Un portico dal Meloncello alla Certosa
@ luoghi variIl 16 settembre il prefetto del dipartimento Luigi Querini Stampalia pone la prima pietra del portico che unisce il Meloncello al cimitero della Certosa, nell'ambito di un ambizioso progetto di ampliamento di quest'ultimo, volto a farne "un monumento permanente, di un uso continuato".
La connessione del portico della Certosa con quello del Santuario della Madonna di San Luca ha lo scopo di unire “due celebri monumenti” di Bologna, gloria e lustro della città.
Una buona ragione per l'avvio dei lavori è anche quella di procurare “la sussistenza a molti operai disoccupati e resi miserabili” da anni di crisi economica e di carestia.
La “via coperta” è considerata inizialmente dall'arch. Ercole Gasparini (1771-1829) una diramazione del cimitero, con camere sepolcrali dietro ciascun arco e celle più distinte nei 18 capi-archi previsti (vasti ambienti di stazionamento dotati di frontoni).
L'idea di rinnovare il modello tipico dell'antica Roma del sepolcro su strada, ma coniugato al portico bolognese, sarà presto accantonata e mantenuta solo come ipotesi futura.
La galleria porticata avrebbe inoltre dovuto proseguire all'interno dell'ex convento, ridefinendo il perimetro del chiostro maggiore e collegandosi poi alla nuova cappella dei Suffragi, considerata il fulcro dell'area cimiteriale.
Fino al 1831 saranno edificati 131 archi. Il portico scavalcherà con il grande Arco Guidi - demolito nel 1934 per ragioni di viabilità - la strada Sant'Isaia per Casalecchio e, con un ponte coperto, il canale di Reno, per connettersi infine al circuito perimetrale del cimitero.
Al termine dei lavori, completati nel 1835, con alcune modifiche, da Luigi Marchesini (1796-1882) grazie a un lascito di Luigi Valeriani, gli archi del portico della Certosa saranno 220, scanditi da capiarchi di dimensione maggiore.
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