copertina di Patrice Killoffer, 676 apparizioni di Killoffer,Roma, Coconino press, Fandango, 2017

Patrice Killoffer, 676 apparizioni di Killoffer,Roma, Coconino press, Fandango, 2017

Killoffer parte da una questione quotidiana: al ritorno da un viaggio in Canada, Patrice viene attaccato da una strana poltiglia che durante la sua assenza è germinata all’interno dell’acquaio. Le stoviglie lasciate per giorni a crogiolarsi nella sporcizia sviluppano una forma di vita – una bomba biologica – e attaccano il padrone di casa. Quello che segue, dopo un serrato monologo interiore, è una commedia degli equivoci che tracima nel dramma psicologico. Al suo risveglio, tutto sembra andare per il verso giusto, ma una serie di eventi instillano in Killoffer un dubbio: di lì a poco il nostro protagonista scoprirà che in giro per Parigi esistono innumerevoli copie di se stesso. Tutto diventa caotico e ipertrofico, la struttura delle tavole collassa e la gabbia viene distrutta a favore di vignette implicite che costringono il lettore a una navigazione incerta. Tutto ciò serve a creare una destabilizzazione nell’esperienza della lettura che restituisca la deflagrazione dell’Io del protagonista. Alla cronaca della merda, al racconto della defecazione, Killoffer preferisce affondare nella propria merda interiore: è un atto di piena rinuncia ad ogni forma di riserbo. Se l’educazione sessuale e la fenomenologia della masturbazione assumono già un vivido interesse, la confessione di 676 apparizioni supera qualsiasi pruriginoso coming out: è un disvelarsi violento del male sepolto dentro di noi.