Albergo Giardinetto

piazza XX Settembre

Si stava, una volta, con Bino Binazzi nella stanza d'albergo dove egli alloggiava. Un patetico e miserabile alloggio all'Albergo Giardinetto. Una casupola rugginosa allora, e adesso scomparsa, presso la stazione ferroviaria ... quando nel silenzio della notte, s'udì nella tromba delle scale rimbombare una voce, un grido che infuriava invocando: "Il poeta Binazzi! Binazzi! Binazzi!". L'amico, già in ciabatte, si affacciò sulle scale deserte. Così fu l'ingresso fra di noi di Campana.

(G. Raimondi)

Scrivendo all'amico Francesco Meriano, Bino Binazzi usava ogni tanto la carta intestata dell'albergo bolognese in cui stava a pensione, l'Albergo e Ristorante Giardinetto. Era un edificio - oggi non più esistente - nei pressi della stazione ferroviaria. Giuseppe Raimondi lo descrive come una "casupola rugginosa" alla quale si accedeva da via Indipendenza attraverso un breve cortile di ghiaia. Il muro all'esterno era fiancheggiato da qualche acacia e da "un povero pergolato di uva verde" e le piante apparivano "indurite dalla polvere, dal fumo sporco dei treni".

Ciò che si vedeva e si udiva intorno lo descrisse bene il poeta Campana nei suoi Canti Orfici:

Dei colpi sordi, dei fischi dallo scalo accentuavano la monotonia diffusa nell'aria. Il vapore delle macchine si confondeva colla nebbia: i fili si appendevano e si riappendevano ai grappoli di campanelle dei pali telegrafici che si susseguivano automaticamente.

L'albergo era poco più che "un patetico e miserabile alloggio", adatto, per la vicinanza alla ferrovia, come "luogo di sosta di barrocciai e corrieri, di commercianti e trasportatori di derrate alimentari". Era ciò che poteva permettersi il povero correttore di bozze, "sacerdote-guerriero" della buona letteratura, squattrinato dal tracollo finanziario del padre, l' "umanista vagante" costretto dalla malasorte alla "bassa cucina giornalistica".

A Bologna Binazzi fu redattore del "Giornale del Mattino" e del "Resto del Carlino". Durante la prima guerra mondiale pubblicò, assieme a Francesco Meriano, la rivista letteraria "La Brigata", con l'intento di unire avanguardia e rispetto della tradizione. Ad essa collaborarono letterati e artisti quali Umberto Saba, Diego Valeri, Giorgio De Chirico, Sibilla Aleramo, Massimo Bontempelli, Dino Campana.

Allora egli era considerato "la guida e il maestro discreto" di scrittori bolognesi appena adolescenti, quali Raimondi e Bacchelli. Uscendo verso le dieci di sera dal Caffè di San Pietro, dove animava lunghe discussioni, questi giovani di belle speranze lo accompagnavano in via dei Mille, al "Giornale del Mattino".

A volte Raimondi andava anche a prenderlo al giornale a notte tarda, dopo il lavoro, e lo portava al suo "modesto alberguccio", mentre "i primi spazzini, coi carri fragorosi di ferro, entravano da Porta Galliera". Si fermava ancora un po' con lui nella sua stanza:

Spossato dal lavoro, dai lunghi discorsi e dalla passeggiata notturna, Binazzi levava le larghe scarpe sdrucite; e lo rivedo, buttato sul lettuccio di ferro, sgranchirsi i piedi, palparli, pensoso e assorto, in attesa dell' al di là.

Il poeta errabondo Dino Campana, di passaggio a Bologna, cercava assiduamente Binazzi, il solo amico che "egli ebbe negli anni prima del cancello". Le apparizioni tempestose al "Giardinetto", simili a quelle furibonde e gloriose di Rimbaud nella soffitta degli amici parigini, non erano infequenti.

Il poeta si sfogava rabbiosamente contro i fiorentini della "Voce" o piangeva come un bambino "per una donna che egli diceva di amare", mentre i clienti, risvegliati dalle grida, protestavano richiudendo le loro porte.

All'inizio del 1916, in condizioni miserevoli e ammalato, Campana chiese a Binazzi un aiuto per entrare in ospedale a Bologna, anche per sfuggire ai suoi persecutori. E "lui che aveva 20 modi per farlo non volle". Per questo, e per i suoi rapporti con Papini, arrivò quasi a troncare con l'amico. Scrisse infatti in quei giorni a Emilio Cecchi:

Ho trovato Binazzi e gli ho rinfacciato il suo attaccamento all'infame sbirro Papini e non siamo più amici. E' un Sem Benelli in canto fermo. Figlio di un canonico spretato ha vizi della sua origine.

Binazzi però continuò ad interessarsi assiduamente di Campana. Sulla "Brigata", la rivista da lui diretta, lo definì "il più grande poeta di questa generazione italiana" e ne sostenne poi il valore proprio in faccia ai futuristi toscani delle Giubbe Rosse.

All'Albergo Giardinetto è legato uno degli ultimi ricordi di Campana a Bologna. L'episodio risale all'inverno del 1916. Lui e Raimondi escono con Binazzi dal Caffè di San Pietro verso mezzanotte e lo accompagnano lungo via Indipendenza, "quasi deserta a quell'ora". Dopo averlo lasciato alla porta dell'albergo, i due tornano piano verso il centro:

Si camminava senza parlare stando in mezzo alla strada. L'uno distante dall'altro. Ricordo come splendevano bian­che le rotaie del tram. Fummo nella piazza Vittorio Ema­nuele. Campana volse il capo in alto per leggere l'ora nell'orologio del Comune. L'orologio aveva le luci spente. Era tempo di guerra. Ci salutammo. Mi disse tre parole: "Andate, andate pure a casa". Rimase fermo al centro della piazza. Non l'ho mai più rivisto. Né altri, credo, lo hanno rivisto nella città di Bologna.

Al bolognese restò nelle orecchie "l'urtare delle scarpe massicce", di montanaro romagnolo, di Dino contro le spranghe d'acciaio dei binari, mentre lui, con passo leggero, tornava a casa percorrendo via Clavature.

Approfondimenti
  • Marco A. Bazzocchi, Campana, Nietzsche e la puttana sacra, Lecce, Manni, 2003
  • Dino Campana, Canti orfici, Marradi, Tip. F. Ravagli, 1914, p.109
  • Campana dal vivo. Scritti e testimonianze sul poeta, a cura di Pedro Luis Ladron de Guevara, Reggello, FirenzeLibri, 2006
  • Dino Campana oggi, atti del Convegno, Firenze, 18-19 marzo 1973, Firenze, Vallecchi, 1973
  • Carlo Pariani, Vita non romanzata di Dino Campana, Firenze, Ponte alle Grazie, 1994, p. 123
  • I portici della poesia: Dino Campana a Bologna (1912-1914), a cura di Marco Antonio Bazzocchi e Gabriel Cacho Millet, Bologna, Pàtron, 2002
  • Giuseppe Raimondi, I divertimenti letterari (1915-1925), Milano, A. Mondadori, 1966, pp. 28-29
  • Giuseppe Raimondi, Giuseppe in Italia, Milano, Mondadori, 1957, p. 62-65
  • Giuseppe Raimondi, I tetti sulla città, Milano, Mondadori, 1977, pp. 81-85