Il Piano Marshall in Emilia
I rappresentanti di sedici nazioni europee e degli Stati Uniti d’America, riuniti in una Conferenza generale a Parigi, gettano le basi di un programma quadriennale di sussidi alla ricostruzione.
Il 5 giugno precedente, all’Università di Harvard, il Segretario di Stato americano George Marshall (1880-1959) ha lanciato l’idea di un “aiuto amichevole” straordinario agli stati europei, in difficoltà dopo il disastroso conflitto mondiale.
L’idea di Marshall diverrà nel 1948 l’E.R.P. (European Recovery Program, ovvero Programma di Ricostruzione Europea), con uno stanziamento di 17 miliardi di dollari.
Quasi tutti i paesi chiederanno di poter acquistare soprattutto generi di prima necessità, carburanti e prodotti industriali e solo in minima parte attrezzature e macchine per la produzione.
Nella provincia di Bologna i fondi-lire E.R.P. saranno in parte destinati per la ricostruzione degli edifici e degli impianti della stazione centrale di Bologna, per la riattivazione della centrale idroelettrica di Suviana, per il ripristino degli scali San Donato e Arcoveggio e il rinnovo delle linee ferroviarie. Un'altra parte sarà destinata a lavori pubblici ed edilizia residenziale.
In generale i finanziamenti per Bologna e la regione risulteranno bene utilizzati: una relazione della Missione E.R.P. americana in Italia riguardo all'Emilia parlerà di contributi “assorbiti rapidamente e in modo tecnicamente perfetto”.
Con i pacchi forniti dall'UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration) anche la popolazione bolognese imparerà a conoscere nuovi prodotti, come il latte in polvere, la margarina, il caffè liofilizzato e lo zucchero cubano di canna.
Alle partorienti poi verrà consegnato un pacco speciale, con indumenti, panni e prodotti per l'igiene del neonato e della mamma.
Non mancheranno le critiche al Piano Marshall da parte della CGIL, esclusa peraltro, sia sul piano nazionale che regionale, dalla conoscenza dei suoi aspetti tecnici e concreti.
Anche l'artigianato lamenterà l'assoluta mancanza degli aiuti Marshall, oltre che le irrisorie provvidenze governative nei primi anni del dopoguerra.
- Luigi Arbizzani, La Costituzione negata nelle fabbriche. Industria e repressione antioperaia nel Bolognese, 1947-1966, 2. ed. ampl. con Appendice 2001, Bologna, Pass, 2001, pp. 42-45
- Giuseppe Brini, Artigiani a Bologna. Cenni di storia e attualità, Bologna, Tamari, 1978, p. 202, 205
- Adelmo Caselli, Prelevati. La politica, il lavoro, la vita, l'odio, la violenza, i prelevamenti, le uccisioni e i processi nella lunga liberazione di Pieve di Cento, 1945-1951, 2. ed., Pieve di Cento, Bagnoli1920 edizioni, 2011, p. 62
- Luisa Cicognetti, Mauro Maggiorani, Elena Poggi, Filmare la ricostruzione: Il cortometraggio Emilia, in La montagna dopo la guerra. Continuità e rotture nell'Appennino bolognese tra Idice e Setta-Reno: 1945-2000, a cura di Mauro Maggiorani e Paola Zagatti, Bologna, Aspasia, 2009, pp. 577-580
- David W. Elwood, Il Piano Marshall in Emilia-Romagna, in La ricostruzione in Emilia-Romagna, a cura di Pier Paolo D'Attorre, Parma, Pratiche, 1980, pp. 229-251
- Mauro Mezzetti, Un decennio di cambiamento per la Cgil e per la Camera del lavoro di Bologna (1950-1960), in: Il sindacato nel bolognese. La Camera del Lavoro di Bologna dal 1893 al 1960, a cura del Centro documentazione Archivio storico della Camera del lavoro territoriale di Bologna, Roma, Ediesse, 1988, p. 229 sgg.
- Pro memoria 1943-2000. Cronologia, a cura di Sebastiano Gulisano, Modena, Grafiche Jolly, 2000, p. 46