1771-1836

"Maestro di letteratura e filosofia", Paolo Costa nasce a Ravenna nel 1771. Studia dapprima nel Collegio dei Nobili della città romagnola con insegnanti modesti, quindi a Padova segue le lezioni di Melchiorre Cesarotti e Simone Stratico. Nella città veneta, profondamente influenzata dalla rivoluzione francese e percorsa da idee illuministiche, fa amicizia con Ugo Foscolo.

Il suo acceso giacobinismo lo getta nell'agone politico. A Ravenna è ufficiale della Guardia Nazionale, presidente della nuova municipalità e moderatore del locale Circolo Costituzionale. Condannato ai lavori forzati con il ritorno degli Austro-Russi, riesce a fuggire a Bologna nell'aprile del 1799.

Nel 1801 è inviato ai Comizi di Lione e nel 1805 è autore dell'ode per l'ingresso a Bologna di Napoleone imperatore. Il nuovo governo lo nomina professore di filosofia al liceo. Frequenta con assiduità la Società del Casino e i migliori salotti della città, come quello di Cornelia Martinetti. E' tra coloro che incontrano e aiutano Lord Byron a Bologna e in Toscana.

Nel 1819-1821 partecipa ad una delle imprese letterarie fondanti della scuola classica romagnola: sua è la Vita di Dante in premessa al commento a più mani della Divina Commedia, con note di Strocchi, Perticari e Giusti e un saggio sull'allegoria del Marchetti. Come letterato è classicista e antiromantico, ammiratore di Monti e Giordani. Scrive lettere e poesie e un Dizionario della lingua italiana. La sua opera va comunque considerata soprattutto in funzione didattica e educativa.

Dopo la Restaurazione è accusato di materialismo e ateismo e rimane senza impiego. Dal 1822 gli è concesso di continuare l'insegnamento in forma privata nella sua villa Il Cipresso, nei dintorni di Bologna. La sua scuola, di altissimo livello culturale, ha subito grande risonanza. La fama di liberale perseguitato gli attira le simpatie degli oppositori del governo reazionario pontificio. Tra i suoi allievi vi sono giovani promettenti come Marco Minghetti e Antonio Montanari.

Costa è uno dei letterati del cenacolo bolognese a cui Leopardi invia le sue Canzoni, prima dell'arrivo in città. Il suo editore Pietro Brighenti lo giudica uomo "d'ingegno e d'abilità", ma anche "un matto inquietissimo", un briccone con "lingua da tenaglie".

È un assiduo collaboratore del "Giornale Arcadico", scrive dissertazioni, trattati, componimenti poetici, ma diviene soprattutto noto per le sue traduzioni da Ovidio, Orazio, Anacreonte, in gara con l'amico Giovanni Marchetti. Suo è anche un tentativo di riformare il Vocabolario della Crusca.

È inoltre autore di opere filosofiche, ispirate al sensismo di Locke e Condillac, dei quali è ammiratore: tra esse Del modo di comporre le idee e di contrassegnarle con vocaboli precisi a fine di ben ragionare o Della sintesi e dell'analisi. Sulle sue capacità di filosofo Leopardi dà un giudizio severo:

L'analisi delle idee starebbe molto male se non avesse altri coltivatori che i Costa. Ci vuol ben altra profondità di mente per dir cose nuove in metafisica. La sua filosofia non dimostra altro che la gran miseria degli italiani in questo particolare, come in tutti gli altri.

Nel 1831, durante la "rivoluzione municipale", la sua nomina alla cattedra di Scienza Ideologica dell'Università, è accolta con grande entusiasmo e le sue lezioni sono veri e propri trionfi. Ma pochi giorni dopo il suo insediamento, con il ritorno a Bologna degli Austriaci, il suo corso viene interrotto e egli è costretto a riparare a Corfù, seguito dalla fama, assegnatagli dal cardinale Oppizzoni, di "principale propagatore della rivoluzione" e di sovvertitore della "gioventù studente".

Nel 1832 può ritornare a Bologna per un atto di clemenza del Papa, ma gli è ingiunto di risiedere nella sua villa suburbana. Qui continuerà la sua attività didattica fino alla morte, sopraggiunta nel 1836.

  • Leopardi e Bologna, atti del Convegno di studi per il secondo centenario leopardiano, Bologna, 18-19 maggio 1998, a cura di Marco A. Bazzocchi, Firenze, L. S. Olschki, 1999, p. 116, 124
  • Simonetta Santucci, Paolo Costa, in: Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Pàtron, 2001, pp. 268-271

 

Luoghi
  • Casino Civico - Stamperia delle Muse via Santo Stefano, 43
  • Giardino Martinetti - Collegio Ungarelli via San Vitale, 56
  • Palazzo Malvezzi de’ Medici via Zamboni, 13
  • Villa Sampieri Talon via Panoramica, 24 - Casalecchio di Reno
  • Caffè dei Grigioni via Ugo Bassi, 1/2
  • Palazzo Poggi - Università degli Studi via Zamboni, 33
  • Tipografia Nobili Via de' Toschi, 11
  • Villa il Cipresso via di Gaibola
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