Albergo del Pellegrino

via Ugo Bassi, 7

Il cameriere ... era un certo tale che aveva, riguardo agli Inglesi, una sua idea fissa; e questa innocente monomania consisteva nell'aver sempre in testa Lord Byron. Io feci questa scoperta durante la colazione, perchè avendogli detto a caso che le stuoie distese sul pavimento della camera erano molto adatte alla stagione, mi replicò all'istante che anche milord Byron amava questo genere di stuoie. Subito dopo, osservando che io non prendevo latte, esclamò con grande enfasi che anche milord Byron non ne prendeva mai. Sulle prime credetti ingenuamente che egli fosse stato al servizio di Byron; ma no, mi disse, no. Egli si era fatta l'abitudine di parlare di Byron con ogni Inglese che capitasse: ecco tutto.

(C. Dickens)

Il Pellegrino era un antico e rinomato albergo in via dei Vetturini (poi Ugo Bassi) all'angolo con via Calcavinazzi.  Citato dal 1661 come "albergo della Posta", nel 1665 era di proprietà dei fratelli Barbieri e descritto come un "bell'edificio, allestito con tutte le comodità" .

Nel Gioco di tutte le osterie del Mitelli è ricordato per le buone torte. Nel Settecento il marchese Albergati lodava le anguille e i cotechini che si mangiavano in questo albergo. Ma ottimi erano anche i tortellini, i polli e i piccioni, che forse deliziarono anche Goethe.

In seguito fu acquistato da Giovanni Tricchi, merciaio milanese, "gran galantuomo e cortesissima persona". Nel 1887 la parte inferiore della facciata fu tutta ricoperta di marmo dal nuovo proprietario Francesco Ravaldoni. Con questo rivestimento di signorile fattura, il palazzetto "spiccava come una piccola rarità" tra gli edifici di via Ugo Bassi.

Aveva "tutti i comodi moderni possibili, sia dal lato del riscaldamento che dell'illuminazione" e offriva un servizio "inappuntabile e perfetto". Era famoso anche per la parte gastronomica, soprattutto per i dolci, forse le tradizionali torte di riso, dette anche degli Addobbi.

Ospitò nobili, principi e viaggiatori illustri da ogni parte d'Europa. Tra essi Casanova e Dickens, che abitò "un certo stambugio" sotto il tetto.

Nel 1819 vi approdò Lord Byron, giunto a Bologna da Venezia sulla sua carrozza bianca. Il suo soggiorno è ricordato da una lapide, dettata nel 1886 da Giosue Carducci.

Quest'ultimo veniva spesso al Pellegrino per incontrare Jessie White Mario, che lavorava a una biografia di Garibaldi.

Preso in gestione nel 1914 dalla ditta Zoffoli, l'albergo fu demolito negli anni Venti durante l'allargamento di via Ugo Bassi.

Approfondimenti
  • Maurizio Ascari, Bologna dei viaggiatori. La sosta in città e il valico degli Appennini nei resoconti di inglesi e americani, Bologna, Gruppo di studi Savena Setta Sambro, 1999, pp. 59-61
  • Alessandro Cervellati, Bologna grassa, Bologna, Tamari, 1963, pp. 104-106
  • L'Emilia Romagna com'era. Alberghi, caffè, locande, osterie, ristoranti, trattorie. Sulle tracce di un passato recente alla riscoperta dei segni mutati o cambiati di una secolare tradizione d'ospitalità, a cura di Alessandro Molinari Pradelli, Roma, Newton Compton, 1987
  • Renzo Giacomelli, Vecchio e nuovo nel centro di Bologna, Bologna, Tamari, 1967, pp.104-105
  • Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol.1., p. 81