Santuario di S. Maria della Vita - Il Compianto

via Clavature, 10

Infuriate dal dolore, dementate dal dolore erano le Marie. Una, presso il capezzale, tendeva la mano aperta come per non vedere il volto amato; e il grido e il singulto le contraevano la bocca, le corrugavano la fronte il mento il collo. Ascoltami. Puoi tu imaginare che cosa sia l'urlo pietrificato? Puoi tu imaginare nel mezzo della tragedia cristiana l'irruzione dell'Erinni?

(G. D'Annunzio, Le faville del maglio, 1914)

Il santuario di Santa Maria della Vita sorse nella seconda metà del XIII secolo, annesso all'Ospedale gestito dalla Confraternita dei Battuti. Alla fine del Seicento fu ricostruito su pianta ellittica e nel secolo seguente fu costruita la cupola, da allora ben visibile da piazza Maggiore, dietro il portico dei Banchi. Nel 1905, in esecuzione del testamento di don Raffaele Mareggiani, fu edificata la facciata a due ordini, con le statue dei beati Rainiero Fasani e Bonaparte Ghisilieri.

Il Compianto di Niccolò dell'Arca

Tra le opere d'arte e di devozione connesse al santuario, è famoso il Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell'Arca, gruppo scultoreo in terracotta della seconda metà del XV secolo.
Il Cristo morto, disteso con il capo reclinato su un cuscino, è circondato da vari personaggi tra i quali spiccano Maria di Cleofa e Maria Maddalena, straziate dal dolore e con le vesti gonfie.

Questo capolavoro rinascimentale rischiò in passato la distruzione. Nel 1830 venne salvato da un professore dell'Accademia, quando l'Amministrazione degli Ospedali era ormai intenzionata a disfarsene. Ricoperte da diverse mani di "orribile" vernice, le statue erano allora malamente disposte in un oscuro corridoio di via Drapperie:

Gli atteggiamenti di disperato dolore della Vergine e delle altre Donne, circondanti il corpo esanime di Gesù, in quella luce incerta e paurosa del corridoio, il tono grigio di quella orribile vernice che impiastricciava tutte le statue, fecero sì che le stupende figure divenissero oggetto di frizzi da parte della gente adulta e di paura da parte dei bimbi.

Fu in queste fattezze di "burde", di streghe che turbavano i sogni dei bambini bolognesi, che il giovane Gabriele D'Annunzio vide le Marie piangenti, durante una visita al santuario assieme al padre nel 1878, e ne descrisse "l'urlo pietrificato".

La salvezza del Compianto non fu comunque sicura fino alla fine dell'800, quando venne scoperta la firma autentica dell'artista sul cuscino su cui appoggia la testa di Cristo e dopo gli accorati interventi in sua difesa da parte di Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci. E solo nel 1914 fu avviato un vero restauro e completamento delle parti danneggiate, a cura dello scultore Montaguti e della ditta di ceramiche Minghetti. Nel settembre del 1921 il poeta Bino Binazzi, dalle pagine del "Resto del Carlino", poté annunciare il ritorno dell'opera all'antico splendore:

E Bologna, mentre si fa più viva la gloria dell'artefice, del quale fu maestra adottiva, deve segnalare con soddisfazione il cospicuo accrescimento del suo patrimonio d'arte.

Dopo il restauro, il gruppo fu ricollocato davanti a un fondale dipinto a finto panneggio, protetto da una cancellata in ferro battuto forgiata dalla Cooperativa Metallurgica di Bologna in stile "Rinascimento Emiliano". Rimosse durante la seconda guerra mondiale, le statue furono nuovamente restaurate da Ottorino Nonfarmale nel 1982-1985 e a lungo esposte alla Pinacoteca Nazionale, prima di tornare, negli anni Novanta, alla loro sede originaria.

Luogo di consolazione

Entrare in Santa Maria della Vita consente estraniarsi per un attimo dalla vita febbrile che si svolge intorno, nel quartiere del Quadrilatero, tradizionale zona di negozi e di mercati. Anche il poeta Piero Jahier, costretto al silenzio dal Regime e confinato a Bologna come ispettore ferroviario, amava sostare in questa chiesa. L'amico Forni ricorda che, durante una passeggiata con lui nel dopoguerra

mi prega di seguirlo nella Chiesa della Vita dove restiamo qualche minuto in assoluto silenzio. Era il suo asilo: "Un posto di raccoglimento dal quale uscivo sempre con lo spirito rinfrancato", mi confida sottovoce.

Approfondimenti
  • Bologna nell'Ottocento, a cura di Giancarlo Roversi, Roma, Editalia, 1992, pp. 106-108
  • Alessandro Cervellati, L' "urlo di pietra", in: id., Bologna aneddotica, Bologna, Tamari, 1970, pp. 218-219
  • Romeo Forni, L'uomo dai capelli di lana bianca (con Piero Jahier), Milano, Todariana, 1972, p. 71
  • Alberto Menarini, Athos Vianelli, Bologna per la strada. Leggende e curiosità. Seconda serie, Bologna, Tamari, stampa 1976, p. 87
  • Le strade di Bologna. Una guida alfabetica alla storia, ai segreti, all'arte, al folclore (ecc.), a cura di Fabio e Filippo Raffaelli e Athos Vianelli, Roma, Newton periodici, 1988-1989, vol.1., pp. 196-198