Requisizione delle opere d'arte
Già il 20 giugno, nel discorso al Senato, Napoleone chiede sia data assistenza ai commissari che devono recarsi nelle chiese e nei conventi per scegliere opere d'arte da requisire. Il sequestro inizia il 23 giugno.
I commissari sono accompagnati da vari personaggi bolognesi, "guide spontanee allo straniero", che saranno definiti "bastardi italiani", disponibili "a spogliare la patria del loro miglior vanto: quello delle arti" (Muzzi).
Le pitture di pregio vengono "rapite" e portate a Milano o a Parigi. Bologna è privata di ogni ricchezza d'arte: appare molto grave, in particolare, la sottrazione di 32 capolavori scelti nelle chiese soppresse dai commissari Ghinete e Barthelemy e inviati a Parigi come "doloroso trofeo di guerra".
Sono opere di Raffaello, Perugino, Garofalo, e dei protagonisti della scuola locale di pittura: i Carracci, Reni, Domenichino, Albani, Guercino e molti altri.
Il 7 luglio i commissari francesi compiono pesanti requisizioni presso le grandi biblioteche conventuali di San Salvatore – dove sono i rari codici raccolti dal "dottissimo" Padre Trombelli - e di San Domenico, mentre buona parte degli oggetti di alto artigianato e oreficeria delle chiese viene confiscata, compresa l'argenteria del Legato Vincenzi.
Anche l'Istituto delle Scienze non è risparmiato dalle requisizioni: qui il 5 luglio sono prelevati strumenti scientifici e "diversi pezzi di storia naturale, d'antichità, manoscritti, libri", compresi i manoscritti di Ulisse Aldrovandi e il suo Erbario in 16 volumi.
Questa operazione desta particolare rammarico, perché viene colpita una istituzione civica che i bolognesi considerano un vanto della città.
Sempre il 7 luglio i commissari si spostano a Cento, dove prelevano nove quadri di Guercino dalle chiese della cittadina.
Dopo un lungo e travagliato viaggio, le opere trafugate a Bologna arriveranno a Parigi l'8 novembre 1796: solo però i codici, gli oggetti e i quadri più piccoli e meno preziosi.
Le opere più famose saranno trasportate via mare da Genova al porto francese di Tolone e arriveranno al Louvre solo il 31 luglio 1797.
- Aldo Berselli, Da Napoleone alla Grande Guerra, in: Storia di Bologna, direttore Renato Zangheri, vol. 4., tomo 1., Bologna, Bononia University Press, 2010, p. 10
- Giuseppe Bosi, Archivio patrio di antiche e moderne rimembranze felsinee, rist. anast., Sala Bolognese, A.Forni, 1975, vol. 1., pp. 262-269
- Tommaso de' Buoi, Diario delle cose principali accadute nella città di Bologna dall'anno 1796 fino all'anno 1821, a cura di Silvia Benati, Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi, Bologna, Bononia University Press, 2005, p. 19, 347, nota 66
- Daniela Camurri, L'arte perduta. Le requisizioni di opere d'arte a Bologna in età napoleonica, 1796-1815, San Giorgio di Piano, Minerva, 2003, pp. 54-61, 185-188 (elenco)
- Giuseppe Guidicini, Diario bolognese. Dall'anno 1796 al 1818, Bologna, Forni, 1976, vol. 1., p. 111
- Serafino Mazzetti, Memorie storiche sopra l'Università e l'Istituto delle Scienze di Bologna e sopra gli stabilimenti e i corpi scientifici alla medesima addetti, Bologna, tipi di S. Tommaso d'Aquino, 1840, p. 76
- Luigi Pepe, Accademie e Università nell'Italia Napoleonica, in: Le università napoleoniche: uno spartiacque nella storia italiana ed europea dell'istruzione superiore, atti del Convegno internazionale di studi, Padova-Bologna, 13-15 settembre 2006, a cura di Piero Del Negro, Luigi Pepe, Bologna, Clueb, 2008, p. 111
- Luigi Pepe, Dall'Istituto bolognese all'Istituto Nazionale, in: I "Giacobini" nelle legazioni. Gli anni napoleonici a Bologna e Ravenna, atti (ecc.), a cura di Angelo Varni, Bologna, Costa, 1996, vol. 2., pp. 312-314
- Storia della Università di Bologna, vol. 2., Luigi Simeoni, L'età moderna (1500-1888), Bologna, Zanichelli, 1947, p. 143