Casa - Via Battisti

via Cesare Battisti, 10

Io frequentavo spesso la bella casa dei Jahier, in via Cesare Battisti, 10. Lo scrittore, che di fronte al fascismo aveva scelto il silenzio e il sorriso, modificava periodicamente la disposizione dei quadri alle pareti delle sue stanze, dove spiccavano i disegni e i dipinti “dedicati” di Ardengo Soffici e di altri noti pittori fiorentini.
(R. Renzi)

La casa bolognese di Piero Jahier era in via Cesare Battisti n. 10. Lo scrittore trascorse, senza poter pubblicare nulla, un ventennio di esilio a Bologna, dove svolse il mestiere di ispettore di movimento della ferrovia Porrettana e di ispettore per la repressione dei reati ferroviari.

Mussolini in persona aveva ordinato un assiduo controllo poliziesco dell’ex redattore della “Voce”. Tra le sue colpe anche quella di aver rifiutato la direzione del giornale “Il Popolo d’Italia”. Una testimonianza della sua condizione di poeta emarginato, “rimosso” viene da Francesco Leonetti:

C’era Piero Jahier che era mio amico, perché era padre di una mia compagna di scuola. Sono andato a trovarlo e Jahier mi dice: “Ma tu che credi? Noi non ci siamo nelle storie letterarie”.

Oltre che Leonetti, poeta in erba, amico di Pier Paolo Pasolini e Roberto Roversi, la casa di via Cesare Battisti ospitava il giovane Renzo Renzi, compagno di classe di Mirella, figlia di Jahier, e di Isa, sorella di Leonetti.

Tra le cose di casa a cui lo scrittore teneva di più c’erano i libri e sicuramente i quadri, avuti in gran parte da artisti toscani, come la tela di Soffici Nevicata, guadagnata in cambio di un vecchio cappotto militare prestato all’amico in una notte fredda e piovosa. Soffici tentò di aiutarlo anche durante il Ventennio, raccomandandolo a Gentile come “antico collega de La Voce e ottimo scrittore”, ma Jahier non se la sentì di presentare la lettera “per ripugnanza morale”.

L’appartamento fu danneggiato durante la seconda guerra mondiale da uno dei primi bombardamenti aerei alleati su Bologna e la famiglia Jahier dovette sfollare in un comune della Bassa. Il poeta veniva tutti i giorni a lavorare in bicicletta, schivando i pericoli dei bombardamenti e i controlli dei repubblichini, fino alla sede delle Ferrovie in Palazzo Pizzardi.

Jahier riparò i suoi quadri nel sottoscala di una villetta fuori porta San Mamolo verso Roncrio, oltre il capolinea dell’autobus. Dopo che lì si installò un comando tedesco, tentò di riportarli in via Cesare Battisti, con l’aiuto dell’usciere Faenza. Nel viaggio di ritorno i due furono sorpresi da un pesante bombardamento e mentre l’amico si riparava nella vicina collina, lui proseguì da solo col biroccino: "non se la sentì assolutamente di abbandonare i suoi quadri, avuti quasi tutti in regalo, ed ai quali era troppo affezionato”.

Nell’immediato dopoguerra lo scrittore, ormai tornato ad abitare nella sua “casa rossa” a Firenze, fu nominato presidente della Libera Accademia degli Studi (L.A.S.), promossa da Roberto Mazzetti, con recapito a Bologna, in un bar all’inizio di Strada Maggiore.

Alle serate della L.A.S., “presto tramontata”, parteciparono autori importanti, quali Umberto Saba, che intervenne nel giugno 1946 e Giuseppe Ungaretti, presente nella primavera del ‘47. Una sera, accanto al ministro degli Esteri conte Sforza, Jahier tenne una commossa rievocazione dei fratelli Rosselli.

Approfondimenti

Romeo Forni, L'uomo dai capelli di lana bianca (con Piero Jahier), Milano, Todariana, 1972


Il Gruppo 63 quarant'anni dopo, Bologna, 8-11 maggio 2003, atti del Convegno, Bologna, Pendragon, 2005, pp. 80-81