La strada del potere è mezzoritta
E mentre alcun la sale in mezz'oretta
La falange di Destra mezza rotta
È costretta a fermarsi a Mezzaratta(A. Oriani)
A Mezzaratta, sulla collina fuori Porta San Mamolo, "iuxta rattam de monte", a metà della strada che porta al santuario della Madonna del Monte, nel luogo dove un tempo si giustiziavano i condannati, venne eretta intorno al 1106 una chiesetta dedicata a Maria e poi a Santa Apollonia.
Dal 1292 fu affidata alla Compagnia del Buon Gesù, che qualche tempo dopo si trasferì in città e costruì una bella chiesa in San Mamolo, all'angolo con via Mirasol grande (poi via Solferino).
Nel Trecento la chiesetta di Mezzaratta venne tutta affrescata da Vitale da Bologna e dalla sua scuola, con storie dell'Antico Testamento e della vita di Gesù. Questo fondamentale ciclo, guastato dall'incuria dei tempi, fu in parte recuperato a metà del ‘900 e sistemato presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna.
La Compagnia del Buon Gesù fu soppressa nel periodo napoleonico e i suoi beni furono venduti, compresa Santa Apollonia e i due oratori per i pellegrini. Chi acquistò Mezzaratta demolì la zona absidale della chiesa, distruggendo per sempre le pitture ivi presenti.
La villa a ridosso della parte restante fu in seguito acquistata, per abitarvi con la famiglia, da Giuseppe Minghetti e dopo la sua morte passò al figlio Marco, futuro presidente del Consiglio ed esponente di spicco della Destra storica.
Cultore di belle arti, egli volle porre sul luogo una lapide, che chiarisse la responsabilità dei danni del passato. Attraverso il prof. Michele Medici, nel 1837 chiese un testo a Pietro Giordani. Questi in un primo tempo cercò di sottrarsi, affermando di essere "già fastidito e per molte ragioni disgustato dal fare iscrizioni, le quali mi sono difficili a fare più che altra cosa", ma alla fine assolse bene o male al compito con lo scritto seguente:
Marco Minghetti divenuto possessore di questo luogo ... ha voluto quanto poteva espiare l'indegnissima ingiuria fatta al sacro avanzo delle arti del secolo XIV, opere di Iacopo Avanzi, Simone, Vitale, Galasso, ed altre dell'antichissima scuola bolognese, ammirate dal Canova: le ha liberate dall'imbiancatura, pulite, e rinfrescate; e quanto fu possibile provveduto alla migliore conservazione futura la quale raccomanda alla civiltà de' posteri.
La villa aveva un aspetto signorile e dignitoso, circondata da un parco, con un giardino che terminava con una grande terrazza sopra Bologna. All'interno vi era un vasto salone da ricevimento: attraverso una finestra bow-window, tra le poche modifiche fatte da Minghetti (che però non incontrò il favore della sua "vigorosa madre") era possibile osservare, "come in un mirabile telescopio", i colli di San Michele e di Ronzano. Vi era inoltre uno studio con la finestra sulla strada, che in quel punto si restringeva.
Letterati ospiti a villa Minghetti
Nel settembre del 1864 il governo Minghetti cadde ed egli ritornò a Bologna, prendendo dimora a Mezzaratta. Aveva sempre avuto l'abitudine di ricevere qui amici e studiosi. Ora con la nuova moglie le occasioni aumentarono notevolmente. Donna elegante, dotata di spirito e cultura, Laura Acton, vedova del Principe Camporeale, fu amica dell'imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III, ed ebbe tra i suoi ammiratori Bismark e Wagner. Il suo salotto divenne rinomato a Bologna e fu poi proseguito anche a Firenze e Roma, divenendo sempre più eclettico, tra il politico e il culturale.
Dopo il 1871, tra gli ospiti assidui di villa Minghetti vi fu Alfredo Oriani, allora giovane scrittore alle prime armi. Donna Laura gli donò una pipa appartenuta a Bismark, che egli conservò per sempre gelosamente su una mensola del suo caminetto al Cardello. A lei si deve anche l'eteronimo Ottone di Banzole, con cui il casolano firmò le sue prime scandalose opere.
Una volta che tra gli ospiti c'erano il principe von Bulow e i ministri Quintino Sella e Ruggero Borghi, Oriani ebbe a commentare così: "Ui n'era dl'inzegn ch'al dé a Mezzaratta!". Un ricordo idealizzato è anche nell'articolo Il problema del Natale, del 1905, contenuto in Fuochi di bivacco. E' sera: lui, lo statista e il prof. A.C. De Meis, nel salotto della villa, discutono di un inno di Manzoni. Fuori il freddo inverno.
La giornata era triste: una nebbia saliva diafana e leggera il colle seminudo e pareva un velario, dietro il quale Bologna taceva.
Poco dopo è annunciato l'arrivo del prof. Panzacchi, "giovane, alto, grasso, bronzeo", rivale d'eloquenza e avversario in politica di Minghetti. E subito viene coivolto nella discussione ...
Disceso una seconda volta dal governo nel 1876, Minghetti "si fissò a Bologna e nella città esercitò quell'influenza che il suo ingegno e la sua larga cultura naturalmente gli attribuivano". I conflitti e i rancori, che avevano avvelenato la politica cittadina negli anni precedenti, apparvero mediati dalla presenza del vecchio statista:
Nella villa di Mezzaratta convenivano uomini illustri nella politica, nella scienza, nelle lettere da ogni parte d'Italia e dall'estero, e con questi si trovavano e si affiatavano i più chiari uomini della società bolognese, tra i quali Giosue Carducci, cui il Minghetti mostrava una grande deferenza.
Con il ritorno di Minghetti, anche Carducci visse la sua consacrazione definitiva a Bologna, come studioso e poeta civile.
Atlante dei movimenti culturali dell'Emilia-Romagna. Dall'Ottocento al contemporaneo, a cura di Piero Pieri e Luigi Weber, Bologna, CLUEB, 2010, vol. 1., p. 14
Umberto Beseghi, Castelli e ville bolognesi, Bologna, Tamari, 1957, pp. 217-218
Carlo De Angelis, Minghetti a Mezzaratta, in: "La Torre della Magione", 1 (2016), pp. 11-14
Maria Teresa Mori, Laura Acton Minghetti, in: Italiane, a cura di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia, Roma, Dipartimento per l'informazione e l'editoria, 2004, vol. 1: Dall'Unità d'Italia alla prima guerra mondiale, pp. 3-4
Alfredo Oriani, Fuochi di bivacco, Bari, G. Laterza & figli, 1913
Marco Veglia, La vita vera. Carducci a Bologna, Bologna, Bononia University press, 2007, pp. 194-196