Di lui si narra che essendo commissario di esami a Bologna, ad un allievo che non sapeva nulla chiedesse di leggere un brano dei Promessi Sposi. Al primo verbo del brano, il professore Albertazzi ferma l'allievo e gli domanda:
"Di quante specie sono i verbi?"
"Di due: maschile e femminile".
Il professore Albertazzi, superato lo stupore, commenta:
"Non lo sapevo, ma se lo dice lei sarà così. Ecco, se lei mi dice un verbo femminile, io la promuovo".
"Partorire".
L'Albertazzi rise e lo promosse.
(A. Burgio, Dizionario dei nomi propri di persona, Roma, Hermes, 1992, p. 19)
Il Regio Istituto Tecnico di Bologna fu fondato nel 1862 in via San Domenico (poi via Garibaldi) nel palazzo delle soppresse Scuole Pie, un edificio neoclassico costruito nel 1838 dall'architetto Giuseppe Tubertini, comprendente un chiostro del XV secolo, con pozzo, appartenuto al grande convento domenicano. Le lezioni iniziarono il 12 gennaio 1863 con una trentina di ragazzi, tra alunni veri e propri e uditori.
Nell'anno scolastico 1876-77 l'istituto fu diviso in tre sezioni: Commercio-Ragioneria, Agrimensura e Fisico-Matematica. Nel 1883 fu intitolato a Pier de' Crescenzi, agronomo bolognese del XIII secolo. Nel 1923 la sezione Fisico-Matematica divenne Liceo scientifico "Augusto Righi", mentre la sezione dei geometri divenne autonoma negli anni Sessanta, con il nome di Antonio Pacinotti. Righi e Pacinotti furono due tra gli allievi più illustri del "Piero".
Nell'anno scolastico 1899-900 si iscrissero le prime alunne. La presenza femminile andò in seguito aumentando costantemente. Durante la prima guerra mondiale l'istituto fu occupato per un anno dai militari, mentre i suoi alunni, sfollati al liceo musicale, si impegnavano a fabbricare rotoli "scalda ranci" di carta paraffinata per i soldati al fronte. Durante la seconda guerra mondiale, invece, oltre a essere danneggiato dalle bombe, l'edificio fu adibito a ospedale.
Il 10 maggio 1924 morì, "verde ancora d'anni", uno dei professori più cari del "Pier Crescenzi", lo scrittore Adolfo Albertazzi, allievo prediletto e biografo di Carducci e figura centrale del cenacolo di letterati raccolto attorno a lui.
Collaboratore assiduo del "Resto del Carlino", i suoi articoli sul Maestro furono raccolti nel volume Il Carducci: professione uomo. Come narratore Albertazzi trovò la sua misura ideale nel racconto, prendendo come modello Guy de Maupassant. Fra le sue raccolte si ricordano Novelle umoristiche (1900), Il Zucchetto rosso e storie d'altri colori (1910), e Il Diavolo nell'ampolla (1918).
- Tiziano Costa, Bologna a scuola, Bologna, Costa, 2015, pp. 130-135
- Gianmario Merizzi, "... e tutta la città era in suoni". I luoghi della storia della musica a Bologna, Bologna, Comune di Bologna, 2007, pp. 58-59 (Scuole pie)