La Casa del Fascio e i Gruppi rionali
@ Palazzo Ghisilardi FavaBologna è una delle prime città in Italia a dotarsi della Casa del Fascio, istituzione nata per consolidare e propagandare il movimento mussoliniano dopo la sua costituzione in partito politico.
All'inizio del 1922 il segretario Arpinati sceglie un antico edificio del centro, palazzo Ghisilardi-Fava (o Palazzo Fava Ghisilardi), di proprietà del Comune e ne affida il restauro all'architetto Giulio Ulisse Arata (1881-1962).
La ristrutturazione comporterà gravi manomissioni e alterazioni degli spazi interni e la rimozione e la perdita di numerosi resti archeologici (sul luogo si trovava anticamente un castello e poi il palazzo comitale).
Lo storico dell'arte Francesco Malaguzzi Valeri loderà comunque - in un articolo apparso nel 1926 sul "Resto del Carlino" - il risultato ottenuto dal Podestà "nel ripristinare il bel palazzo quattrocentesco del Fascio di Bologna, nel ridarvi alla luce e all'arte saloni, soffitti originali, decorazioni".
In breve tempo la Casa diventa la vera e propria centrale operativa del fascismo bolognese. Vi trovano sede, oltre al partito, l'Università Fascista, inaugurata il 29 ottobre 1924 (diventerà in seguito Istituto di cultura fascista), la cappella votiva dei Martiri fascisti (poi anche dei caduti in Africa e in Spagna), la biblioteca, inaugurata il 1° marzo 1925, la redazione del periodico "L'Assalto" e del mensile "Vita Nova".
Sono ospitate inoltre importanti federazioni sportive, che fanno capo ad Arpinati, la Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), la Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL), e inoltre l’Ispettorato sportivo delle scuole medie, il GUF, la sede dell'Opera Nazionale Balilla (ONB).
Vi saranno un ufficio postale e telegrafico, un ristorante e un albergo diurno, "il più grande, il più moderno e il più completo fra gli esistenti in Italia", con quaranta gabinetti, saloni da barbiere, parrucchiere per signora, depositi bagagli.
A supportare l'attività del partito fascista vengono inoltre istituiti i Gruppi rionali (o Circoli rionali), intitolati ai martiri fascisti.
Saranno quattordici nel 1938, ognuno guidato da un gerarca locale, il Fiduciario, e dotato di una propria sede nella periferia cittadina.
Le sedi sono a volte ex case del popolo requisite alle organizzazioni di sinistra, altre volte sono costruzioni apposite, come quella in via Matteotti (poi Teatro Testoni), edificata grazie a una sottoscrizione obbligatoria tra gli abitanti della Bolognina.
Tra le sedi più connotate è quella del nucleo Malcantone del Gruppo Meloncello, che ha il portone sormontato da due enormi fasci disegnati dall'ing. Gasparri, impegnato in zona Ghisello nella costruzione della Funivia.
Il GR di via San Mamolo sarà in un primo tempo intitolato allo stesso Arpinati. Cambierà denominazione (GR "Mario Becocci") nel 1933, dopo la sua caduta in disgrazia.
Secondo Torquato Nanni, amico e agiografo del segretario, i gruppi rionali sono "il segreto della coesione e della disciplina" del fascismo bolognese, attraverso i quali esso ha "un quotidiano e metodico contatto col popolo".
All'interno della sede, vera e propria "casa dell'operaio", si possono trovare l'ambulatorio medico, una piccola biblioteca, la sala cinematografica, l'asilo e la cooperativa. Qui lo squadrista eleva il proprio spirito e "diventa un prezioso elemento di ordine sociale".
In sostanza i GR sono una “continuazione della tradizione socialista delle strutture ricreative e mutualistiche, rinnovata sotto un diverso vessillo e subordinata in ogni necessità alla Casa del fascio” (Trocchi)
- Umberto Beseghi, Palazzi di Bologna, 2. ed., Bologna, Tamari, 1957, pp. 228-232 (Palazzo Ghisilardi Fava)
- Bologna 1938-1945: guida ai luoghi della guerra e della Resistenza, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2005, p. 28, 34
- Bologna in cronaca. Notiziario cittadino del nostro secolo, 1900-1960, a cura di Tiziano Costa, Bologna, Costa Editore, 1994, p. 42
- Bologna 1938-1945. Guida ai luoghi della guerra e della Resistenza, progetto e cura di Brunella Dalla Casa, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2005
- Gabriele Bonazzi, Bologna nella storia, Bologna, Pendragon, 2011, vol. II, Dall'Unità d'Italia agli anni Duemila, pp. 150-151
- C'era Bologna. Porta per porta la città rivela i suoi antichi segreti, a cura di Tiziano Costa e Oriano Tassinari Clò, Roma, Newton periodici, 1991, vol. 3., p. 805 sgg.
- Francesca Cerioli, Ilaria Cornia, Bologna di selenite. Una pietra racconta, Bologna, Studio Costa, 2002, p. 64 (lavori 1923-1925)
- Tiziano Costa, Bologna '900. Vita di un secolo, 2. ed., Bologna, Costa, 2008, p. 86
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- Carlo De Angelis, Tra fantasia e utopia: i progetti interrotti per Bologna, in: Le Bologne possibili, Bologna, Centro stampa Regione Emilia-Romagna, 2016, pp. 45-46
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- Giulio Ulisse Arata. Architetture in Emilia Romagna, Piacenza, Giovanni Marchesi, 2012, pp. 93, 110-111, 130 (foto)
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- Pierfrancesco Trocchi, Bologna come epicentro e laboratorio dello sport fascista: uno sguardo su e oltre Leandro Arpinati, in: "Storia dello sport", n. 4, 1 (2022) - (storia-sport.it/index.php/sp/article/view/88)
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Via Indipendenza. Sviluppo urbano e trasformazioni edilizie dall'Unità d'Italia alla Seconda guerra mondiale, a cura di Maria Beatrice Bettazzi, Elda Brini, Paola Furlan, Matteo Sintini, Bologna, Paolo Emilio Persiani, 2017, p. 171