I rifugi e la protezione antiaerea
Dopo i primi bombardamenti alleati sulla città, l'Amministrazione comunale si adopera ad accrescere il numero dei rifugi antiaerei, investendo quasi tutto il denaro disponibile nella costruzione di ricoveri in galleria.
Già il 2 luglio il podestà Ferné aveva inviato una lettera all'Ufficio Tecnico, affinchè i lavori di sistemazionie procedessero a ritmo intenso anche nei giorni festivi, con la consapevolezza che l'ultimazione di un ricovero anti bomba poteva significare "la salvezza di migliaia di vite umane".
Ai rifugi anticrollo ricavati in cantine, sottopassaggi e gallerie ferroviarie, capaci, al 1° ottobre 1943, di proteggere solo 26.000 persone (l'8 per cento dei bolognesi presenti in città), si aggiungeranno le gallerie pedemontane, aumentando la capienza complessiva a 100.000 persone.
Saranno 25 i rifugi in galleria alla fine della guerra (di cui 13 comunali), la maggior parte scavati sotto le colline, altri sotto i principali rilievi centrali, come la Montagnola, il monumento a Carducci, il Guasto dei Bentivoglio.
I rifugi anticrollo in galleria diventeranno spesso alloggi permanenti per anziani e sinistrati: "Brandine, pagliericci, piccoli mobili salvati dalle macerie, suppellettili consunte dall'uso, immagini di santi contrassegnano i miseri acquartieramenti di intere famiglie" (Vianelli).
I segnali di allarme o di limitato pericolo sono lanciati con le sirene da un'unica centrale situata in un primo tempo nel palazzo del Comando dell'esercito in via Galliera, in seguito sotto la torre coronata in via S. Alò.
Un servizio di avvistamento e segnalazione delle zone colpite è organizzato sulla cima della torre Asinelli dall'ingegnere Luigi Marmocchi, con l'aiuto di alcuni volonterosi tecnici comunali.
Il soccorso alla popolazione dopo le incursioni è affidato all'U.N.P.A. - Unione Nazionale Protezione Antiaerea, costituita nel maggio 1936 - e ai Vigili del Fuoco, mentre lo sgombero delle macerie è compito del Genio Civile.
L'U.N.P.A., che condivide con il PFR un edificio in via Gandino 3, disloca numerose squadre di protezione in scuole periferiche, quali la "Mattiuzzi Casali" in via Azzurra e la "Tambroni" in via Toscana.
I dispositivi di salvaguardia dei singoli palazzi sono sotto il controllo di un capo fabbricato, fiduciario nominato dal Partito Nazionale Fascista e dall’U.N.P.A., che si cura della chiusura delle porte dalle 23 alle 6 del mattino, salvo socchiuderle in caso di allarme aereo.
Sono di sua competenza anche le condizioni igieniche e di sicurezza dei rifugi. Cura inoltre che tutti gli abitanti del caseggiato siano al riparo durante i bombardamenti.
Tra i lavori comandati dalle autorità comunali o dai comandi tedeschi, particolarmente rischioso è quello di sentinella stradale antiaerea sulle principali arterie di transito. I precettati devono stazionare al loro posto e possono rifugiarsi nelle buche di protezione solo nel corso di un mitragliamento o di un bombardamento, lasciando nei pressi una bandiera di segnalazione.
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