L'occupazione squadrista di Bologna

27 maggio 1922, 00:00

A seguito del ferimento del vice-comandante della “Sempre Pronti” Guido Oggioni, reduce da una spedizione punitiva alla Bolognina, e della misteriosa morte nel rione Barca del caposquadra Celestino Cavedoni, i fascisti dichiarano guerra aperta ai loro avversari.

Prima di cedere il comando delle squadre a un comitato d'azione segreto, Leandro Arpinati proclama i fascisti “liberi da ogni vincolo di disciplina” nel duro confronto con gli esponenti dei cosiddetti “partiti sovversivi”.

Il 26 maggio in città fascisti e nazionalisti inscenano una manifestazione contro il prefetto Mori, accusato di favorire i “partiti sovversivi”.

Tra grandi acclamazioni parla l'on. Aldo Oviglio, mentre si susseguono cariche della polizia. Vengono danneggiate due sedi socialiste. Fascisti e forze dell'ordine ingaggiano una battaglia “con esplosione di un migliaio di colpi”.

La Federazione provinciale del PNF convoca per il 29 una grande riunione dei segretari dei Fasci delle provincie di Bologna, Modena e Ravenna. Un comunicato della Direzione centrale afferma che

“la lotta in provincia di Bologna si aggrava, le autorità politiche locali in combutta con i partiti anti-nazionali, tentano di spiantare l'organizzazione politica ed economica del Fascismo. Da questo momento e fino a nuovo ordine i poteri e le mansioni dei fasci, dei direttòri di tutti i fasci della provincia passano ai comitati di azione”.

Tra il 27 maggio e il 2 giugno avviene a Bologna una grande concentrazione di squadristi in armi, comandati per l'occasione dai principali dirigenti nazionali e regionali: Michele Bianchi, segretario del PNF venuto appositamente da Milano, Dino Grandi, Italo Balbo, Arpinati e Gino Baroncini.

E' bloccata la circolazione dei tram, una ventina di sedi "sovversive" sono prese d'assalto. Tra esse quelle dell'Ente autonomo dei consumi, della Federterra, del Circolo macchinisti e fuochisti di via del Borgo, la redazione dell'"Avanti", i locali del sindacato ferrovieri. La sede della cooperativa “La Sociale” è assalita con bombe incendiarie.

Le squadre, provenienti da vari paesi della provincia di Bologna, da Modena, Venezia - la squadra “Serenissima” - e soprattutto da Ferrara - la cosiddetta "colonna di Balbo" - occupano il centro.

Circa 10 mila camicie nere bivaccano sotto i portici del Pavaglione, di via Farini e di via Indipendenza, trasformati in veri e propri accampamenti, con distese di paglia e coperte offerte dai cittadini. Si cantano inni patriottici e si fraternizza con la popolazione. “Al tocco di notte nei bivacchi si suona il silenzio, circolano squadre di ronda. Alle sette sveglia”.

Nei giorni seguenti i fascisti assediano palazzo d'Accursio e scatenano la guerriglia urbana. Vengono lanciate bombe contro la prefettura, la questura e la Camera del Lavoro. Si vuole impedire la diffusione dei giornali sovversivi, incendiando le edicole e minacciando i gestori.

Non si contano le aggressioni individuali, tra cui quella a Clodoveo Bonazzi, segretario della vecchia CdL e al dott. Mario Santandrea, farmacista dei Garganelli.

Viene chiesta la destituzione del prefetto Cesare Mori, che ha impiegato la polizia per reprimere le azioni delle squadre durante le manifestazioni dei giorni precedenti.

Per questo viene chiamato dai fascisti il "prefettissimo", il "vicerè asiatico" o il "lurido questurino di Cagoia" (Cagoia è il nomignolo dato da D'Annunzio al presidente del consiglio Nitti), gli si grida contro: "Mori, Mori, tu devi morire".

Il 28 maggio si tiene alla Sala Borsa una assemblea di industriali, commercianti e esercenti, che appoggiano l'iniziativa fascista e stigmatizzano la condotta di Mori.

Il 31 maggio le camicie nere mobilitate in città sono suddivise in cinque compagnie. Nel pomeriggio circa un migliaio di squadristi compiono una spedizione in grande stile nel quartiere operaio della Bolognina, incendiando alcune cooperative rosse e scontrandosi con la forza pubblica.

Assalti e distruzioni avvengono anche in molti paesi della provincia: a Molinella, Budrio, Sant'Agata Bolognese. A Castenaso vengono incendiate con la benzina la Cooperativa e la Casa del Popolo.

A Borgo Panigale i fascisti feriscono con armi da fuoco alcuni lavoratori socialisti e lanciano una bomba contro la sede della cooperativa “Vita Nuova”, provocando un incendio.

Il 1° giugno, mentre le violenze dilagano in tutto il territorio bolognese, il potere è trasferito all'autorità militare. Il generale Sani del Corpo d'Armata patteggia con Italo Balbo, comandante generale dei fascisti emiliani, la fine delle dimostrazioni, in cambio della promessa di un imminente allontanamento del Prefetto.

Dopo cinque giorni l'occupazione di Bologna è sospesa su ordine perentorio di Mussolini, soddisfatto per la "magnifica agitazione". Il capo del Fascismo congeda le camicie nere con un telegramma:

“La vostra meravigliosa disciplina farà epoca nella storia italiana. Obbedendo oggi acquistate il diritto di comandare domani, per le maggiori fortune della Patria. Vi abbraccio tutti, capi e gregari”.

Di ritorno alle loro basi, le squadre compiono ancora violenze. A Lovoleto i fascisti ferraresi, dopo aver portato via una grande quantità di generi alimentari, incendiano la cooperativa di consumo. A Granarolo invadono il paese e appiccano il fuoco alla Casa del Popolo. A Bagnarola, nei pressi di Molinella, i fascisti subiscono “qualche molestia dagli avversari” e “alle provocazioni rispondono”.

Il governo richiama il prefetto Mori nella capitale in previsione del suo trasferimento. La sua determinazione nel tener testa agli squadristi sarà comunque apprezzata da Mussolini, che lo invierà nel 1924 in Sicilia a debellare la mafia: passerà alla storia come "il prefetto di ferro".

Nel suo diario, Italo Balbo (1896-1940), colui che ha creato e promosso la diffusione dello squadrismo agrario, stimerà in circa 60 mila i fascisti impegnati a turno nell'occupazione di Bologna, definita "prova generale della rivoluzione", da ripetere con forze più vaste sul piano nazionale.

Approfondimenti
  • Pietro Alberghi, Il fascismo in Emilia Romagna. Dalle origini alla marcia su Roma, Modena, Mucchi, 1989, p. 500 sgg.
  • Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945, Bologna, Comune – ISREBO, vol. I, Nazario Sauro Onofri, Bologna dall'antifascismo alla Resistenza, 2005, p. 355
  • Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese. Comune per comune, Bologna, ANPI, 1998, p. 10, 86, 118
  • Luigi Arbizzani, Lotte dei bolognesi dal 1922 alla Liberazione, in La Resistenza in Emilia-Romagna, numero unico della Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza e del movimento di liberazione, Bologna, Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza, 1966, p. 17
  • Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Giuliana Ricci Garotti, L'unione dei mille strumenti. Storia della cooperazione bolognese dal 1943 al 1956, Bologna, Emilia Romagna, 1991, pp. 19-20
  • Bologna, 1920: le origini del fascismo, a cura di Luciano Casali, Bologna, Cappelli, 1982
  • Gabriele Bonazzi, Bologna nella storia, Bologna, Pendragon, 2011, vol. II, Dall'Unità d'Italia agli anni Duemila, pp. 116-117
  • Borgo Panigale nella storia. Studi e testimonianze, Bologna, Banca popolare dell'Emilia, 1987, p. 31
  • Gino Calari, Pasticcio alla bolognese. Storie, storielle, fatti, fattacci, episodi, racconti, filastrocche, poesie, zirudelle, narcisate, cronache, discorsi e bazzecole, raccolti e disordinatamente raccontati da Gino Calari, Casalecchio di Reno, Grafis, 1993
  • Luciano Casali, Bologna, in Dizionario della Resistenza, a cura di Enzo Collotti, Renato Sandri e Frediano Sessi, Torino, G. Einaudi, 2000, vol. 1, Storia e geografia della liberazione, pp. 483-486
  • Giorgio Alberto Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, vol. 4: Anno 1922, Firenze, Vallecchi, 1929, pp. 136-139, 144
  • Franco Cristofori, Bologna: gente e vita dal 1914 al 1945, Bologna, Alfa, 1980, p. 111 (foto)
  • Brunella Dalla Casa, Leandro Arpinati: ascesa e caduta di un gerarca di provincia, in: Storia di Bologna, a cura di Renato Zangheri, Bologna, Bononia University Press, 2013, vol. 4., tomo 2., Bologna in età contemporanea 1915-2000, a cura di Angelo Varni, p. 498
  • Brunella Dalla Casa, Leandro Arpinati. Un fascista anomalo, Bologna, Il mulino, 2013, pp. 94-95
  • Dalla guerra al boom. Territorio, economia, società e politica nei comuni della pianura orientale bolognese, vol. I, Mauro Maggiorani, Marzia Marchi, Continuità e mutamenti, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2004, pp. 90-91
  • Alessandro Ferioli, Un prefetto sotto assedio. Cesare Mori e la prova generale della rivoluzione fascista (Bologna, 1922), in: "Il carrobbio", 38 (2012), pp. 123-148
  • Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 181, 184, 373-375
  • Emilio Gentile, E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma, Roma, Bari, GLF editori Laterza, 2012, pp. 59-63
  • Dino Grandi, Il mio paese. Ricordi autobiografici, a cura di Renzo De Felice, Bologna, Il mulino, 1985, pp. 162-163
  • Cesare Mori, Con la mafia ai ferri corti. Le memorie del Prefetto di ferro, introduzione di Nicola Quatrano, con una nota bio-bibliografica di Gianpaolo Palumbo, Napoli, F. Pagano, 1993
  • Nazario Sauro Onofri, Gli anni della dittatura (1920-1943), in: Storia di Bologna, a cura di Renato Zangheri, Bologna, Bononia University Press, 2013, vol. 4., tomo 2., Bologna in età contemporanea 1915-2000, a cura di Angelo Varni, p. 413
  • Le origini del fascismo in Emilia-Romagna. 1919-1922, a cura di Andrea Baravelli, Bologna, Pendragon, 2022, p. 188, 348
  • Annalisa Padovani, Stefano Salvatori, Cronaca del nazionalismo e del fascismo a Bologna dal 1918 al 1923. Nomi, fatti, luoghi, Bologna, Tinarelli, 2011, pp. 176-185
  • Gianfranco Paganelli, La storia siamo anche noi... Quarantennale del Centro Santa Viola, Bologna, Casa di Quartiere, Centro sociale, ricreativo e culturale "Santa Viola" APS, 2020, p. 121
  • Arrigo Petacco, Il prefetto di ferro. L'uomo di Mussolini che mise in ginocchio la mafia, Milano, A. Mondadori, 1994, p. 11 sgg.
  • Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune. Milizie fasciste in Italia e in Germania, Bologna, Il mulino, 2009, pp. 140-141
  • Il sindacato nel Bolognese. Le camere del lavoro di Bologna dal 1893 al 1960, a cura del Centro documentazione-archivio storico della Camera del lavoro territoriale di Bologna, Roma, Ediesse, 1988, pp. 230-231
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  • Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo, a cura di Sergio Soave, Scandicci, La nuova Italia, 1995, pp. 322-323
  • Touring club italiano, Emilia Romagna. Itinerari nei luoghi della memoria, 1943-1945, Milano, TCI, Bologna, Regione Emilia-Romagna, 2005, p. 19, 58

  • Fabrizio Venafro, Il fascismo bolognese: squadrismo, suggestioni sindacali, normalizzazione, in: Fascismo e antifascismo nella Valle Padana, a cura dell'Istituto mantovano di storia contemporanea, Bologna, CLUEB, 2007, p. 15