Bologna non è "città aperta", ma si ripopola

22 gennaio 1945, 00:00

Il Feldmaresciallo Kesselring, comandante della Wehrmacht, prevede che la città possa essere inclusa nella zona di combattimento. In una lettera al podestà Agnoli, datata 22 gennaio, scrive:

“Nonostante gli sforzi che io compirò per non fare senz'altro di Bologna un campo di battaglia, pur tuttavia necessità militari imposte dal nemico mi possono costringere a comportarmi diversamente”.

E' la fine di numerosi tentativi, fatti dal Podestà con l'appoggio della chiesa locale, di far dichiarare Bologna “città aperta” e preservarla completamente dai bombardamenti e dai combattimenti casa per casa.

Il 18 luglio 1944 l'ing. Agnoli ha ottenuto alcune concessioni da Kesselring - dislocazione in periferia e in provincia di truppe e uffici militari, deviazioni dei convogli fuori dal centro urbano - ma il comandante tedesco ha rimandato al nemico la responsabilità di eventuali azioni di guerra, vista anche la “particolare posizione di nodo centrale di traffico della città”.

Bologna è divenuta di fatto “città bianca” - o zona franca - dopo il gigantesco bombardamento del 13 ottobre 1944, che ha risparmiato l'area degli ospedali.

Da allora il centro cittadino si è ripopolato, invertendo la situazione creatasi dopo la disastrosa incursione del 25 settembre 1943, quando la maggior parte degli abitanti è fuggita dall'area.

Con l'approssimarsi del fronte di guerra, oltre al ritorno degli sfollati si è assistito alla corsa in città dei contadini, con le loro masserizie e le bestie. Vengono trovati caserme e garage vuoti, che si trasformano in stalle.

Nell'inverno del 1944 Bologna arriva ad avere oltre 600 mila abitanti e ad ospitare, tra le sue antiche mura, un numero imprecisato di animali di grossa taglia e da cortile.

Il comandante tedesco gen. Von Senger ricorderà nelle sue memorie che “gli animali erano sistemati un pò dovunque, negli androni, nei cortili e persino nelle chiese in attesa di essere macellati”.

Secondo una nota del Ministero dell'Interno, in questi mesi il clima sociale a Bologna è deprimente e la città è in pieno marasma:

"Dalle campagne gli abitanti, spogli di tutto, scendono in città e non sanno dove rifugiarsi". Bivaccano giorno e notte nei rifugi ricavati sotto le colline, "con quali inconvenienti dell'igiene e della morale si può ben comprendere". Anche i soldati provenienti dal fronte portano malattie.

Lo stato presunto di Bologna "città bianca" induce molti a rimanere entro le mura "vivendo nelle cantine, soffrendo il soffribile, in attesa che passi la bufera della battaglia".

Approfondimenti
  • Gian Luigi Agnoli, Padre Domenico Acerbi missionario domenicano dalla mano di Dio, Bologna, Asterisco, 2000, pp. 241-242
  • Mario Agnoli, Bologna, città aperta. Settembre 1943 - aprile 1945, Bologna, Tamari, 1975
  • Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945, vol. 1., Nazario Sauro Onofri, Bologna dall'antifascismo alla Resistenza, Bologna, Comune-ISREBO, 2005, pp. 54-55
  • Luciano Bergonzini, Bologna 1943-1945. Politica ed economia in un centro urbano nei venti mesi dell'occupazione nazista, lettera ed osservazioni di Giorgio Amendola, Bologna, CLUEB, 1980, pp. 26-27
  • Luciano Bergonzini, Bologna non fu città aperta, in "Resistenza oggi. Quaderni di storia contemporanea bolognese", 1, 2000, pp. 49-52
  • Luciano Bergonzini, Politica ed economia a Bologna nei venti mesi dell'occupazione nazista, Imola, Galeati, 1969, pp. 24-25
  • Luciano Bergonzini, La svastica a Bologna, settembre 1943 - aprile 1945, Bologna, Il mulino, 1998, pp. 206, 215-224, 226
  • Bologna 1937-1987. Cinquant'anni di vita economica, a cura di Fabio Gobbo, Bologna, Cassa di Risparmio in Bologna, 1987, p. 39
  • Bologna 1938-1945: guida ai luoghi della guerra e della Resistenza, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2005, p. 75
  • Gabriele Bonazzi, Bologna nella storia, Bologna, Pendragon, 2011, vol. II, Dall'Unità d'Italia agli anni Duemila, pp. 178-179
  • Armide Broccoli, La resa dei conti, Milano, Vangelista, 1975, pp. 238-239
  • Deputazione Emilia Romagna per la storia della Resistenza e della guerra di liberazione, L'Emilia Romagna nella guerra di liberazione, vol. 1: Luciano Bergonzini, La lotta armata, Bari, De Donato, 1975, pp. 368-369
  • Ena Frazzoni, Bologna città aperta, in id., Note di vita partigiana a Bologna, Bologna, Tamari, 1972, pp. 181-199
  • I giorni di Bologna Kaputt, a cura di Luca Goldoni, Aldo Ferrari, Gianni Leoni, Bologna, Edizioni Giornalisti associati, 1980, p. 42
  • Marco Marozzi, Bologna bella e carogna, Argelato, Minerva, 2020, p. 24
  • Nazario Sauro Onofri, Il triangolo rosso, 1943-1947. La verità sul dopoguerra in Emilia-Romagna attraverso i documenti d'archivio, Roma, Sapere 2000, 1994, p. 26
  • Donata Pracchi, Una fra le tante. Gabriella Zocca, memorie di Bologna, Bologna, Pendragon, 2018, pp. 68-69
  • La Resistenza, il fascismo, la memoria. Bologna 1943-1945, a cura di Alberto De Bernardi e Alberto Preti, Bologna, Bononia University Press, 2017, pp. 165, 261-266
  • Werther Romani, Mauro Maggiorani, Guerra e Resistenza a San Lazzaro di Savena, San Giovanni in Persiceto, Aspasia, 2000, p. 207
  • Frido von Senger und Etterlin, Combattere senza paura e senza speranza, Milano, Longanesi, 1968, pp. 503-505