Vivevano in una violenta ma sobria povertà per conseguenza delle idee di cui non avevano paura, eppure erano sempre così liberi, nuovi, giusti (e umani) a incontrarli, anche nella loro casa di via Mascarella.
(R. Roversi)
La "favolosa, mitica casa" di Renata Viganò e Antonio Meluschi era in via Mascarella n. 63/2. Era stata acquistata dalla scrittrice nel 1928 con "lo scarno residuo di un patrimonio distrutto". Al piccolo appartamento al primo piano si arrivava attraversando un androne e salendo una scala dritta e buia. Si entrava attraverso una porta leggera, che lasciava passare i rumori provenienti dall'interno.
Il primo scrittore ospite in via Mascarella fu proprio il marito di Renata, Antonio Meluschi, che, anomalo attivista comunista, senza fissa dimora e braccato dalla polizia, vi si rifugiò una fredda sera del 1935. Doveva essere solo una breve sosta del suo incessante peregrinare, ma, come ricorda la Viganò, "ritornò la sera stessa in casa mia, e vi rimase per sempre".
In pieno Ventennio, la cucina di Mascarella era già una "officina di idee dove spesso ci si riuniva cantando attorno a un fiasco di vino e ai gatti che saltavano sulla macchina da scrivere", secondo il ricordo di Marino Moretti, lo scrittore di Cesenatico amico di Meluschi e primo recensore delle sue opere.
Negli anni del dopoguerra la casa, piena di gatti e di libri, di polvere e quadri, era una specie di "porto franco" per vivaci dibattiti all'insegna della tolleranza e del pluralismo. Vi accorrevano in modo più o meno assiduo tanti artisti, intellettuali, scrittori, ex partigiani, giornalisti.
Tra gli ospiti vi era il giovane Pier Paolo Pasolini, con gli amici Roberto Roversi e Francesco Leonetti, conosciuti giovanissimi tra gli scaffali della Libreria Cappelli.
E inoltre Carlo Levi, Mario Tobino, Romano Bilenchi, Antonio Rinaldi, Giorgio Bassani, Enzo Biagi. Vi capitavano il filosofo Galvano Della Volpe e Sibilla Aleramo, i pittori Tono Zancanaro e Aldo Borgonzoni, Giuseppe D'Agata, Ezio Raimondi, la giovane poetessa-operaia Nella Nobili.
Un giorno del 1949, nella cucina piena di fumo e con l'onnipresente bottiglia di vino clinto sul tavolo, entrò "in incognita, senza avvertire nessun compagno, senza guardiaspalle", anche il segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti. Voleva conversare un poco con la scrittrice che, con il romanzo L'Agnese va a morire, fresco vincitore del Premio Viareggio, aveva creato uno dei migliori racconti e forse il più riuscito personaggio femminile sulla Resistenza in Italia.
Renata l'aveva scritto proprio lì, tra il 1947 e il 1949, lavorando di sera, "dopo aver rigovernato, spesso in piedi appoggiata a un alto comò laccato di rosso", mentre il marito Antonio Meluschi era impegnato a giocare a carte con gli amici.
- Andrea Battistini, L'ambiente letterario dal secondo dopoguerra, in: Bologna Novecento. Un secolo di vita della città, a cura di Maria Letizia Bramante Tinarelli, Castelmaggiore, FOR, 1998, p. 61
- Giuseppe D'Agata, La casa di via Mascarella, in: Bologna amica, fotografie di Beppe Zagaglia, Bologna, Fotografis, 1981
- Giuseppe D'Agata, La casa di Renata, in: Matrimonio in Brigata. Le opere e i giorni di Renata Viganò e Antonio Meluschi, a cura di Enzo Colombo, Bologna, Grafis, 1995, pp. 94-95
- "Fuori dal mondo" con Roberto Roversi, a cura di A. Antonaros, S. Jemma, A. Morino, Milano, Ennerre, 2013, p. 17