Ma intorno alle tavole non v'erano sedie. Che modo era questo di ricevere? Ed ecco entrare servi trascinando sacchi gonfi che furon posti davanti a ciascun coperto. Erano pieni di monete e dovevano servire come sedili. Così rispondeva il vecchissimo senatore alle male lingue che lo davano per rovinato.
(U. Beseghi)
La mole squadrata di Villa Albergati domina solitaria nella pianura di Zola Predosa, testimone e simbolo del passato aristocratico di Bologna.
Dovunque aleggia lo spirito di Girolamo Albergati Capacelli, che per lunga parte della vita inseguì caparbiamente e pericolosamente questo sogno di grandezza.
Il marchese fu un personaggio preminente del Seicento, senatore della repubblica bolognese e ambasciatore presso la corte vaticana. Era un uomo di mondo, intelligente, ambizioso, tenace.
Decise di mettersi a gara con le famiglie dei dintorni - i Casali, i Magnani - e costruire la villa-palazzo più grande del territorio. Per questo assunse due dei migliori artefici dell'epoca: Bonifacio Socchi e Giacomo Monti.
Entrambi non videro la fine dei lunghissimi lavori di costruzione della villa, iniziata nel 1659 e terminata nel 1694 sotto la supervisione dell'anziano marchese.
L'edificio ha come fulcro l'immenso salone centrale, alto oltre 30 metri, su cui si affacciano le altre stanze e gallerie. I soffitti delle sale sono decorati con scene mitologiche da Giovanni Antonio Burrini e Vittorio Bigari.
Un'ala è interamente affrescata con le quadrature di Angelo Michele Colonna, che qui a Zola lasciò forse i migliori frutti della sua arte.
Una morte misteriosa
Nel teatro della villa di Zola, capace di più di trecento persone “agiatamente sedute”, Francesco Albergati Capacelli, nipote di Girolamo, portava d'estate la sua compagnia di comici e metteva in scena le sue opere. Da ogni parte venivano ad assistere signori e artisti, letterati e re.
Francesco era in contatto con l'ambiente cosmopolita dell'illuminismo europeo, era amico di Voltaire e di Goldoni. Quest'ultimo fu più volte ospite a Zola e nel palazzo di famiglia di via Saragozza.
In una sala del piano superiore di villa Albergati scene dipinte da Francesco Orlandi facevano da sfondo alle loro commedie e a quelle del nobile padrone di casa, amante del teatro.
Fu sempre alla villa che si consumò il maggior dramma della vita di Francesco: la morte violenta e misteriosa della sua seconda moglie, "Cattina" Boccabadati.
Il 18 agosto 1786 la donna fu accoltellata nella camera da letto decorata da Vittorio Bigari, dove si trovava assieme a lui e al figlio. Albergati fu accusato di uxoricidio e rinchiuso nella peggiore stanza del palazzo.
Se la cavò con l'aiuto di Ignazio Magnani, principe del foro bolognese. Il fattaccio fu rubricato come suicidio e non come assassinio per gelosia, come sembrava che fosse. Il commediografo si allontanò comunque per un lungo periodo da Bologna e a Venezia si risposò per la terza volta.
- Umberto Beseghi, Castelli e ville bolognesi, Bologna, Tamari, 1957, pp. 399-410
- Umberto Beseghi, Palazzi di Bologna, 2. ed., Bologna, Tamari, 1957, p. 191
- Alessandro Cervellati, Storia dei burattini e burattinai bolognesi (Fagiolino & C.), Bologna, Cappelli, 1964, p. 58, nota 5
- Giancarlo Roversi, Palazzi e case nobili del '500 a Bologna. La storia, le famiglie, le opere d'arte, Bologna, Grafis, 1986, p. 28