Motociclette di Bologna
Ducati, Maserati, Weber, GD… nomi che fanno subito pensare all'importanza del comparto meccanico bolognese, saldamente innestato al centro dell'Emilia dei motori: tra Maranello e Imola, tra Modena e Misano, ma anche tra Monza e il Mugello…
È storia sportiva e storia industriale.
Parte un secolo fa, da tante officine in cui volonterosi meccanici, che si erano a volte fatti le ossa tra i cannoni e i camion della grande guerra, provavano a motorizzare le biciclette e a farle andare più veloci possibile.
Meccanici dunque, costruttori, ma spesso anche piloti, pazzi che mangiavano polvere sulle piste e le strade di una Italia ancora senza o con poco asfalto e molta miseria.
I mitici Sandri, Raggi, Ruggeri, ma anche eroi più recenti - Agostini e Provini, Nieto e Reggiani - hanno corso sulle moto bolognesi. Moto da corsa quindi, ma anche moto per i giovani, rombanti "motorini" di piccola cilindrata: Morini, Malaguti, Malanca, Cimatti, Testi, Minarelli, Italjet.
Piccoli gioielli che i più volonterosi modificavano con componenti di fama mondiale: i telai Verlicchi, le sospensioni Marzocchi, i carburatori Malossi e mille altri.
Moto da portare sui colli, a curvare sulla Futa, fino al passo della Raticosa, oppure in giro per il mondo, come fece Leopoldo Tartarini già nel 1957, con la sua Ducati 175.
La Ducati fu una delle ultime ditte a fare moto a Bologna: il Cucciolo, piccolo motore da assemblare su un telaio da bicicletta, fu importato da Torino “solo” nel 1946 ed ebbe subito un grande successo.
Già negli anni Trenta la casa di Borgo Panigale era una grande azienda, con migliaia di macchine e operai. Però non fabbricava moto, ma condensatori e apparecchi radio. Nel dopoguerra si offrì come modello di organizzazione industriale, diffuse e trasmise, anche a seguito di una drammatica crisi aziendale, saperi e competenze tecniche nel comparto meccanico. La Ducati dell'ing. Taglioni e della distribuzione desmodromica, delle cento vittorie in Superbike, della Desmo Sedici, di Capirossi e Stoner...
Non ultimo protagonista, in una ideale celebrazione delle moto bolognesi, è il Museo del Patrimonio industriale, che da anni pubblica, tramite il suo periodico "ScuolaOfficina", contributi fondamentali sulla storia della produzione meccanica a Bologna.