Bologna nel Cinquecento
Nel corso del Cinquecento alcuni grandi avvenimenti vedono coinvolta Bologna in posizione privilegiata, quasi al centro del mondo: gli incontri di papa Leone X con il re di Francia Francesco I, l'incoronazione dell'imperatore Carlo V, le sessioni del Concilio di Trento, seguite dall'importante attività riformatrice del cardinale Gabriele Paleotti. In questo periodo la città si trasforma profondamente e l'architettura "all'antica" riveste i palazzi e le cappelle gentilizie delle famiglie senatorie, desiderose di esibire ricchezza e potenza.
Le trasformazioni toccano anche le chiese e soprattutto i conventi di ordini emergenti, come gli Olivetani e i Certosini. Nei cantieri religiosi (ma anche nel palazzo pubblico) spicca l'attività di Antonio e Francesco Morandi, detti Terribilia. Intanto continuano i progetti per il completamento della basilica di San Petronio, finchè, con la costruzione dell'Archiginnasio, nuova sede unica dell'Università proprio a ridosso della grande fabbrica, papa Pio IV metterà fine per sempre al sogno di un tempio civico più grande del San Pietro vaticano.
C'è anche Giorgio Vasari, infaticabile promotore dell'arte fiorentina e romana, a dettare il gusto del manierismo nell'arte religiosa bolognese, mentre i fregi e gli affreschi dipinti da Nicolò Dell'Abate, Fontana e Tibaldi nel segreto delle case patrizie, serbano qualcosa della preziosità e delle licenze pagane di Aspertini, Parmigianino, Giulio Romano.
Con la fine del secolo la pittura locale si avvicina al dato naturale, alla "verità" del dettato riformatore e vede nei Carracci i campioni di una "accademia" che avrà grande fortuna anche a Roma. L'architettura classica, applicata agli edifici religiosi tramite il "catechismo" di Vignola e i precetti di Domenico Tibaldi, diviene più severa e convenzionale.
Al termine del periodo si afferma in città un nuovo tipo di chiesa ad aula unica e dotata di portico in facciata.