Confesso che ho bevuto, racconti sul vino e sul piacere del bere, a cura di Luigi Ananìa e Silverio Novelli, Roma, DeriveApprodi, 2004
› "I vostri discorsi sul vino sono rasserenanti e danno la stessa pace che proviene da una favola, da una religione e da certi sogni. Disquisendo dell'armonia e del colore le parole cambiano, e spaziano in prospettive di grazia che confondono e inebriano. I pensieri s'infrangono e il senso si perde lasciandoci in un incanto senza domande. […]" (p. 21)
Il meglio di Roald Dahl, Parma, Guanda, 2004
› Si rifiutava di fumare per timore di guastarsi il palato e quando parlava di vino aveva l'abitudine strana quanto buffa di riferirsi a esso come se fosse una creatura viva. "Un vino prudente" diceva, "piuttosto diffidente ed evasivo, ma molto prudente." Oppure: "Un vino bendisposto, benevolo e allegro… forse un tantino impudico, ma senz'altro bendisposto". (dal racconto "Il palato" p. 64)
Joanne Harris, Vino, patate e mele rosse, Milano, Garzanti, 1999
› Il vino parla. Lo sanno tutti. Guardati in giro. Chiedilo all'indovina all'angolo della strada, all'ospite che non è stato invitato alla festa di nozze, allo scemo del villaggio. Parla. E' ventriloquo. Ha un milione di voci. Scioglie la lingua, svela segreti che non avresti mai voluto raccontare, segreti che non sapevi nemmeno di conoscere. Grida, declama, sussurra. Racconta grandi cose, progetti meravigliosi, amori tragici e tradimenti terribili. Ride a crepapelle. (p. 9)
Davide Grittani, Rondò: una storia d'amore, tarocchi e vino, Ancona, Transeuropa, 1998
› Credo di aver finalmente interpretato il famoso detto in vino veritas. A voler essere precisi la mia è più una deduzione, un significato che va oltre l'inconscio di stato di sincerità in cui può indurre l'alcool. In verità il vino possiede un'anima: con essa ci osserva, ci interroga, ci accompagna sull'orlo del precipizio, in bilico fra l'ipocrisia e la purezza, lasciando a noi la libertà di scegliere. (p. 35)
Peter Mayle, Un'ottima annata, Milano, Garzanti, 2005
› Max alzò il bicchiere, consapevole dello sguardo penetrante di Roussel e dei propri limiti come esperto di vini. Ma una volta che il vino fu nella sua bocca ed ebbe mandato segnali potenti e deliziosi al suo palato, persino lui si accorse che era differente da qualsiasi altro vino ordinario del Luberon. Avrebbe voluto ricordare qualcosa del lessico elaborato di Charlie, e rimase così impressionato che dimenticò di sputare. (p. 153)
Mary Renault, Le ultime gocce di vino, Milano, TEA, 1994
› Gli andai accanto e gli riempii la coppa, poiché non conoscevo altro modo per esprimere ciò che provavo; egli mi sorrise cercando di comportarsi come aveva sempre fatto. I nostri occhi s'incontrarono al di sopra della coppa, come gli occhi di due uomini che hanno riconosciuto l'eco di una battaglia perduta prima che la tromba abbia suonato la ritirata. (p. 43)
Ignazio Silone, Vino e pane, Milano, Mondadori, 1996
› "Alla salute" disse il frate alzando il calice. "Padrona, non potresti darmi un pezzo di pane? Aiuta a bere" egli spiegò al prete.
Il frate spezzò il pane e ne diede una parte a don Paolo.
"Il pane di grano bagnato nel vino rosso, non c'è nulla di meglio" disse il frate. "Ma bisogna avere il cuore in pace" aggiunse sorridendo. (p. 123)
Nico Orengo, Di viole e liquirizia, Torino, Einaudi, 2005
› "Annusò nuovamente, poi iniziò la sua cantilena:- Vino che va riposato nel bicchiere per aprirsi. Sentore di frutta cotta e, direi, ciliegie sotto spirito, muschio, buccia di arancia caramellata, cuoio, tisana di tiglio, fondi di caffè, cacao, lacca, sì: lacca e poi olive, taggiasche in salamoia, candela, cannella, noce moscata, miele di corbezzolo, legno d'acacia, zolfanello spento e perfino... ma sì: tela cerata." (p. 145)