Scrittori e scrittrici

Libreria Veronese

via Foscherari, 19/a

La libreria ha centodieci anni, da trenta è di Ruggero Carnevali. Per l'aspetto e lo stile potrebbe essere a Londra o a Parigi. Quando gli chiediamo quale luogo suggerirebbe di visitare per primo a Bologna: "La mia libreria" risponde. E non c'è nessuna presunzione. "È uno dei luoghi storici di questa città ed è posto sotto vincolo", come la vecchia cartoleria Del Palombo "che è a un tiro di schioppo!" aggiunge con casuale ironia.

(C.M. Messina)

La libreria fu avviata da Francesco Veronese nel 1888, in occasione dell'VIII Centenario dell'Università. Di parola facile e di aspetto simpatico, cattolico fervente, egli arrivò a Bologna, con la moglie e una valigia piena di bibbie, dalla "malinconica terra di Rovigo". Presto cominciò a comprare e rivendere libri vecchi, girando la città con un carretto, finché ottenne un posteggio fisso sotto il portico della Morte, "ove già un altro libraio aveva la sua tenda".

Davanti al suo banco cominciarono a sostare, in cerca di occasioni, i personaggi più interessanti della Bologna di fine '800: tra essi Severino Ferrari, Corrado Ricci, Augusto Majani e tanti professori, da Gandino, a Acri, da Puntoni a Pesci. Alla sera i libri invenduti erano riposti in un vicino magazzino di pompe funebri.

Andò quindi ad abitare con la famiglia in piazza Calderini, in un grande seminterrato di fronte al "Resto del Carlino". Vi entrava spesso qualche giornalista e tra essi Alfredo Oriani, "sempre un pò brontolone contro tutti". Si sedeva su una piccola sedia, con le gambe ripiegate, e raccontava, in dialetto romagnolo, "di certi suoi amori disgraziati".

Prima della grande guerra il negozio di Veronese era in fondo a via Indipendenza. I goliardi lo frequentavano giornalmente e tra essi si ritrovava a volte Dino Campana. La signora Eva, la figlia maggiore del proprietario, ha ricordato come egli entrasse "con una richiesta sulle labbra; ma dopo essersi parzialmente espresso si tacesse, distratto, assente". Il poeta conosceva anche la sorella minore di Eva: vedeva sul suo volto adolescente il sorriso enigmatico della Gioconda, forse un presagio della morte prematura.

Nel 1918 la libreria antiquaria trovò sede stabile in via dé Foscherari, in ideale triangolo con l'Archiginnasio e la Zanichelli. I Veronese, padre e figlia, cominciarono ad impegnarsi nel "travaglio del libro scolastico".

Frequentavano il negozio studenti squattrinati in cerca di testi usati, ma anche studiosi come l'archeologo Edoardo Brizio o il direttore della "Gazzetta dell'Emilia" Ugo Pesci. Col tempo si specializzò nella vendita di libri rari e di pregio e di stampe antiche.

Dal 12 marzo 1922 la Federazione Acheonica Universale tenne, presso questa libreria, la direzione e redazione del suo giornale, "Il Gigante acheo".

La Società degli Achei fu un sodalizio goliardico fondato dal dottor Ezzelino Magli nel 1920 tra reduci di guerra, senza altro scopo che quello di "stare allegri alla maniera dei buoni petroniani antichi" attorno a una tavola imbandita. Raccolse molti personaggi del bel mondo e dell'intellighenzia bolognese, tra i quali Ermete Zacconi, Alfredo Testoni, Dino Grandi, Augusto Majani, Albano Sorbelli.

Tra le bislacche iniziative degli Achei vi furono la Proclamazione di Bologna città di mare, con gita in barca al laghetto dei Giardini Margherita e l' "invinamento" con il lambrusco dell'acqua del Nettuno.

In cosa posso servirla, avvocato!

Parecchi anni dopo il suo soggiorno forzato a Bologna, confinato dai fascisti per ragioni politiche lontano dalla sua "casa rossa" fiorentina, Piero Jahier ripercorse, assieme all'amico Romeo Forni - anch'egli scrittore ed ex ferroviere - i luoghi dove era solito sostare durante il percorso tra casa e lavoro o andando a casa di amici, quali Nino Bertocchi o Alessandro Cervellati: uno dei preferiti era senz'altro la libreria Veronese.

Jahier amava i libri, era geloso dei suoi libri "conquistati col lavoro e col sacrificio di tutta la vita". Li aveva salvati durante la guerra portandoli con il sacco in spalla da Bologna a San Pietro in Casale, il paese in cui era sfollata la sua famiglia, e sotterrandoli dentro alcune casse. Passando davanti alle librerie sentiva che i libri gli spettavano, affermava "di averne come un diritto naturale".

Quel giorno con Forni entrò alla Veronese e la gerente riconobbe subito l'ex capo divisione delle ferrovie:

"In cosa posso servirla avvocato!" e sorrise l'anziana donna minuta, mentre allungava la manina scarna. Jahier la guardò buono e rispose che: "di libri, ora ne ho troppi e mi vengono per niente. Volevo solo salutarla ... ringraziarla per i pagamenti lunghi".

Commissario di premi prestigiosi come il "Viareggio", Piero Jahier riceveva ora i volumi di centinaia di autori concorrenti. E li leggeva tutti, che fossero famosi o meno.

Approfondimenti
  • Mario Bejor, Dino Campana a Bologna 1911-1916, a cura di Antonio Castronuovo, Roma, Elliot, 2018, pp. 20-21
  • Romeo Forni, L'uomo dai capelli di lana bianca (con Piero Jahier), Milano, Todariana, 1972, p. 71
  • Claudio Maria Messina, Guida ragionata alle librerie antiquarie e d'occasione d'Italia, 6. ed. aggiornata, Roma, Robin, 2003
  • Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol. 2., p. 307
  • Eva Veronese, La libreria veronese, in: "Strenna storica bolognese", 11 (1961), pp. 511-517
  • Eva Veronese Ghibellini, Il portico della Morte e un suo libraio, in: "Strenna della Fameja bulgneisa", 1956, pp. 112-115
  • Eva Veronese Ghibellini, Ricordi di una vecchia libraia, Bologna, Tamari, 1967
  • Eva Veronese Ghibellini, Vecchia libreria, in: "Strenna della Fameja bulgneisa", 1957, pp. 198-203