Filosofia e romanzo
La filosofia dentro la letteratura
“L’unica certezza che mi rimane è la sacralità degli affetti e la verità della fantasia: la Bellezza colta dalla Fantasia non può non essere verità”, John Keats, Il sogno di Adamo: lettere scelte 1817-1820
Settembre, mese per molti di rientro dalle vacanze, ma anche delle ultime partenze, periodo al contempo di svago e di ritorno all’impegno con rinnovata energia, ricco di eventi e di manifestazioni culturali, come l’ormai tradizionale Festival della filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, quest’anno dedicato al tema della fantasia.
In questa occasione la Biblioteca Salaborsa propone ai suoi lettori un viaggio nel territorio di confine che la filosofia condivide con la letteratura attraverso alcuni suggerimenti di lettura dedicati a romanzi permeati di filosofia o che hanno come protagonisti filosofi, reali o immaginari, poiché è nelle infinite storie degli uomini che la filosofia trova i propri temi e contenuti essenziali.
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23 - filosofia e romanzo
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la filosofia nei romanzi Saul Bellow, Herzog, Milano, Mondadori, 1990 “Se sono matto, per me va benissimo, pensò Moses Herzog. C'era della gente che pensava che fosse toccato, e per qualche tempo persino lui aveva dubitato di esserci tutto. Ma adesso, benché continuasse a comportarsi in maniera un po' stramba, si sentiva pieno di fiducia, allegro, lucido e forte. Gli pareva di essere stregato, e scriveva lettere alla gente più impensata.[…] Lì, nascosto in mezzo alla campagna, scriveva a più non posso, freneticamente, ai giornali, agli uomini pubblici, ad amici e parenti e finì per scrivere pure ai morti, prima ai suoi morti e poi anche ai morti famosi ” (p. 1)
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Pio Baroja, Cammino di perfezione: passione mistica, Firenze, Le lettere, 2002 “In questo modo gli uomini, che non possono comprendere la divinità, l’avrebbero sentita nella propria anima, vaga, lontana, dolce, senza minacce, come una brezza leggera della sera che rinfresca la giornata ardente e calda. E poi pensava che forse quest’idea era di una grande sensualità e che alla base di una religione così, come lui la indicava, non c’era altro che il culto dei sensi. Ma, perché i sensi dovevano essere considerati come qualcosa di basso, dato che sono le fonti dell’idea e i mezzi di comunicazione dell’anima dell’uomo con l’anima del mondo?” (p. 102)
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Albert Camus, Lo straniero, Milano, Tascabili Bompiani, 2002
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Jacques Derrida, Ciò che resta del fuoco, Milano, SE, 2000
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Denis Diderot, Il nipote di Rameau; Jacques il fatalista e il suo padrone, Milano, Garzanti, 1988
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Donatien Alphonse François De Sade, Strenna filosofica, in “Opere”, Milano, Mondadori, 1976, P. 801-805
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Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani, 1999
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Jostein Gaarder, Il mondo di Sofia, Milano, Longanesi, 1994
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Sergio Givone, Favola delle cose ultime, Torino, Einaudi, 1998
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Wolfgang Goethe, Wilhelm Meister: gli anni dell'apprendistato, Milano, Adelphi, 2006
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James Joyce, Ulisse, Milano, Mondadori, 1997
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Franz Kafka, La metamorfosi, Torino, Einaudi, 2008
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Thomas Mann, La montagna incantata, Milano, Corbaccio, 2002
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Pascal Mercier, Treno di notte per Lisbona, Milano, Mondadori, 2006
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Charles Louis de Montesquieu, Lettere persiane, Milano, Rizzoli, 1984
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Robert Musil, L'uomo senza qualità, 2 v., Torino, Einaudi, 1996-1997
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Robert M. Pirsig, Lila: indagine sulla morale, Milano, Adelphi, 1995 “Quando una cosa la si è capita, non c’è più bisogno di fuggirla. Negli ultimi anni, ogni volta che era tornato a New York aveva sentito diminuire la paura del vecchio mostro e nascere, anzi, una sorta di affetto. Nell’ottica della Metafisica della Qualità, questo fagocitare corpi umani è un’attività morale, perché una configurazione sociale è evolutivamente superiore a una configurazione biologica ed è orale che una configurazione superiore ne fagociti una inferiore.” (p. 277)
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Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Milano, Mondadori, 1995 “Per molto tempo io sono andato a letto presto. A volte, appena spento il lume, gli occhi mi si chiudevano istantaneamente. Non avevo neppure il tempo di dirmi: «M'addormento». Una mezz'ora dopo, il pensiero che era tempo di trovar sonno, mi svegliava; sentivo di dover posare il libro che credevo d'avere ancora in mano, e soffiare sul lume. Non avevo cessato, dormendo, di riflettere su ciò che avevo letto, ma le mie riflessioni avevano preso un corso tutto particolare: mi sembrava d'essere io l'argomento del libro, una chiesa, un quartetto, la rivalità tra Francesco I e Carlo V.”
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Jean-Jacques Rousseau, Emilio, Roma, GLF editori Laterza, 2003
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Jean-Paul Sartre, La nausea, Torino, Einaudi, 1990 “La Nausea non è in me: io la sento laggiù sul muro, sulle bretelle, dappertutto attorno a me. Fa tutt'uno col caffè, son io che sono in essa [...] Ed ora lo so: io esisto - il mondo esiste - ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto. Ma mi é indifferente.”
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Friedrich Schlegel, Lucinde, Pordenone, Studio Tesi, 1985
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Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, Milano, Oscar Mondadori, 2003 “Non mi si poteva in alcun modo considerare come un nano perché la mia piccolezza si sottraeva a ogni confronto […]. Dopo una gran discussione finirono col concludere che dovevo essere un Relplum Scalcath, cioè uno scherzo di natura: spiegazione molto conforme alla nostra moderna filosofia europea, i cui campioni, sdegnando il vecchio ripiego alle “cause ignote” col quale gli aristotelici nascondevano la loro ignoranza, hanno inventato questa nuova e mirabile chiave di tutti i misteri, con grande vantaggio dell’umana sapienza.” (p. 191)
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Miguel de Unamuno, Nebbia, Roma, Fazi, 1997
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Voltaire, Racconti, facezie, libelli, Torino, Einaudi, 2004 “C'era in Vestfalia, nel castello del signor barone di Thunder-ten-tronckh, un giovane a cui la natura aveva conferito i costumi più miti. Il suo aspetto ne rivelava l'anima. Possedeva un giudizio abbastanza retto, unito a una grande semplicità; per questo, credo, lo chiamavano Candido. I vecchi domestici del castello sospettavano fosse figlio della sorella del signor barone e di un onesto e buon gentiluomo delle vicinanze che madamigella non volle mai come marito perché non aveva potuto provare che settantun quarti: il resto del suo albero genealogico era stato distrutto dalle ingiurie del tempo”
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i filosofi nei romanzi John Banville, La notte di Keplero, Parma, Guanda, 1993
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Jacques Bonnet, La questione del metodo, Milano, Ponte alle Grazie, 2003
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Andrew Crumey, Il professore, Rousseau e l'arte dell'adulterio, Milano, Ponte alle Grazie, 2001 “La cosa sarebbe finita lì se non fosse stato per il fatto che più tardi, quello stesso giorno, feci un’altra capatina in biblioteca, dove raccontai le mie teorie indimostrabili a Margaret, la quale mostrò poco interesse alle analogie tra il Trattato sulla natura umana e Dr Jekyll, ma condivise la mia eccitazione all’idea che, grazie a Jean-Bernard Rosier, da qualche parte potesse esistere un’enciclopedia autentica di un universo alternativo. “Dobbiamo fare una ricerca in rete!” mi disse, quasi senza fiato, già pregustando i possibili risultati […]”. (p. 22)
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Margaret Doody, Aristotele detective, Palermo, Sellerio, 1999
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José Pablo Feinmann, L'ombra di Heidegger, Vicenza, Neri Pozza, 2007 “La Germania era innamorata della morte. Per uno studioso di Essere e tempo – non so se come filosofo sono andato più in là – non sarebbe difficile parlarti dell’essere per la morte, o della possibilità che abita in tutte le mie possibilità, o l’impossibilità presente in tutte esse. Assumere la propria morte come la più propria delle sue possibilità assegna al Dasein la sua autenticità. Tutti, in Germania, eravamo per la morte. Ma ti risparmio divagazioni o tecnicismi. Sto parlando della morte e anche del gesto di togliere la vita” (p. 66)
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Tibor Fischer, La gang del pensiero, ovvero La zetetica e l'arte della rapina in banca, Milano, Garzanti, 1998 “Avere in mano una pistola è come essere dalla parte giusta in un dialogo socratico”
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Ignacio Garcia-Valino, Le due morti di Socrate, Milano, Sonzogno, 2007 “In preda ad una grande angoscia, la donna si recò da Socrate. Non aveva dimenticato quanto, un tempo, il filosofo si era prodigato per salvare il figlio, […]. Lo trovò steso al sole del patio mentre, nel tugurio, la sposa Santippe tentava di calmare un neonato. Il vecchio se ne stava tranquillo, come se nulla lo sfiorasse […]. Aspasia gli chiese se aveva preparato l’arringa difensiva. “La mia difesa è la mia vita”, rispose lui.” (p. 112)
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Michael Gregorio, Critica della ragion criminale, Torino, Einaudi, 2006 “Agli occhi di Kant, non ero stato capace di apprezzare la bellezza di quei delitti. Ma non ero più la creatura che lui pensava io fossi. Quel fantasma era fuggito via per sempre. Il mio cuore era stato scaldato, redento, salvato dall’amore.” (p. 437)
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Philip Kerr, Un killer tra i filosofi, Firenze, Passigli, 2003 “Nessuno mi capisce. Di sicuro, c’è un sacco di gente che pensa di capirmi. L’altro giorno ero nella Libreria del Giallo, fermo davanti a quello scaffale pieno di studi sulla psicologia dei pluriomicidi, o assassini in serie, come a volte li chiamano. […]. Per lo più questi libri sul perché la gente diventi pluriomicida rimasticano due diverse teorie. C’è la vecchia teoria marxista che interpreta il comportamento del pluriomicida quale prodotto del materialismo storico: la vittima originaria della società si trasforma nell’oppressore della società stessa. C’è poi la teoria più moderna,, ma essenzialmente derivata dalla visione di Nietzsche, secondo la quale il pluriomicida ha l’intenso desiderio non di rifiutare la società, bensì di farne parte – una società in cui la fama è la pietra di paragone del successo, e in cui l’assassinio è semplicemente la scorciatoia per raggiungerlo. Né l’una né l’altra di queste banali interpretazioni della criminalità più esasperata sembra particolarmente soddisfacente. Forse dispongo di una spiegazione migliore” (p. 257)
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Alexander McCall Smith, Il club dei filosofi dilettanti, Parma, Guanda, 2006
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Peter Prange, Il filosofo e la libertina, Milano, Mondadori, 2006 “Diderot titubava.“Non posso stampare l’articolo” concluse. “Non dirai sul serio!” esclamò Sophie sforzandosi di sorridere. “E invece sì” rispose Diderot. “I lettori non accetterebbero mai che sia scritto da una donna.” Il sorriso le morì sulle labbra. Stava parlando davvero sul serio, glielo leggeva in volto. Sophie fu costretta a deglutire. Aveva sperato segretamente che Diderot avrebbe accolto nell’Enciclopedia quel pegno del suo amore, e invece lui non ci pensava neppure. Non l’aveva mai delusa così tanto prima di allora.” (p. 239)
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Jed Rubenfeld, L'interpretazione della morte, Milano, Rizzoli, 2007
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Frédéric Serror, Herio Saboga, L'enigma di Cartesio, Siena, Barbera, 2005
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Frederic Serror, L'uomo di Galileo: romanzo, Siena, Barbera, 2006
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Philibert Schogt, La moglie del filosofo, Milano, Garzanti, 2008
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Lev Tolstòj, La morte di Socrate, in “Tutti i racconti”, v. 2 , Milano, Mondadori, pp. 883-892
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Lev Tolstòj, Il processo a Socrate e la sua difesa, in “Tutti i racconti”, v. 2 , Milano, Mondadori, pp. 879-882
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e per saperne di più… Stefano Benassi, Teoria del romanzo: tra letteratura e filosofia, Bologna, Nuova Alfa, 1989
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Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti: filosofia della narrazione, Milano, Feltrinelli, 1997
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Filosofia e romanzo: letture filosofiche del romanzo europeo del Novecento, a cura di Valerio Giacoletto Papas, Torino, Paravia, 1999
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Carlo Gentili, La filosofia come genere letterario, Bologna, Pendragon, 2003
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Renato Giovannoli, Elementare, Wittgenstein!: filosofia del racconto poliziesco, Milano, Medusa, 2007
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Sergio Givone, Il bibliotecario di Leibniz: filosofia e romanzo, Torino, Einaudi, 2005
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Siegfried Kracauer, Il romanzo poliziesco: un trattato filosofico, Roma, Editori Riuniti, 1997
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Marcello Pagnini, Filosofia e letteratura, in “Letteratura ed ermeneutica”, Firenze, Olschki, 2002, pp. 61-74