Caterina Franceschi Ferrucci
Nasce a Narni nel 1803. A cinque anni perde l’uso di un occhio per un incidente e rimane per un periodo praticamente cieca. I problemi di salute ne condizionano il carattere.
Nel 1823 si trasferisce con la famiglia a Macerata, dove continua gli studi classici, avviati con un dotto sacerdote. E’ appassionata di Cicerone e partecipa con alcuni scritti - ad esempio Sull’imitazione dei classici (1826) - alla querelle, allora molto sentita, tra classici e romantici, schierandosi decisamente con i primi. Con essi condivide l’importanza della traduzione dei classici come principio di educazione nazionale.
Come latinista è molto apprezzata da Giacomo Leopardi, che in una lettera del 1826 scrive: “Ditele ch’io la stimo e l’onoro già da qualche tempo che la conosco di reputazione”. A Macerata inizia anche l’apprendimento del greco e scrive poesie per le quali viene lodata.
Nel 1827 sposa il latinista Michele Ferrucci e si trasferisce a Bologna, dove dal 1829 il marito occupa la cattedra di Arte oratoria e Poetica latina e italiana all’Università. Qui è accolta nell’Accademia dei Felsinei, dove legge il suo Inno alla Morte e poi l’Inno alla Provvidenza, pubblicati nel 1828 da Brighenti nella stamperia delle Muse.
A Bologna incontra Pietro Giordani, studia filosofia con Paolo Costa e, nel 1830, conosce personalmente Giacomo Leopardi. In lei il poeta di Recanati trova unite insieme, come in nessuna altra donna, qualità come la bontà, la modestia, l’ingegno, e con lei condivide la passione per lo studio e la propensione alla solitudine.
Essi si incontrano nel salotto di Antonietta Ferroni, moglie del dottor Giacomo Tommasini, di cui sono entrambi amici intimi. “Tognina", infaticabile lettrice di saggi educativi e filosofico-morali, condivide con loro il concetto che la buona educazione nazionale passa attraverso l’iniziativa privata delle donne.
Nel 1831 è coinvolta nella rivoluzione municipale e deve riparare a Ginevra, dove il marito ottiene, per intercessione di Cavour, la cattedra di letteratura latina all’Accademia. A lei che parte Vincenzo Valorani dedica un sonetto:
Felsina al duol risponde, e il ciglio asperso
Porta di nobil pianto, e in te richiama
L’ospite illustre, e i belli andati tempi.
Nella città svizzera tiene corsi in francese su Dante Alighieri e la letteratura italiana. Nel 1844 i coniugi Franceschi rientrano in Italia, a Pisa. Caterina è fortemente influenzata dalla dottrina di Vincenzo Gioberti e da questo momento si dedica alla prosa e alla divulgazione delle sue idee sull’educazione. La sua opera di diffusione della cultura, permeata di spirito patriottico, è apprezzata da personaggi come Cavour e Manzoni.
Nel 1850 dirige a Genova il primo Istituto femminile. L’indirizzo giobertiano le causa però notevoli contrasti e la costringe a dimettersi già l’anno seguente. Entro il 1871, quando viene eletta, prima tra le donne, membro corrispondente dell’Accademia della Crusca, scrive tutte le sue opere principali, in una lingua “studiata con amore e scritta come pochi uomini sanno”.
Nell’opera Degli Studii delle donne (1854), dedicata alla figlia, sostiene la necessità di una solida cultura di base per le madri, che devono educare i figli allo spirito della rigenerazione nazionale. Il volume Dell’educazione morale della donna italiana (1847) viene giudicato da Gioberti “l’opera dottrinale più perfetta che da penna femminile sia stata scritta in questi ultimi tempi”.
Nel 1875, mentre sta terminando gli Ammaestramenti religiosi e morali, è colpita da paralisi. Dopo la perdita del marito e della figlia, va a vivere a Firenze nella villa del nipote, dove muore nel 1887.
- Elena Musiani, Circoli e salotti femminili nell’Ottocento. Le donne bolognesi tra politica e sociabilità, Bologna, CLUEB, 2003, p. 87
- Pantaleo Palmieri, Leopardi: frequentazioni bolognesi, in: Gioachino in Bologna. Mezzo secolo di società e cultura cittadina convissuto con Rossini e la sua musica, a cura di Jadranka Bentini e Piero Mioli, Bologna, Pendragon, 2018, pp. 129-130
- Arabella Riccò, Caterina Franceschi Ferrucci, in: Giacomo Leopardi e Bologna: libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, Bologna, Patron, 2001, pp. 302-305
- Maria Gioia Tavoni, Un editore e tre tipografie, in: Leopardi e Bologna, atti del Convegno di studi per il secondo centenario leopardiano, Bologna, 18-19 maggio 1998, a cura di Marco A. Bazzocchi, Firenze, L. S. Olschki, 1999, p. 107
- Vincenzo Valorani, A Caterina Ferrucci, in: “La Farfalla, foglio di amena lettura, bibliografia, belle arti, teatri, e varietà”, 16 aprile 1839, p.
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Places
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Casino Civico - Stamperia delle Muse via Santo Stefano, 43
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Casa Tommasini via San Vitale, 58