Il nuovo cimitero della Certosa di San Girolamo

14 aprile 1801, 00:11

Il 3 marzo 1801 è stabilito un cimitero pubblico presso il monastero della Certosa di San Girolamo, soppresso nel 1797.

L'idea di un cimitero extraurbano risale al secolo precedente. Nel 1784 il Senato esamnò i progetti di quattro cimiteri appena oltre le mura, uno per ogni quartiere.

Nel 1797 Mauro Gandolfi, pittore e professore all'Accademia di Belle Arti, formulò invece l'ipotesi di un unico, grande camposanto nei pressi del Meloncello.

Il dott. Luigi Pistorini, presidente della Commissione sanitaria del Dipartimento del Reno, ha con tenacia promosso la soluzione economica e di immediata realizzazione del camposanto alla Certosa, "impresa che che per sé sola basterebbe a renderne chiarissima e benemerita la memoria".

Secondo il valente medico non c'è scelta migliore: l'antico convento "giace nel centro di ampia e deliziosa pianura". L'aria che lo investe e ravviva è per ogni lato libera, mossa ed “irrequieta”. Si trova in una zona soleggiata e bagnata da un torrente "copioso d'acqua".

Ad accudire il cimitero vengono nominati i Padri Zoccolanti dell'Annunziata, il cui convento in San Mamolo è trasformato in ospedale militare (assieme a San Michele in Bosco, che è anche carcere).

Come camera mortuaria è scelta la chiesa di San Rocco, situata in fondo a via del Pratello, a ridosso delle mura cittadine.

Il Presidente della Commissione di Sanità Berti con un proclama invita gli aspiranti addetti del nuovo cimitero a presentarsi: i portantini, che dovranno condurre i feretri dalle case alla camera mortuaria, quelli che li recheranno al cimitero "su carri tirati da muli", infine gli scavatori delle fosse.

Dal 13 aprile è proibito sotterrare i morti "qualunque siano in qualunquesiasi luogo" della città. Il 24 germile dell'anno IX repubblicano (14 aprile 1801) il nuovo camposanto accoglie le prime salme: un fornaio di 50 anni morto d'inedia e una donna di 53 anni di Borgo Polese morta di idropisia. Secondo altre fonti la prima sepoltura in Certosa è quella del monaco Faustino Baretti.

Per iniziativa dell'Accademia Clementina vengono qui raccolti i monumenti antichi provenienti dalle chiese e dai conventi della città. Gli accademici propongono di far trasportare i monumenti direttamente dalle famiglie, in cambio della sepoltura nel loggiato per cento anni senza ulteriori spese.

Per le numerose tombe senza eredi - alcune molto antiche e di grande valore artistico - i deputati dell'Accademia prospettano l'adozione, che comprende il trasporto e la sistemazione alla Certosa, in cambio dello stesso diritto d'uso.

Nella chiesa soppressa di San Girolamo sono concentrati anche parecchi affreschi raffiguranti la Beata Vergine, che in seguito troveranno sede nel chiostro detto, appunto, delle Madonne.

Nel 1803 sarà attuato il progetto di Ercole e Giovanni Bassani di quattro grandi pilastri per il cancello d'ingresso, sormontati dalle statue dei “Piangoloni” (o Piagnoni) di Giovanni Putti.

Per dare comodo accesso al cimitero, a partire dal 1811 verrà costruito, a cura dell'architetto Ercole Gasparini, un lungo portico collegato al Meloncello con quello di San Luca, con un grande arco (Arco Guidi) a scavalcare la strada per Casalecchio.

Nel 1816 l'arcivescovo di Bologna Oppizzoni riconoscerà il cimitero della Certosa come luogo sacro e nel 1821 il consiglio comunale delibererà l'allestimento, all'interno di esso, di una sala contenente i busti degli “Uomini Illustri e Benemeriti” della città.

Approfondimenti
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  • Atlante storico delle città italiane, diretto da Francesca Bocchi e da Enrico Guidoni, Emilia-Romagna, vol. 2., Bologna, tomo 4., Dall'età dei Lumi agli anni Trenta (secoli XVIII-XX), a cura di Giovanni Greco, Alberto Preti, Fiorenza Tarozzi, Bologna, Grafis, 1998, p. 34
  • Luca Baccolini, I luoghi e i racconti più strani di Bologna. Alla scoperta della "dotta" lungo un viaggio nei suoi luoghi simbolo, Roma, Newton Compton, 2019, pp. 10-12
  • Barbara Baraldi, 101 perchè sulla storia di Bologna che non puoi non sapere, Roma, Newton Compton, 2018, pp. 256-258
  • Silvia Benati, Un affresco politico-sociale: la Società del Casino (1809-1823), in: Negli anni della Restaurazione, a cura di Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi, Bologna, Museo del Risorgimento, 2000, p. 117, nota 581 (L. Pistorini)
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