Il colera si diffonde

29 maggio 1855, 00:08

L'epidemia di colera esplode a Bologna il 29 maggio: un ortolano di Massa Lombarda manifesta in pieno centro i sintomi della malattia. Ricoverato al Lazzaretto di S. Lodovico, muore pochi giorni dopo. Restano colpiti anche la donna che lo ospita in via del Pratello e i vicini di casa.

La diffusione del colera in tutta la città e nel contado è rapidissima. Vi sono almeno tre focolai: nel centro cittadino, nella zona del canale di Reno e in quella del porto. Nel borgo di San Leonardo, invaso dall'epidemia, muoiono soprattutto donne.

A metà giugno, con una trentina di ricoveri al lazzaretto, l'apparato sanitario entra in funzione 24 ore al giorno. Alla fine di giugno, a un mese dall‘inizio del contagio, i casi sono 134 e i morti 96.

All'Ufficio Centrale Sanitario, situato nel Palazzo del Podestà, si affiancano quattro Uffici di Soccorso di Quartiere, già attivati nel 1836, ognuno con una farmacia annessa e personale incaricato per le visite, le disinfezioni e i ricoveri.

Altri Uffici di Soccorso sono insediati in varie località della periferia: Arcoveggio, San Giuseppe, S. Egidio, San Ruffillo, Bertalia, Alemanni.

Presso l'Oratorio dei Filippini in via Galliera e presso la Società di San Vincenzo sono attivate strutture di soccorso per le famiglie povere: medici e confratelli portano nelle case degli ammalati medicine e conforto religioso.

Il numero dei contagiati sale comunque rapidamente, raggiungendo i 160 al giorno. Viene quindi decisa l'apertura di un altro lazzaretto, in una parte del Ricovero dell'Opera Mendicanti. Il responsabile dott. Gaetano Scandellari, coraggiosamente, vi si chiude dentro, per uscirne solo in autunno, a morbo cessato.

Altri ricoveri sono presso l'Ospedale Sant'Orsola per i colerosi malati di mente e in via San Felice, accanto alla chiesa di Santa Maria della Carità, per i carcerati.

Un altro lazzaretto è in via delle Lame. L'ospedale degli Abbandonati è utilizzato per i soldati austriaci infettati. In seguito ospiterà oltre cento bambini, rimasti orfani per il terribile morbo.

Nel territorio bolognese sono colpite oltre 20.000 persone: in città ne muoiono oltre 3.500 e quasi 12.000 in provincia.

Bologna assume una veste spettrale, con cadaveri insepolti per le strade (ad esempio nella parrocchia di San Ruffillo) e cittadini che fuggono nella campagna. Le scuole rimangono chiuse e i negozi vuoti. Nel ricordo di Giuseppe Bosi

"ogni casa era in pianto; lettighe di morti, e di morienti percorrevano continuamente le vie quasi deserte; taceva, per non atterrire di più, ogni lugubre tocco dé sacri bronzi, intantoché quel silenzio istesso più eloquente del suono, alto divulgava a' superstiti, che i moribondi eran tanti, e il morire sì spesso che tregua non v'era; e muto nunzio di morte nel fondo più secreto del cuore, anziché scemare, aumentava la costernazione e lo squallore. In breve, infieriva il Cholera".

Nonostante tutto però, contro il parere della Commissione Sanitaria, si tengono affollate funzioni religiose. L'8 luglio oltre 4.000 persone accompagnano “coi ceri accesi” la Beata Vergine di Borgo San Pietro nella basilica di San Petronio.

Numerosi casi di colera si hanno anche tra i soldati austriaci di stanza in città (270 ricoveri e 94 morti).

Tra le cause principali della notevole morbilità e mortalità di questa epidemia è da sottolineare l'inquinamento delle fonti di approvvigionamento idrico.

A Bologna non esiste un sistema fognario efficiente, vi sono canalette che ricevono acque nere dalle abitazioni - ma anche dalle lavorazioni industriali - molto pericolose per la propagazione delle malattie infettive.

Vi è inoltre l' “indecenza” del Canale di Reno, che scorre attraverso Bologna e le cui acque sudicie sono utilizzate per lavare panni e pezzuole, fare bagni, innaffiare le strade e persino per preparazioni alimentari, quali la diluizione del mosto e del vino.

Approfondimenti
  • Alla scoperta del Risorgimento a Bologna e provincia, a cura di Giuseppe Maria Mioni e Marco Poli, nuova ed., Bologna, Congregazione felsinaria, 2011, p. 16
  • Stefano Arieti, Società e sanità a Bologna nel XIX secolo, in: “Il carrobbio”, 25 (1999), pp. 192-193
  • Margherita Bianchini, 101 storie su Bologna che non ti hanno mai raccontato, Roma, Newton Compton, 2010, pp. 167-171
  • Bologna. Poste-Storia-Università, Bologna, Amministrazione P.T., 1988, p. 34
  • Beatrice Borghi, Rolando Dondarini, Bologna. Storia, volti e patrimoni di una comunità millenaria, Argelato, Minerva, 2011, p. 57
  • Enrico Bottrigari, Cronaca di Bologna, a cura di Aldo Berselli, Bologna, Zanichelli, 1960-1962, vol. 2., pp. 331-348
  • Giuseppe Brini, Artigiani a Bologna. Cenni di storia e attualità, Bologna, Tamari, 1978, p. 96
  • Giovanni Brugnoli, Delle epidemie di cholera-morbus che hanno dominato nella città e provincia di Bologna, in: "Memorie della Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna", serie 4., tomo 8., (1887), pp. 233-243
  • Giulio Cavazza, Bologna dall'età napoleonica al primo Novecento, in: Storia di Bologna, a cura di Antonio Ferri, Giancarlo Roversi, Bologna, Bononia University Press, 2005, p. 318
  • Pier Luigi Chierici, La devozione a S. Sebastiano nel territorio di Casalecchio di Reno, Casalecchio di Reno, Comunità parrocchiale si san Martino, 2016, pp. 6-14
  • Il cholera morbus nella città di Bologna l'anno 1855, relazione della Deputazione comunale di Sanità, preceduta da notizie storiche intorno le pestilenze nel bolognese, Bologna, Tip. governativa Della Volpe e Del Sassi, 1857
  • Alfredo Comandini, L'Italia nei cento anni del secolo XIX, 1801-1900, giorno per giorno illustrata, continuata da Antonio Monti, Milano, Vallardi, 1900-1942, vol. 3: 1850-1860, p. 515
  • Tiziano Costa, Canali & Aposa. Foto-percorso nella Bologna scomparsa, Bologna, Costa, 2001, p. 38
  • Donato da San Giovanni in Persiceto, I cappuccini e il colera a Bologna nel 1855, in: "Strenna storica bolognese", 7 (1957), pp. 259-276
  • Mario Facci, Bruno Rovena, Quando il medico era "condotto". La storia della sanità e della condotta medica nell'alta valle del Reno, Gaggio Montano, Gruppo di studi "Gente di Gaggio", 2020, pp. 79-80
  • Luciano Gherardi, Il sole sugli argini. Testimonianza evangelica di S. Clelia Barbieri, 1847-1870, e storia di famiglia delle Minime dell'Addolorata, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 24-26

  • Fabio Giusberti, Franco Piro, Sergio Sabbatani, Acqua, ricchezza e salute. Il colera a Bologna nel XIX secolo, Bologna, Compositori, 1999, pp. 65-70
  • Pasticcio alla bolognese. Storie, storielle, fatti, fattacci, episodi, racconti, filastrocche, poesie, zirudelle, narcisate, cronache, discorsi e bazzecole, raccolti e disordinatamente raccontati da Gino Calari, Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, 2004, pp. 14-15, 275

  • Marco Poli, Accadde a Bologna. La città nelle sue date, Bologna, Costa, 2005, p. 209
  • Marco Poli, Sei secoli di epidemie a Bologna, 1348-1919, Argelato, Minerva, 2020, pp. 105-118
  • Il Risorgimento a Bologna, a cura di Giuseppe Maria Mioni e Marco Poli, Bologna, Studio Costa, 2010, p. 20
  • Gida Rossi, Bologna nella storia nell'arte e nel costume, Sala Bolognese, Forni, 1980, p. 636-637
  • Sergio Sabbatani, Fabio Giusberti, Franco Piro, Il colera a Bologna nel XIX secolo. Cenni sulle conoscenze scientifiche dell'epoca, in: "Le infezioni in medicina", 3 (1997), pp. 189-203
  • Athos Vianelli, A Bologna fra cronaca e storia, Bologna, Guidicini e Rosa, 1979, pp. 68-70