Gli Austriaci attaccano. Bologna si difende valorosamente

7 maggio 1849, 00:10

Gli Austriaci avanzano dal 7 maggio verso Bologna da Ferrara e da Modena.

Il comandante supremo Tenente Maresciallo von Wimpffen, dal quartier generale di Castelfranco, pubblica un manifesto in cui dichiara che, per ordine di Radetzky, è venuto a riportare, assieme al Commissario Straordinario delle Legazioni, il governo legittimo del Papa e a ristabilire l'ordine turbato da “una fazione perversa”.

Spera che il contegno pacifico della popolazione gli consenta di evitare “misure di rigore”.

L'8 maggio una parte della colonna, proveniente da Modena, prosegue dritta fino a Borgo Panigale, un'altra parte devia verso Crespellano all'altezza del ponte del torrente Samoggia, con l'intento di occupare le colline bolognesi dal rione Saragozza.

Nei pressi di Lavino e nel bosco di San Luca i soldati austriaci sono oggetto di imboscate con morti e feriti. Comincia allora un furioso rastrellamento: la truppa saccheggia le case nella zona della Certosa e uccide “a man bassa”, per rappresaglia, parecchie persone innocenti.

Oltrepassato il Meloncello, gli Austriaci pongono il loro quartiere generale a Villa Spada, all'imbocco della valle del Ravone, e puntano a presidiare i luoghi alti sulle colline.

In breve i viottoli che conducono all'Osservanza e a San Michele in Bosco diventano, grazie al lavoro dei genieri, larghe strade adatte al transito di carri e cannoni.

Vengono occupati tutti i casini sulle colline: i soldati irrompono “come tanti cani arrabiati”, devastano gli interni, allagano le cantine.

Nella villa del Prof. Cincinnato Baruzzi (1796-1878) all'Osservanza sono abbattute le statue di marmo. Ovunque gli Imperiali prendono ostaggi e dichiarano di voler “moschetare tutti briganti”.

Durante la notte in città si è preparata una specie di difesa della città: sono state occupate militarmente le porte verso le quali avanzavano i nemici; sono state innalzate barricate in alcuni varchi e su diverse strade; sull'altura della Montagnola sono stati piazzati pochi pezzi d'artiglieria.

Le mura attorno a Porta Galliera sono presidiate da gente armata. Un battaglione di Guardie Nazionali e uno squadrone di Carabinieri a cavallo sono tenuti in riserva, pronti ad accorrere sui luoghi dell'attacco nemico.

Durante la giornata dell'8 maggio infuriano i combattimenti a Porta Galliera, Porta San Felice e Porta Saragozza. Dalla zona della Montagnola la truppa austriaca deve arretrare lasciando sul terreno morti e feriti.

Durante un incauto contrattacco sono uccisi alcuni carabinieri e il colonnello Cesare Boldrini (1785-1849), ex soldato di Napoleone e combattente nella prima guerra di indipendenza.

La colonna austriaca proveniente da Castelfranco occupa le case fuori Porta San Felice, soprattutto nella località della Cavalleria (così chiamata per la presenza di molti stallatici).

I tirolesi battono le mura con i loro cannoni, i difensori rispondono dalle chiese di San Rocco e della Grada. Si combatte con accanimento fino a tarda sera. Le proposte di resa vengono rigettate sdegnosamente dai bolognesi.

Verso il tramonto il Preside Oreste Biancoli (1806-1866) si dimette, ritenendo impossibile la difesa della città. Viene nominata una Commissione di Governo presieduta dal prof. Antonio Alessandrini (1786-1861).

Una deputazione con il prof. Alberi e il conte Aldrovandi, inviata al quartier generale austriaco, ottiene la sospensione delle ostilità fino a mezzogiorno del giorno successivo.

Per tutta la notte le campane suonano a stormo e le finestre delle case restano illuminate a rischiarare le vie, per ordine del Municipio.

Intanto alla chiusa di Casalecchio gli Austriaci riescono a deviare le acque del canale di Reno e a impedire il macinato delle granaglie nei mulini situati all'interno delle mura cittadine.

Approfondimenti
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