La campagna pacifista dei "cinque punti"

28 febbraio 1950, 00:00

Nel dicembre 1949 il movimento dei Partigiani della Pace mette a punto un documento dal titolo Appello alle assemblee elettive, in cui sono enunciate cinque “proposte di pace”.

Esse riguardano la cessazione della corsa agli armamenti e la riduzione dei bilanci militari, la moratoria alle armi atomiche; la fine delle guerre imperialiste, la cessazione della repressione contro i militanti del movimento pacifista, la firma di un patto di pace tra le grandi potenze sotto l'egida dell'ONU.

A Bologna la campagna per i cinque punti inizia nei primi mesi del 1950 per estendersi rapidamente ai comuni della provincia.

E' avviata una intensa attività di sensibilizzazione della popolazione, con dibattiti, assemblee, raccolta firme. Militanti comunisti e socialisti, attivisti di organizzazioni come l'UDI, sindacalisti e soci di cooperative si mobilitano per la costituzione di comitati locali nei quartieri e nelle fabbriche, con la partecipazione di uno schieramento ampio di forze politiche e sociali.

Bologna è tra le città italiane più capaci di coinvolgere le massaie per iniziative a livello di caseggiato. Al centro delle discussioni è posto il bilancio domestico: ogni massaia deve "fare i conti in tasca" per capire quanto la guerra può togliere al benessere della famiglia.

E' costituito il Comitato provinciale dei Partigiani della Pace di Bologna, che produce il "Bollettino della Pace". Esso si propone "di svolgere il suo lavoro collegando esperienze, indicando e giustificando direzioni, incitando iniziative", gettando "alle ortiche il settarismo, aperto un dialogo con tutti".

In tutta la provincia i consiglieri di sinistra promuovono la discussione pacifista nei consigli comunali, mentre vengono inviate ai sindaci delegazioni di massa. I consigli di Bologna e Castel Guelfo aderiscono ai cinque punti con il voto favorevole della DC.

La campagna ha grande successo. A livello nazionale termina il 28 febbraio 1950, quando un delegazione dei Partigiani della Pace viene ricevuta a Roma dai presidenti di Camera e Senato.

Nel settembre 1950 i comitati per la pace in città e provincia sono già 2.256. A novembre nella provincia di Bologna oltre 510mila cittadini hanno firmato il Plebiscito della pace contro le armi atomiche, lanciato in marzo a Stoccolma. A San Lazzaro di Savena esso è stato sottoscritto dal 98 percento delle famiglie residenti.

Il movimento dei Partigiani della Pace si conferma come “il più grande fenomeno di massa del secondo dopoguerra” (Ropa).

Approfondimenti
  • Luigi Arbizzani, Sguardi sull'ultimo secolo. Bologna e la sua provincia, 1859-1961, Bologna, Galileo, 1961, p. 208
  • Sondra Cerrai, I partigiani della pace in Italia. Tra utopia e sogno egemonico, Limena, Libreriauniversitaria.it, 2011, pp. 164, 179-180
  • Giorgio Cosmacini, Giuseppe Scotti, Francesco Scotti, 1910-1973. Politica per amore, Milano, Angeli, 2010, p. 188
  • Vincenzo Galetti, Bologna, città di pace, Bologna, Arte stampe, 1968, p. 6
  • Ruggero Giacomini, I partigiani della pace. Il movimento pacifista in Italia e nel mondo negli anni della prima guerra fredda, Milano, Vangelista, 1984, pp. 85-86, 236
  • Werther Romani, Mauro Maggiorani, Guerra e Resistenza a San Lazzaro di Savena, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2000, pp. 219-220
  • Rossella Ropa, La possibile utopia. Per una storia dei movimenti pacifisti a Bologna nel secondo Novecento, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2013, pp. 40-48