Inni e proclami per l'Indipendenza d'Italia
Il Commissario civile Pellegrino Rossi celebra la vittoria di Murat sul Panaro pubblicando il 5 aprile “un commosso proclama agli Italiani”.
Il 3 aprile al ponte di sant’Ambrogio il generale Carlo Filangieri, al comando dell’attacco, è stato mortalmente ferito, ma Murat ha scacciato e poi incalzato gli Austriaci guidati dal Feldmaresciallo Bianchi, costretti a ritirarsi.
Preoccupato di far arrivare al re “una grande quantità di soccorsi di forza armata” nel minore tempo possibile, Rossi sollecita il reclutamento di volontari e la raccolta di armi e di mezzi.
Bologna si riempie di proclami, circolari, inni, appelli. In poche ore numerosi volontari si presentano al centro di raccolta presso l'ex convento della Santa, “bollenti del vivo desiderio di cimentarsi”.
L'8 aprile un altro proclama di Rossi esorta gli ex militari ad accorrere in difesa della patria. Si calcola che i volontari pronti a partire sono circa 12.000. Per essi la Commissione per la guerra italiana, insediata in Palazzo Marescalchi, chiede “vestiari, scarpe ed altri effetti militari”.
Il poeta Paolo Costa, intanto, compone un Inno Nazionale, che, messo in musica dal maestro Sampieri, viene suonato alla sera per le strade dalla Banda Nazionale alla luce delle torce e con l'accompagnamento della voce popolare.
Tra gli inni fioriti in città in questi giorni c'è anche quello di una donna, la marchesa Orintia Romagnoli Sacrati, in passato brillante protagonista dell'Arcadia romana.
I più entusiasti a mettersi al servizio di re Gioacchino sono gli studenti dell'Università, che in cento si fanno incontro alle truppe napoletane del generale Lechi, chiedendo di arruolarsi.
- Alfredo Comandini, L'Italia nei cento anni del secolo XIX, 1801-1900, giorno per giorno illustrata, continuata da Antonio Monti, Milano, Vallardi, 1900-1942, vol. 1: 1801-1825, p. 786
- Domenico Spadoni, Bologna e Pellegrino Rossi per l'indipendenza d'Italia nel 1815, in: "Rassegna storica del Risorgimento", (1916), pp. 115-124