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Heena Baek

La fata dell'acqua

traduzione di Dalila Immacolata Bruno
Terre di Mezzo, 2024
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dai 4 anni

Heena Baek è un’autrice sudcoreana, pluripremiata, che propone nei suoi libri un’esperienza visiva ed estetica che si allontana da ciò che solitamente bambine e bambini esperiscono nei libri. Ogni sua illustrazione è costruita a partire da una sorta di scenografia o scena teatrale in cui l’autrice situa i personaggi che costruisce con l’argilla. Le ambientazioni sono curatissime, come curati sono l’uso della luce e la scelta dei dettagli. Le foto realizzate a partire dalle scenografie sono iperrealistiche, intrecciate da un grottesco che suggerisce più di quello che le stesse immagini e il testo raccontano.

In questo albo a narrare è la protagonista, Dokji, che si reca con la mamma alle terme. Dokji si immerge nell'acqua fredda e gioca finché non vede vicino a lei, in acqua, una strana nonnina. La nonnina dichiara di essere la fata dell’acqua, protagonista di una fiaba coreana che ha nel mondo diverse varianti. Il fatto di incontrare una fata non sembra impressionare la bambina che, continuando a chiamarla nonnina, si presta ai suoi giochi acquatici e, una volta uscita dalla piscina le regala uno yogourt. La storia continua nella notte con un malessere provocato dall’acqua fredda, che la mamma aveva naturalmente previsto, e con un nuovo intervento della nonnina.

Ogni immagine è giocata su messe a fuoco perfette accostate a sfondi ed elementi sfuocati. Ogni inquadratura riecheggia l’indeterminatezza di Dokji nel raccontare gli eventi: una descrizione che non si interroga del limite fra realtà e fantastico e, anzi, riesce a fare convivere l’immagine della nonnina con quella della fata. Chi legge così può permettersi di restare sospeso su quel limite, accogliendo da una parte la vita di tutti i giorni, dall’altro il fiabesco, riuscendo a farli convivere in una sospensione di credulità venata da tanti rimandi sensoriali, dall’acqua troppo calda, al fastidio dello strofinamento della spugna, dalla sensazione di sete, al naso gocciolante e al mal di testa.
Le terme sono poi un’ambientazione perfetta per mettere in scena con leggerezza la nudità. Dokji è nuda dentro l’acqua e lo sono anche la nonnina e la mamma. Si tratta di una nudità, pertinente con la narrazione, che mette in scena corpi con curve, pieghe, spigoli, tensioni e rilassatezze. Anche questa è una possibilità in cui non ci si imbatte di sovente nella letteratura e nell’editoria per l’infanzia.