Gioacchino Napoleone Pepoli
Discende dagli antichi signori di Bologna. Fin da giovane scrive poesie e drammi di un certo successo. A 19 anni sposa una principessa, cugina del re di Prussia e si imparenta così con molte corone europee.
Dopo la morte di papa Gregorio XVI indirizza, assieme a Marco Minghetti, una petizione al conclave, chiedendo riforme liberali. Non avendo essa avuto esito, si dimette dalla Guardia Civica, in contrasto col "governo dei preti".
Riprende il comando della Guardia nell'agosto 1848, quando Bologna è assalita dagli Austriaci. Si distingue nei combattimenti alla Montagnola ed acquista così stima e prestigio presso la popolazione.
Dopo il ritorno del potere pontificio, va in esilio per tre anni in Toscana e si ritira a vita privata. In questo periodo pubblica ancora commedie e scrive memorie sulla politica italiana.
Nel 1859, grazie alla sua parentela con Napoleone III, riesce a ottenere una promessa di non intervento della Francia in caso di sollevazione delle Romagne. Nel governo provvisorio ricopre cariche ministeriali, Affari Esteri e Finanze, essendo governatore Luigi Carlo Farini.
Nel 1860 è eletto Deputato nel collegio di Bologna e dal 1861 viene confermato in quattro successive legislature. Nel 1862 è ministro all'Agricoltura sotto il governo Rattazzi e lega il suo nome alla legge di unificazione monetaria.
Tra il 1863 e il 1864 è ambasciatore all'estero e prende parte con Costantino Nigra alla "Convenzione di settembre". Nel 1868 è nominato Senatore del Regno e inviato a Vienna come diplomatico.
È un generoso filantropo: alla sua munifica iniziativa si devono istituzioni come la Banca di Previdenza a Bondeno e la Società Artigiana a Bologna. Il suo nome figura negli elenchi della Loggia massonica "Galvani" di Bologna.
Gioacchino Napoleone e il teatro
Come autore di teatro Gioacchino Napoleone Pepoli è rappresentativo di un tipo di produzione poco impegnata, "formalmente elegante, ma superficiale" (Calore).
Gran parte dei suoi testi drammatici risalgono al periodo dell'esilio dorato in Toscana e a Parigi dopo il 1849. In quell'anno fece rappresentare al Teatro del Corso un dramma a sostegno della resistenza di Venezia contro gli Austriaci. Incoraggiato dal successo di questa opera d'esordio, mise da parte gli studi di economia per dedicarsi in pieno alla scrittura teatrale.
Fin dall'inizio si battè a sostegno di una drammaturgia nazionale, capace di contrapporsi all'invadenza di quella estera, soprattutto francese. Assieme ad altri giovani autori proclamò la necessità di un teatro patriottico, vicino ai problemi della società italiana, di un "teatro a tesi" in cui si affrontavano verità sociali, pur "affogate nel moralismo borghese".
Pepoli passò a questo tipo di teatro, dopo essersi cimentato nel dramma storico con Elisabetta Sirani pittrice bolognese, "un infelice contributo da parte di un discreto drammaturgo dilettante", e con Ines de Castro, tragedia piena di svenimenti e rantoli "con gli occhi levati al cielo", portata in scena da Adelaide Ristori.
Le tesi dei drammi sono di solito proclamate in titoli, quali Stravaganza e Rassegnazione, oppure Povertà ed Orgoglio. Quest'ultima commedia fu oggetto di una gara di bravura tra gli attori Gaetano Gattinelli e Luigi Domeniconi, con il pubblico che non sapeva se parteggiare per l'onesto decaduto o il nobile prepotente.
In Rassegnazione di una madre e nel Mazzo di carte non mancava l'impegno civile. Nell'ultimo dramma, ad esempio, l'autore intendeva colpire il vizio del gioco, rovina dei giovani. Con Nessuno dei due, Pepoli tentò anche la strada della commedia brillante, ma senza ottenere grandi risultati.
Nel 1874 il suo dramma in quattro atti Gabriella venne rappresentato a Modena con vivo successo di pubblico, ma fu stroncato pesantemente dalla critica, nonostante la sua finalità benefica. Con questo spettacolo, infatti, il marchese intendeva raccogliere fondi a favore degli operai licenziati dalle Fabbriche Cooperative di Bondeno.
Deluso dalla stroncatura di Gabriella, Pepoli lasciò incompiuta la commedia Le Transizioni, in cui prendeva di mira la corruzione politica e che pare fosse il suo capolavoro.
Marina Calore, Bologna a teatro. L'Ottocento, Bologna, Guidicini e Rosa, 1982, pp. 85-87
Marina Calore, Gioacchino Napoleone Pepoli drammaturgo, in: "Strenna storica bolognese", 41 (1991), pp. 85-102
Marina Calore, Il teatro del Corso 1805-1944. 150 anni di vita teatrale bolognese tra aneddoti e documenti, Bologna, Lo scarabeo, 1992, p. 107,
Tiziano Costa, Grande libro dei personaggi di Bologna. 420 storie, Bologna, Costa, 2019, p. 144
Carlo Manelli, La Massoneria a Bologna dal XII al XX secolo, Bologna, Analisi, 1986, pp. 74-75
Risorgimento e teatro a Bologna 1800-1849, a cura di Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi, Bologna, Pàtron, 1998, pp. 58, 62-63
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