Qualche domanda a Boune Moussa
L'artista di manifesto e segnalibro del ventitreesimo compleanno di Salaborsa
Qualche domanda a Boune Moussa:
Chi è Boune Moussa?
Mi chiamo Boune Doucoure. Sono del Mali, un paese dell’Africa subsahariana. Vengo da un villaggio, da una famiglia con due fratelli e tre sorelle. Sono in Italia da ottobre 2023. Sono arrivato in barca dalla Tunisia a Lampedusa. Mai avrei pensato nella mia vita di venire in Italia. Ero andato via da Kai per motivi culturali, poi Bamako, poi Gao. Un giorno ci sono state delle rappresaglie terroristiche, attentati e con la guerra, tutti in fuga. Ho attraversato il deserto per arrivare in Algeria. Nel deserto paghi per farti portare in grandi jeep, stipati in tantissimi. Di notte ti fanno scendere e ti indicano le luci della città in Algeria. Sembrano vicine invece devi camminare anche due giorni, qualcuno non ce la fa, qualcuno lo devi lasciare indietro, non siamo tutti uguali. È molto difficile parlarne. Per due anni non mi sono sentito sicuro per la mia vita. Nel passaggio tra Algeria e Tunisia ho visto tanta violenza. Non è facile ricordare quei momenti. Lavoravo e non mi pagavano, mai. Vivevo dentro ai cantieri. Al posto dei soldi mi dissero di imbarcarmi verso l’Italia. Indietro c’era la guerra, lì niente soldi, solo sfruttamento, non conoscevo nessuno. Che cosa dovevo fare? Solo a Lampedusa mi sono sentito di nuovo libero. Una traversata di due giorni con 38 persone che non ho più rivisto a parte uno che è diventato mio amico. Da Lampedusa sono arrivato al centro Cas Mattei di Bologna. È lì che ho incontrato Cloe, una persona speciale e molto importante per me, ormai una sorella. Lei era l’infermiera del centro. Io ero disorientato, senza nessuno in un paese straniero, in attesa dei documenti, non potevo fare molto, solo 4 ore di italiano al Centro Mattei. Lei un giorno mi ha regalato dei pennarelli, matite poi pennelli. Disegnavamo insieme, ma quando lei andava via io continuavo. Da allora disegno sempre, l’infermeria è piena dei miei disegni, non li conto più. Anche nella guardiola c’è un mio murales.
Non smetterò di dipingere: farò un libro illustrato per raccontare il mio viaggio dal Mali in Italia, questo è il mio progetto.
Da dove sei partito per sviluppare il lavoro che hai donato a Salaborsa?
Non ero mai entrato in una biblioteca così grande e meravigliosa. Per me la biblioteca Salaborsa è un luogo caro, è la mia scuola, dove vado a imparare l’italiano, alla Penny Wirton. Una grande famiglia. Quando arrivi ti siedi e qualcuno ti insegna qualche cosa.
Quando mi hanno chiesto di fare un disegno per la biblioteca ho pensato: cos’è
una biblioteca? E mi è venuta in mente una testa: la cultura, che in fondo è memoria.
Leggere è memoria giusto? Quindi una testa di donna, perché è la donna l’origine di tutto. Una testa di donna, con dentro un’altra donna, che è la biblioteca.
Come ti immagini l’utilizzo, la diffusione di questo tuo lavoro, di questa tua immagine attraverso manifesti e segnalibri?
Sono molto soddisfatto che la mia opera entri nelle cucine, nei salotti e nelle case delle persone. Il mio arrivo a Bologna è stato un nuovo inizio. Tutto questo mi dà la spinta a continuare e sperimentare.
Cosa in particolare ti tiene legato a Bologna?
Bologna, tutta rossa nella sua architettura, i suoi musei, mi piace tanto.
Ti piace leggere? Cos’è per te la lettura?
Nella mia vita non ho letto tanti libri, ma vorrei farlo. Nel mio villaggio non c’è una biblioteca, non si dà tanto valore alla scuola. I libri ti traghettano in avanti, come una zattera in mezzo al mare.