Agitazioni operaie e azioni di resistenza alle Officine Rizzoli

dal 1 al 31 dicembre 1943

Gli operai delle Officine Rizzoli entrano in agitazione per sventare la minacciata abolizione dell’indennità giornaliera di 10 lire da parte dell’azienda. E’ avanzata una piattaforma rivendicativa, che sarà poi ripresa dagli operai di altre fabbriche bolognesi.

Essa prevede tra l’altro: un aumento del salario, una razione giornaliera di 500 gr di pane, la consegna di legna e carbone per il riscaldamento, mezzo litro di latte per i figli dei dipendenti, la cessazione dei licenziamenti arbitrari.

Dopo l'8 settembre, in una palazzina delle Officine, si è installato il comando delle Brigate Nere. I materiali e i macchinari destinati alla fabbricazione delle protesi ortopediche cominciano presto a interessare anche i tedeschi.

Per evitare requisizioni la direzione dispone di nasconderli in camere chiuse dell'Ospedale Sant'Orsola e dentro la cappella dell'Istituto di Rieducazione del Pratello. I materiali di valore, ad esempio il bronzo, sono nascosti nei sotterranei della chiesa di San Michele in Bosco.

Nelle Officine opera un gruppo in rappresentanza del CLN - Aniceto Servisi, Umberto Fontana, Dante Lorenzini - che si adopera nella raccolta di fondi per il movimento partigiano.

I licenziamenti degli operai saranno scongiurati fino alla fine della guerra. Negli ultimi mesi dell'occupazione i dipendenti saranno utilizzati nei più vari impieghi: dallo sgombero delle macerie di edifici bombardati al taglio degli alberi della via Panoramica.

Approfondimenti
  • Luigi Arbizzani, Lotte dei bolognesi dal 1922 alla Liberazione, in La Resistenza in Emilia-Romagna, numero unico della Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza e del movimento di liberazione, Bologna, Deputazione Emilia-Romagna per la storia della Resistenza, 1966, pp. 24-25
  • Comitato Unitario Antifascista Istituti Ortopedici Rizzoli, '45 - '75 testimonianze, Bologna, Graficoop, stampa 1975, pp. 14-17