Henry James
Ore bolognesi
Henry James dedica a Bologna "tre buone giornate" del suo viaggio in Italia, nell'ottobre del 1869. Per lui è una città che "merita", così ricca "d'ogni sorta di doni", di "un'infinità di belle chiese e palazzi, a cominciare dalla "possente" piazza pubblica, nella quale il Medioevo e il Rinascimento si affacciano assieme. La presenza dei portici, che la rendono "oscura", suscita un paragone con la Parigi di rue de Rivoli.
Come per molti altri turisti colti, anche per James il fulcro principale di interesse è la Pinacoteca, "organo" della Scuola bolognese di pittura: Guido, Domenichino, i Carracci ... Egli non manca tuttavia di sottolineare l'accademismo dell'ambiente artistico locale, che vive solo di regole e memorie.
Lo spazio maggiore dei suoi ricordi è dedicato al fortuito incontro con due feste, svolte in contemporanea, "in un clima di reciproca diffidenza e disprezzo": la festa civile dello Statuto e quella religiosa degli Addobbi. E' dal combinarsi dei due eventi, dal mescolarsi di soldati a cavallo con preti e "verginali fanciulle", che scaturisce la scena movimentata e colorata, che lo impressiona, tanto da fargli dire:
Fu quella la prima volta che una festa italiana offrì veramente al mio sguardo quel piacevole ardore e quei particolari romantici promessi dalle canzoni e dalla storia.
Un tardo e un po' stanco romanticismo, sufficiente però a mettere in secondo piano, come una noiosa parentesi, la visita ai tesori della Pinacoteca.
La vita in breve
Nasce a New York nel 1843, nipote di un imprenditore irlandese, che ha fatto fortuna in America e figlio di un grande teologo e filosofo. Si iscrive senza successo ad Harvard, facoltà di legge. Un incidente, che gli procura una lesione alla schiena, gli risparmia l'arruolamento e la partecipazione alla guerra civile.
La sua vita è dedicata alla letteratura e a continui viaggi e spostamenti tra gli Stati Uniti e l'Europa. Soggiorna per lunghi periodi in Francia, Inghilterra e Italia, facendo conoscenza con importanti scrittori e intellettuali, quali Maupassant, Daudet, Flaubert, Turghenev, Zola.
Le opere teatrali non hanno fortuna. La sua scrittura introspettiva non si adatta alle scene. Gli sono più congeniali racconti e romanzi, alcuni dei quali - Daisy Miller, Ritratto di signora - sono veri capolavori.
Compito dello scrittore è, per lui, offrire una visione soggettiva del mondo: da qui l'uso del monologo interiore e di vari tipi di narrazione psicologica, che anticipano il romanzo moderno.
Dal 1876 si trasferisce definitivamente in Inghilterra. Non vorrà lasciare documentazione della sua vita privata e distruggerà le sue lettere. Uscirà però un epistolario, che descrive i suoi ultimi anni, in cui appare afflitto da acciacchi - come il Fuoco di Sant'Antonio - e dalla solitudine. Muore a Londra nel 1916.
- Maurizio Ascari, Bologna dei viaggiatori. La sosta in città e il valico degli Appennini nei resoconti di inglesi e americani, Bologna, Gruppo di studi Savena Setta Sambro, 1999, pp. 177- 179