Il bello e il vero
Arte a Bologna nell'800
Nella 'giacobina' Bologna del primo '800 andavano di moda le stanze dipinte di fronde intrecciate, 'alla boschereccia' e piaceva la fresca e vivace maniera di giovani come Pelagio Palagi, Antonio Basoli e Felice Giani più che il severo stile neoclassico. Dopo la restaurazione subentrò l'orgogliosa difesa della grande pittura accademica di storia e diventò quasi inconcepibile ogni diversa proposta. Eppure il nuovo avanzava: emblematica della temperie di metà secolo fu la vicenda del cattolicissimo Alessandro Guardassoni, pittore tradizionale nelle pubbliche commesse, appassionato cultore in privato di scienza e fotografia.
Allora, per Cesare Masini, autorevole segretario dell'Accademia pontificia e tenace conservatore del 'vero nel suo bello', occorreva contrastare la concorrenza della nuova Società Protettrice bolognese, che a suo dire incoraggiava il diffondersi di una 'inferiore' pittura di genere.
Così, per i giovani desiderosi di aperture, l'unica speranza era forse l'alunnato nel collegio Venturoli, istituzione benefica ancora oggi in funzione, che nell'800 sfornò talenti quali Luigi Busi, Luigi Serra e Raffaele Faccioli, epigoni del verismo. Dopo l'Unità emerse invece la solitaria figura di Luigi Bertelli, lontano dalla tradizione, i cui paesaggi, di natura quieta e sincera, piaceranno ai migliori bolognesi del '900, ma non ai 'maestri della foglia', prossimi artisti alla moda, guidati in schiera da Alfonso Rubbiani al recupero di un improbabile medioevo venato di liberty, che sarà la vera cifra stilistica della nostrana belle époque di fine secolo.