Marino Moretti
Scrittori in cucina
Appena insediatosi come ospite (e compagno) di Renata Viganò, nella casa di via Mascarella, Antonio Meluschi iniziò subito a scrivere il suo primo libro, dal titolo Pane, mentre intanto collaborava col "Resto del Carlino" e col "Corriere Padano". Il libro uscì a inizio del 1937, ebbe un discreto successo e una recensione positiva sul "Corriere della sera" del 15 maggio di quell'anno da Marino Moretti. L' "attento e lucido elzeviro" dello scrittore di Cesenatico si intitolava Il libro nuovo e venne anche usato come prefazione dell'edizione Cantelli di Pane, del 1940.
In una lettera al "caro Signor Moretti", dalla quale si deduce una conoscenza ancora precaria, Meluschi ringraziò per la "cordiale accoglienza" del suo romanzo e affermò con convinzione: "ora lavorerò con maggiore serenità e fiducia. C'è davvero bisogno, nella vita, di sentirsi attorno un po' d'affetto e d'ascoltare cose sincere". Dove si capisce che il giovane orfano-scrittore trovò in Moretti qualcosa di più di un semplice recensore.
Ebbe infatti inizio, in questa occasione, un'amicizia duratura tra Moretti e la coppia della "prodigiosa casina": Tonino Meluschi e Renata Viganò. Da Cesenatico lo scrittore romagnolo cominciò a venire spesso nella cucina piena di fumo, di vino, di libri e di gatti di via Mascarella 63/2 e continuò a seguire - e a sostenere - con passione la carriera artistica dei due scrittori-partigiani.
Non sorprende, quindi, che il primo dei Profili scritti da Meluschi per il "Corriere padano" - quello del 16 giugno 1938 - sia dedicato a Moretti, così come il suo secondo libro, intitolato Strada, uscito nel 1939 presso l'editore Testa di Bologna.
A guerra appena finita Moretti riprese i contatti con gli amici bolognesi, ricordando con nostalgia "i cari tempi della Mascarella". Inviò loro i suoi ultimi libri - Il segno della croce, Mia madre, Il trono dei poveri - in una nuova edizione, augurandosi che anche Meluschi potesse pubblicare un libro, che lo rivelasse al pubblico.
Confessò di aver pensato molto a loro scrivendo, nel 1942, I coniugi Allori. Disse di aver cancellato "senza pietà" dal suo manoscritto ciò che avrebbe potuto lasciarli indifferenti. Antonio Faeti, anch'egli frequentatore della "fabbrica" di idee di via Mascarella, confermò più tardi criticamente l'identità dei personaggi del romanzo morettiano con i due scrittori bolognesi.
Tra il 1947 e il 1949 Meluschi pubblicò qualche capitolo di Adamo secondo sul giornale "Progresso d'Italia" e Moretti si premurò di far pubblicare il romanzo da Mondadori. Mentre Meluschi era in carcere, l'amico si impegnò a correggere le bozze, convinto che quel libro di "originalissimo vagabondaggio chiuso con il matrimonio mascarelliano" - l'unione con Renata Viganò - esprimesse nel modo più autentico l'anima e la vita di Tonino. Promise, inoltre, di parlare con Alberto Mondadori, da lui "conosciuto bambino".
Negli stessi giorni dell'annunciata uscita del libro di Meluschi, anche Renata Viganò pubblicò da Einaudi l'Agnese e Moretti si dichiarò entusiasta, del "doppio successo della cucina di Mascarella. Prodigiosa cucina!". La trattativa con l'editore milanese andò, però, per le lunghe e il libro di Tonino apparve, nella collana della Medusa degli italiani, solo tre anni dopo.
Del "sincero giudizio critico" di Moretti, Meluschi e la Viganò non fecero mai a meno. L'Agnese va a morire fu per l'amico uno sforzo "superiore a quella che può fare, come scrittrice o come partigiana, una donna" e considerò quel libro la sua più bella e singolare lettura dell'anno. Il romanzo di Tonino La fabbrica dei bambini (1955), pubblicato, come il precedente Adamo secondo, nella Medusa mondadoriana e candidato al Premio Viareggio, fu da lui giudicato il suo libro migliore, dov'era "detto tutto, proprio tutto".
La vita in breve
Nasce a Cesenatico (FC) nel 1885, quarto di otto figli. Ha difficili rapporti col padre, impiegato comunale e imprenditore marittimo, mentre adora la madre, maestra elementare, di cui sarà anche allievo. Frequenta senza successo l'Istituto "Sant'Apollinare" di Ravenna e il ginnasio parificato "Vittorino da Feltre" di Bologna, dove ha per compagno Mario Missiroli.
Nel 1901 convince i genitori a iscriverlo a Firenze alla scuola di recitazione di Luigi Rasi. Qui conosce Gabriellino D'Annunzio, figlio del Vate, e Aldo Giurlani (Palazzeschi, confidenzialmente Do), con il quale condivide la scarsa attitudine al teatro e la passione per la letteratura. I due saranno fraterni amici per settant'anni.
Pur rimanendo appartato, segue le vicende dell'ambiente culturale fiorentino, particolarmente vivace in questo periodo, con la nascita di riviste quali "Hermes", "Lacerba" e "La Voce" e la presenza di intellettuali quali Papini, Soffici, Prezzolini, De Robertis. Frequenta assiduamente il Gabinetto Vieusseux e la Biblioteca Nazionale Centrale.
Nel 1902-1903 pubblica le prime raccolte di novelle e di versi. Il vero debutto è nel 1905, con la stampa delle poesie di Fraternità e le novelle intitolate Paese degli equivoci.
Nei primi anni Dieci appaiono le sue raccolte poetiche più famose. Poesie scritte col lapis (1910) - dove la parola "lapis" indica "una letterarietà debole, consunta, con una vena di degradazione comico-crepuscolare" -, Poesie di tutti i giorni (1911), I poemetti di Marino (1913) e Il giardino dei frutti (1916) segnano la sua fase pascoliana e crepuscolare.
La sua poesia non è compresa e accettata da tutti: Renato Serra, per esempio, è convinto che non gli manchi la capacità di usare le parole e una felice attitudine alla rima, ma che "tutto questo è adoperato invano, a non dir nulla".
Dopo le raccolte citate, l'attività poetica di Moretti si interrompe, per riprendere solo cinquant'anni dopo. Intanto inizia a collaborare con varie riviste e giornali. Tra le prime, "La Riviera Ligure" dei fratelli Novaro, di cui diviene amico. Nel 1914 dirige "La Grande Illustrazione" di Pescara, che lascerà poco dopo a Sibilla Aleramo.
Allo scoppio della guerra mondiale, non idoneo alla leva, si offre, tuttavia, come infermiere negli ospedali da campo della Croce Rossa, dove conosce Federigo Tozzi. In questo periodo fa il suo esordio come romanziere: a Il sole del sabato, che esce a puntate sul "Giornale d'Italia", fa seguito, nel 1918, Guenda, di buon successo.
Dal 1923 è chiamato dal direttore Luigi Albertini a collaborare con il il "Corriere della Sera", del quale curerà per molti anni la pagina letteraria. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, ma in seguito rimane lontano dalla vita politica, vivendo appartato tra Firenze e Cesenatico.
In questo periodo soggiorna anche a Parigi, altro polo di riferimento della sua formazione artistica, in compagnia di Filippo De Pisis e di Aldo Palazzeschi. Con l'amico De Pisis visita anche il Belgio, in particolare Bruges, "la città morta".
Nel 1928 il suo libro Trono dei poveri viene contestato dai reggenti fascisti della Repubblica di San Marino, per l'elogio, male interpretato, alla libertà e all'indipendenza del passato. Il Premio Mussolini, che gli viene assegnato nel 1932 dall'Accademia d'Italia, è subito ritirato per l'intervento del Duce e dato a Silvio Benco. Sarà lui invece a rifiutare lo stesso premio nel 1944, durante la Repubblica di Salò.
Negli anni Trenta scrive e pubblica con assiduità novelle, romanzi, libri di ricordi. Nel 1941 il romanzo La vedova Fioravanti è accolto come il suo capolavoro. Nel 1946 pubblica un altro importante romanzo, I coniugi Allori, nel 1948 Il fiocco verde e nel 1951 il volume di ricordi I grilli di Pazzo Pazzi.
Moretti descrive vicende semplici ambientate in un mondo provinciale popolato da personaggi spenti e rinunciatari, rese in uno stile dimesso, ma attraversato da lampi di personale umorismo.
Con La camera degli sposi termina nel 1958 la carriera di romanziere.
La sua opera - più di settanta libri pubblicati in vita - comincia ad ottenere importanti riconoscimenti: nel 1952 il Premio dell'Accademia dei lincei, nel 1959 un contestato Premio Viareggio, in competizione con Pasolini. Nel 1969 riprende a scrivere poesie: dopo la raccolta L'ultima estate, pubblicata in quell'anno, escono Tre anni e un giorno (1971), Le poverazze (1973) e Diario senza fine (1974).
Nel 1975, per il suo novantesimo compleanno, la Biblioteca di Cesenatico organizza un importante convegno sulla sua opera, al quale partecipano critici quali Gianfranco Contini, Geno Pampaloni e Luciano Anceschi. Muore a Cesenatico nel 1979, a quasi 94 anni.
- Antonio Baldini, Marino Moretti, Carteggio. 1915-1962, a cura di Enzo Colombo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1997, p. 361
- Andrea Battistini, La cultura letteraria tra classicismo e avanguardia, in: ... E finalmente potremo dirci italiani. Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale 1859-1911, a cura di Claudia Collina, Fiorenza Tarozzi, Bologna, Editrice Compositori - Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2011, p. 192
- Paolo Febbraro, L'altro Novecento. Poeti italiani, Roma, Lit, 2018, pp. 22-23
- Matrimonio in Brigata. Le opere e i giorni di Renata Viganò e Antonio Meluschi, a cura di Enzo Colombo, Bologna, Grafis, 1995, pp. 39, 136, 138, 140, 168, 185-187
Internet
- Moretti, Marino, di Marino Biondi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)
- Casa Moretti - Cesenatico
Places
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Caffè di San Pietro via dell'Indipendenza, 7
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Sirena del Pincio via Indipendenza. Bologna
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Casa - Via Mascarella via Mascarella, 63/2
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Albergo delle Tre Zucchette Piazza Re Enzo