A' 24 maggio del 1832 era in Ancona, e di qui scrisse alla madre ch'ei tornava per riposarsi alla sua villa (che aveva in luogo ameno, detto il Cipresso, non molto lungi da Bologna) ed ivi attendere con pace agli studi, sino alla morte
(F. Mordani)
I cipressi fanno da sentinelle al colle di Gaibola. Attorno ad essi una fitta vegetazione di tigli, ippocastani, querce, vigne.
E' questo il colle dei poeti e dei cultori dell'arte. Qui erano le ville di Guido Zucchini, restauratore di edifici storici ed erede di Alfonso Rubbiani, di Francesco Masi, genero di Carducci e di Olindo Guerrini, poeta “tremendo e sentimentale”, che al Tiglio trascorse le sue ultime estati.
Anche Paolo Costa, filosofo e letterato, elesse Gaibola come suo rifugio tra un esilio e l'altro. Ebbe incarichi politici e accademici di rilievo durante il periodo napoleonico.
Dopo la Restaurazione gli venne impedito l'insegnamento nelle scuole pubbliche, ma gli fu concesso di continuarlo in forma privata nella bella villa che qui possedeva.
Era chiamata il Cipresso, perché attorniata da un gruppo di questi alberi. Il poeta visse in questa dimora semplice e sobria anni intensi e ispirati.
Riceveva i suoi allievi, alcuni dei quali, come Marco Minghetti e Antonio Montanari, avrebbero avuto un luminoso futuro.
Dalla finestra che si trovava proprio al centro della casa, sopra il portone d'ingresso, contemplava di lontano la città. Lui l'aveva chiamata Paradiso.
Non è solo definizione di poeta, da quella finestra l'anima s'espande in una visione di splendore. Il poeta ha posto il nome, ma fu suggerito dalla natura. (Beseghi)
- Umberto Beseghi, Castelli e ville bolognesi, Bologna, Tamari, 1957, pp. 212-213
- Filippo Mordani, Biografia di Paolo Costa, Forlì, presso Antonio Hercolani editore, 1840, vol. 1., p. 13