Riduzione della produzione industriale
Quasi tutte le fabbriche cittadine, impegnate nella produzione bellica, a seguito dei numerosi bombardamenti aerei hanno dovuto ridurre o cessare del tutto l'attività.
Alla Sasib, che fino all'incursione del 25 settembre 1943 occupava circa 1.000 operai e produceva inneschi per siluri magnetici “Sic” e pezzi di cannoni antiaerei, il numero degli addetti è sceso a 200 unità.
Le officine di Casaralta, che producono carri ferroviari, ma anche barconi per il Genio militare, occupano alla fine della guerra solo 30 operai, mentre erano circa 500 nel 1943.
La Minganti è sfollata a Palazzolo sull'Oglio e produce macchine utensili con 150 operai. La Sabiem si è ridotta da 800 a 100 operai, compresa la fonderia.
Il bombardamento della fabbrica non ha comportato danni irreparabili alle macchine e la produzione è continuata. Verso la fine della guerra una parte dei macchinari sono stati nascosti a Malacappa.
Dopo i bombardamenti dell'autunno 1943 molte fabbriche hanno trasferito le macchine in rifugi del centro, anche in edifici storici: a palazzo D'Accursio ad esempio sono stati accumulati gli impianti della Calzoni, mentre alla caserma Giordani sono stati sistemati i macchinari della Scarani.
Nell'inverno del 1944 circa 8.000 operai lavoravano all'interno del centro storico. Dopo gli scioperi del marzo 1944 le fabbriche sono cadute tutte sotto lo stretto controllo degli occupanti tedeschi. I rastrellamenti indiscriminati hanno reso ancora più precaria l'attività produttiva.
- Luciano Bergonzini, Politica ed economia a Bologna nei venti mesi dell'occupazione nazista, Imola, Galeati, 1969, pp. 11-13