La spedizione dei fratelli Bandiera e lo scultore Pacchioni
I fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, ufficiali della marina austriaca conquistati alle idee mazziniane, alla notizia di una sollevazione popolare in Calabria, partono dalla loro base a Corfù.
Il 16 giugno sbarcano assieme a diciassette compagni alla foce del fiume Neto, quando oramai la rivolta è conclusa. Decidono di continuare comunque l'impresa, ma vengono traditi dal brigante Pietro Boccheciampe (1814-1887), loro compagno d'avventura.
Inseguiti dalle guardie civiche borboniche, sono catturati dopo un conflitto a fuoco alle porte di San Giovanni in Fiore. Assieme ad altri sette compagni sono fucilati nel Vallone di Rovito il 25 luglio.
Informato delle esecuzioni mentre è a teatro, il principe Massimo, cardinale delegato di Ravenna, commenta così: "Questa sera si piglia con maggior piacere il gelato!".
Davanti alla corte marziale di Cosenza compaiono anche due bolognesi, l'artigiano Tommaso Mazzoli (1823-1852), di venti anni, e lo scultore Giuseppe Pacchioni (1819-1887), di ventisei.
Condannato alla pena capitale, Pacchioni avrà commutata la pena nell'ergastolo e rimarrà in prigione fino al 1848. Sarà di nuovo arrestato a Bologna dopo il tentativo mazziniano del 1853, e rinchiuso nelle carceri dell'Abbadia.
Dopo aver rifiutato una proposta di grazia nel 1857, in occasione della visita a Bologna di Pio IX, sarà liberato il 12 giugno 1859 e portato in trionfo dai suoi concittadini. Sarà autore del monumento ai Bandiera, inaugurato a Cosenza nel 1876.
Sulla sua tomba alla Certosa si leggerà questa epigrafe: “Il Papato il Borbone l'Austria nemici della Patria lo ebbero nemico implacabile. Legò il nome alla spedizione Bandiera. Repubblicano e libero muratore confermò coi fatti i suoi ideali”.
- Alla scoperta del Risorgimento a Bologna e provincia, a cura di Giuseppe Maria Mioni e Marco Poli, con introduzione di Pierluigi Visci, nuova ed., Bologna, Congregazione felsinaria, 2011, p. 47 (G. Pacchioni)
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