Stamperia Marsigli

via Cesare Battisti, 21

Ne impresi l'edizione non solo per confortare il mio esiglio o per far vivere (per quanto in me stava) il nome del mio solo amico; ma perché le sue disavventure, le sue virtù, la sua morte deliberata e l'apologia ch' egli fa del suicidio fossero di consolazione e di esempio agli infelici. Se non che più fieri casi m'interruppero questa edizione abbandonata a uno stampatore, il quale riputandola un romanzo, la fe' continuare da un prezzolato, che convertì le lettere calde, originali, italiane dell' Ortis in un centone di follie romanzesche, di frasi adulterate e di annotazioni vigliacche.

(U. Foscolo, Supplemento al Monitore bolognese n. 30, 1801)

Jacopo Marsigli, proprietario di una libreria ai Celestini, "aprì nella propria casa una stamperia consistente in un solo torchio", denominata, nel periodo giacobino, Stamperia Patriottica. Essa aveva sede in via Barbaziana (poi via Cesare Battisti), accanto a vicolo Felicini, presso la chiesa di San Salvatore.

Durante il periodo giacobino stampò, in otto piccole pagine, il giornale "Il Repubblicano", che accoglieva le idee democratiche più avanzate. Era uno dei primi apparsi a Bologna dopo l'ingresso delle truppe francesi ed era promosso da Francesco Tognetti, uomo politico, letterato e bibliofilo.

Marsigli costruì un'apposita tipografia per stampare il primo giornale ad uscire ogni giorno, il "Quotidiano Bolognese", con notizie locali, annunci commerciali e avvisi pubblicitari, che dal novembre 1797 ospitò gli articoli dell'ormai noto Barbiere di Scaricalasino, prima attivo sull' "Osservatore politico".

A fine mese i trenta fascicoli erano rilegati assieme in un volume intitolato "Il Quotidiano Bolognese ossia Raccolta di notizie secrete". Con il ritorno a Bologna degli Austro-Russi nel 1799 l'attività di Marsigli venne chiusa ed egli arrestato.


 

Foscolo e l'Ortis

La sua fama è legata in particolare alla vicenda dell'Ortis di Ugo Foscolo.
Alla fine del 1798 il poeta, rifugiato a Bologna, cominciò a pubblicare presso di lui un romanzo epistolare, che lasciò incompiuto dopo il suo arruolamento nella Guardia Nazionale e la partenza dalla città.

Marsigli, non nuovo a piccoli imbrogli editoriali, lo pubblicò a sua insaputa, con il titolo di Vera storia di due amanti infelici, ossia Ultime lettere di Jacopo Ortis, affidandone il completamento al bolognese Angelo Sassoli.

Questa edizione, corredata di annotazioni per eludere la censura, fu in seguito nettamente sconfessata dal Foscolo. Nel numero del 17 marzo 1801 del "Monitore di Bologna" la definì un "centone di follie romanzesche, di frasi adulterate e di annotazioni vigliacche".

L'Ortis fu completato dal poeta dopo il suo rientro a Milano e pubblicato nel 1802 presso i tipi del Genio Tipografico. Altre edizioni da lui riviste videro la luce a Zurigo e Londra.


 

Leopardi e la Canzone ad Angelo Mai

Dopo il periodo napoleonico Marsigli dovette ridimensionare la sua attività, avendo perso i privilegi governativi goduti in passato. Licenziò personale e abbassò il livello delle stampe. Si servì di Pietro Brighenti come procacciatore di affari e con lui puntò su Giacomo Leopardi per "tonificare e rilanciare la sua produzione".

Per la stampa di cinque sue Canzoni il contino di Recanati si sentì chiedere da Marsili la somma di 20 scudi per 250 copie, rilegatura esclusa. Rispose dichiarandosi "il più disperato di questa terra" e di non disporre della somma. E intanto il padre si intromise per impedire comunque l'impresa.

Per non perdere un autore sostenuto e lodato da Brighenti e da Giordani, da cui sperava maggiori profitti con altre opere, Marsigli stampò in cinquecento copie la sola Canzone ad Angelo Mai.

Il poeta, da Recanati, chiese che una copia fosse inviata ai principali esponenti del cenacolo classicista bolognese, Giovanni Marchetti, Paolo Costa, Dionigi Strocchi, Massimiliano Angelelli, e inoltre al Trissino e allo Schiassi.

Pregò inoltre l'amico Brighenti di consegnare "una di queste copie legate" a Cornelia Martinetti, animatrice di uno dei principali salotti in città, "in segno dell'ossequio di uno straniero infelice, e sconosciuto alle su virtù, singolari nelle donne italiane".

Il buon successo di questa edizione fu uno dei motivi per cui Leopardi nel 1823 scelse Bologna piuttosto che Roma quale sede in cui pubblicare i suoi Canti.


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Gabriele Bonazzi, Informare, istruire, intrattenere, in: Gioachino in Bologna. Mezzo secolo di società e cultura cittadina convissuto con Rossini e la sua musica, a cura di Jadranka Bentini e Piero Mioli, Bologna, Pendragon, 2018, p. 343


Saverio Ferrari, Gli empori del letterato. Un itinerario tra conservazione, produzione e commercio del libro a Bologna nel triennio 1825-1827, in: Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Pàtron, 2001, p. 202


Pantaleo Palmieri, Giacomo Leopardi e la scuola classica romagnola, in: Leopardi e Bologna, atti del Convegno di studi per il secondo centenario leopardiano, Bologna, 18-19 maggio 1998, a cura di Marco A. Bazzocchi, Firenze, L. S. Olschki, 1999, p. 123


Maria Gioia Tavoni, Un editore e tre tipografie, in: Leopardi e Bologna, atti del Convegno di studi per il secondo centenario leopardiano, Bologna, 18-19 maggio 1998, a cura di Marco A. Bazzocchi, Firenze, L. S. Olschki, 1999, pp. 90-97