Arpad Weisz e il razzismo nello sport
Contro il razzismo nello sport
Non fosse stato per le leggi razziali che comparvero nel ‘38, nel Bologna Arpad Weisz ci sarebbe rimasto chissà quanto. Dovette andarsene, dapprima a Parigi e poi in Olanda, ma la cosa più brutta fu il silenzio gelido che l’accompagnò. Nemmeno una riga sui giornali, nemmeno l’ombra di un pubblico apprezzamento per il lavoro fatto. Questo debito di gratitudine e di rispetto il Bologna purtroppo non ha mai potuto saldarglielo. Di Arpad Weisz e della sua famiglia si seppe un giorno che erano morti in un lager.
(G. Marchesini, Bologna: 80 anni di gloria, Bologna 1988, vol. 1., p. 136)
I trionfi del “grande Bologna” negli anni Trenta derivano anche dall’attenzione del fascismo bolognese nei confronti dello sport.
Protagonista del passaggio dallo squadrismo all’agonismo sportivo fu il potente ras Leandro Arpinati, che promosse la costruzione dello stadio del Littoriale, l’impianto a quel tempo più moderno d’Europa, e fu presidente del CONI e della F.G.C.I.
Arpad Weisz, ex calciatore e allenatore ungherese di origine ebraica, vittima dopo le famigerate leggi del 1938 dell’apartheid razziale, condusse quel Bologna “che faceva tremare il mondo” alla conquista di due scudetti (1936 e 1937) e del prestigioso Torneo di Parigi. Di recente la sua figura è stata riconosciuta e ora egli considerato un simbolo della lotta contro il razzismo e l’intolleranza nello sport.
La bibliografia si avvale delle illustrazioni di Matteo Matteucci, autore di un libro a fumetti dedicato a Weisz in attesa di pubblicazione. Una selezione dei titoli in formato pdf è scaricabile qui a lato.