, sulla maschilinità, sulla donna e fu scritto a ventidue anni, prima che l'autore si uccidesse. Ha fatto su Saba un grande effetto, un effetto decisivo ed ha quasi dichiarato che, se l'avesse letto dieci anni addietro, sarebbe giunto al suicidio anche lui.
Durante il soggiorno nel capoluogo emiliano il triestino si dedica molto alla prosa: le cosiddette "novelle bolognesi" risentono dell'influenza di Weininger, "con citazioni anche letterali". La figura dello scrittore tedesco si dissolverà dopo il 1925, con la conoscenza dell'opera di Freud.
In questo periodo Bologna è percorsa da tumulti nazionalisti di piazza, che vedono protagonisti soprattutto gli studenti e Fortuna è membro del comitato degli irredentisti. Considera l'Austria "una nemica del genere del bacillo del tifo". Anche Saba è nazionalista e irredentista, pur senza aderire a iniziative di propaganda. Con questo impegno egli tenta anche di dare risposta alle proprie contraddizioni esistenziali. Un'eco dell'infatuazione militaresca e nazionalista è nella poesia La ritirata di Piazza Aldrovandi.
Con l'amico, impegnato anche in una personale battaglia anti-futurista, Saba frequenta le osterie e i caffè bolognesi, quali il San Pietro, il Due Torri e il Medica, partecipando alle accese dispute letterarie che coinvolgono i protagonisti della cultura bolognese dell'epoca, quali Aldo Valori, Corrado Alvaro, Marino Moretti, Riccardo Bacchelli. Sempre squattrinati, i due sperimentano la vita goliardica, giocano (e perdono) a carte, bevono l'assenzio, al quale il toscano non riconosce "tutte quelle affascinanti qualità che i poeti maledetti vi trovarono".
Fortuna rimarrà amico di Saba e, anni dopo, lo aiuterà nella gestione della libreria antiquaria. Da lui riceverà una delle prime copie del Canzoniere, concepito anch'esso durante il soggiorno bolognese.
Questa è per il poeta triestino una fase di grande creatività, mentre si infittiscono gli scambi epistolari e i rapporti intellettuali con parecchi letterati, da Prezzolini a Palazzeschi, da Soffici a Moretti. Nel novembre 1912 pubblica per i tipi della "Libreria della Voce", la raccolta di versi Coi miei occhi. Il mio secondo libro di versi, che non ha tanta eco. A Bologna scrive anche tutte le poesie della raccolta La serena disperazione:
Di nuovo
ero con lei quando a Bologna
per quelle anguste rosse vie a me care,
la serena cantai
Disperazione.
L'ombra dell'infanzia lo raggiunge, in modo drammatico, anche qui. Il padre, che lo ha abbandonato alla nascita, del quale ha voluto cancellare il nome, lo cerca non per affetto, ma per denaro e lui ricambia con versi bellissimi:
Mio padre è stato per me "l'assassino",
fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.
Allora ho visto ch'egli era un bambino,
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.
Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Quello della mancanza del padre sarà il tema centrale della sua terapia psicoanalitica con il dottor Weiss. E l'assenza del padre, "buono o cattivo", risulterà la cosa peggiore della sua infanzia.
La vita in breve
Umberto Saba nasce nel 1883 a Trieste, allora città dell'impero austro-ungarico. La madre è di origine ebraica, il padre, di nobile famiglia veneziana, lascia la famiglia prima della sua nascita. E' affidato per tre anni a una balia slovena, alla quale si affeziona profondamente, subendo quindi un grave trauma quando deve separarsene. Tornato in famiglia con la madre e due zie, gli è imposta una educazione rigida e repressiva.
La sua carriera scolastica è tutt'altro che brillante. Interrompe gli studi al ginnasio e si iscrive all'Accademia di commercio e nautica, fa pratica in una casa di commercio e si imbarca come mozzo su un mercantile. Nel 1903 si stabilisce a Pisa dove frequenta corsi di tedesco, latino e archeologia all'Università. Confessa i suoi disturbi nervosi. Nel 1905 si trasferisce a Firenze, dove entra in contatto con l'ambiente letterario della "Voce", senza riconoscersi nella poetica vociana e senza stabilire legami proficui.
Nel 1908, essendo cittadino italiano, fa il servizio militare a Salerno, lasciando testimonianza di questa esperienza nei Versi militari. Rientrato a Trieste, sposa Carolina Woelfler (Lina). Dalla loro unione nasce l'amata Linuccia. Nella sua casa di Montebello, vicino a Trieste, compone le poesie di Casa di campagna (1909) e Trieste e una donna (1910).
Nel 1911 esce a Firenze il suo volume di Poesie, in cui utilizza lo pseudonimo di Saba, che richiama la sua origine ebraica, cedutogli dall'amico Giorgio Fano. Nello stesso anno invia alla "Voce" il saggio Quello che resta da fare ai poeti, che viene rifiutato e sarà pubblicato solo nel 1959, dopo la sua morte. Negli anni tra il 1912 e il 1914 si trasferisce a Bologna, anche per risolvere una crisi coniugale, poi parte per la guerra, trascorrendola tutta nelle retrovie, tra il campo per prigionieri austriaci di Casalmaggiore e il campo di aviazione di Taliedo. Crisi nervose lo portano al ricovero presso l'ospedale militare di Milano.
Dopo la prima guerra mondiale si stabilisce a Trieste dove acquista una vecchia libreria con l'intento di svuotarla e rivenderla. Decide invece di rilanciarla come Libreria Antica e Moderna. Con questo marchio pubblica, a sue spese, alcune raccolte poetiche, Cose leggere e vaganti, L'amorosa spina e il primo Canzoniere. Nel 1922 inizia a collaborare con la rivista "Primo Tempo" di Giacomo Debenedetti, sulla quale pubblica alcune parti del suo libro di versi Figure e canti (1926). Nel 1928 la rivista "Solaria" gli dedica un intero numero.
Le precarie condizioni psichiche lo portano, tra il 1929 e il 1931, in cura dal dottor Edoardo Weiss, divulgatore della psicoanalisi freudiana in Italia, lo stesso di Italo Svevo. Assieme a questo medico indaga nei traumi dell'infanzia l'origine della sua nevrosi. Con la promulgazione, nel 1938, delle leggi razziali, è costretto a lasciare la libreria e a rifugiarsi dapprima a Parigi, poi a Firenze, dove vive in clandestinità, aiutato assiduamente da Eugenio Montale e da altri scrittori antifascisti.
Nel secondo dopoguerra arrivano i riconoscimenti per la sua opera poetica. Nel 1945 Einaudi pubblica la seconda edizione aumentata del Canzoniere. Il suo libro Scorciatoie e raccontini riceve nel 1946 il premio Viareggio. Nel 1954 riceve la laurea in Lettere honoris causa dall'Università di Roma.
Nell'ultima parte della vita vive isolato. È costretto dalla malattia psichica a diversi ricoveri e infine si rinchiude in una clinica di Gorizia, dove muore nel 1957. Escono postumi l'ultima edizione del Canzoniere (1961) e il romanzo autobiografico Ernesto (1975), rimasto incompiuto.
- Cristina Benussi, Saba a Bologna: il diario di Aldo Fortuna, in: Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna! Lettere e amicizia fra Umberto Saba e Aldo Fortuna (1912-1944), a cura di Riccardo Cepach, Trieste, MGS press, Comune, Assessorato alla cultura, Servizio bibliotecario urbano, 2007, pp. 27-49
- Cristina Benussi, Saba: il periodo bolognese (1912-1914), in: "Rivista di letteratura italiana", 2-3 (2008), pp. 31-37
- Mauro Caselli, La seconda persona differente, in: Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna!, cit., pp. 51-80
- I portici della poesia: Dino Campana a Bologna (1912-1914), a cura di Marco Antonio Bazzocchi e Gabriel Cacho Millet, Bologna, Pàtron, 2002, p. 59
- Quanto hai lavorato per me, caro Fortuna! Lettere e amicizia fra Umberto Saba e Aldo Fortuna (1912-1944), a cura di Riccardo Cepach, Trieste, MGS press, Comune, Assessorato alla cultura, Servizio bibliotecario urbano, 2007, p.14
- Mario Scaffidi Abbate, I gloriosi Caffè storici d'Italia. Fra storia, politica, arte, letteratura, costume, patriottismo e libertà, Tropea (VV), Meligrana, 2014
- Fulvio Senardi, Saba, Bologna, Il Mulino, 2012
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