Di gloria il viso e la gioconda voce
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
Magnanimo campion (s'alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l'echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella ...
(G. Leopardi)
L'Arena del Gioco del Pallone venne costruita nel 1822 sul lato orientale della Montagnola, in un terreno di proprietà comunale, dall'architetto Giuseppe Tubertini. Fu il primo impianto a Bologna costruito appositamente per lo sport. L'edificio era costituito da un lungo muro per il rimbalzo della palla ("battimuro"), in cui si aprivano alcune finestrelle per "dar sfogo all'impeto dei venti".
Nei due lati di testa vi erano le tribune per gli spettatori, coperte da un tetto sostenuto da belle colonne doriche. Tra le tribune e il campo una rete proteggeva "dalle percosse del pallone i fanciulli, le donne e i timorosi". Lungo il campo di gioco era presente un ampio parterre a gradoni.
Vi si svolgevano soprattutto le partite di pallone con il bracciale: due squadre, una da "testo" e una "da basso" - a turno in battuta e in rimessa - si rimandavano attraverso il campo una palla di cuoio con l'aiuto di un bracciale di legno irto di "spunzoni" o "denti lunghi ed acuti", inventato in Romagna. Tra "bollenti entusiasmi" il pubblico faceva sommesse, a volte si scatenavano risse al coltello.
Dopo il 1830 il "Gran Muro" ospitò anche spettacoli d'arte varia: voli in pallone, circhi e conferenze astronomiche, a cura di Quirico Filopanti. I campioni del pallone erano gli idoli degli abitanti dei borghi. Di alcuni di essi furono murate lapidi ricordo.
Nel 1885, ad esempio, un pienone colossale - quasi 5.000 persone - decretò il trionfo di Bruno Banchini, detto "il ballerino", "magnifico per bellezza plastica e correttezza di forza", idolo della "balla" del Pratello. Gli furono regalate medaglie, anelli e spille d'oro, bottiglie di champagne. Corrado Ricci e Alfredo Testoni gli dedicarono scritti e sonetti. La rivalità per Ziotti e Banchini fu anche il pretesto per la messinscena di un finto duello da parte degli amici burloni Olindo Guerrini e Corrado Ricci.
Molto famosi furono anche Domenico Bossotto, che giocò per una settimana intera senza commettere un solo fallo, e il fiorentino Giovanni Ziotti, "agile come uno scoiattolo", favorito dalle balle del Borgo di San Pietro e soprannominato "pal fess" (palo fisso) per la sua abitudine di attendere il pallone fermo immobile sul punto esatto di caduta.
Tra i più recenti spettatori del Gioco del Pallone vi furono i fratelli Francesco e Gaetano Arcangeli, che da bambini abitavano in una stradina vicino alla Montagnola. Andavano allo Sferisterio accompagnati dal babbo, un ex militare in pensione, al quale le partite piacevano molto. Gaetano ne parlò nella sua prosa L'anima del mare.
L'ultima partita di pallone bracciale fu giocata nel 1946. Nel 1951 lo Sferisterio ospitò i campionati italiani di pugilato e nel 1955 venne coperto per essere utilizzato come padiglione della Fiera campionaria, allora collocata in Montagnola. In seguito fu diviso in tre settori per sport vari, dal basket, alla pallavolo, al pattinaggio.
Leopardi e il vincitore nel pallone
Secondo la testimonianza di Corrado Ricci, tra le lapidi murate nell'atrio di mezzogiorno dell'Arena, che ricordavano le maggiori "volate", cioè i lanci più lunghi effettuati dai vari campioni durante le partite, ce n'era una con il nome di Carlo Didimi, l'eroe protagonista della canzone di Leopardi A un vincitore nel pallone, scritta a Recanati nel 1821 e pubblicata a Bologna nel 1824.
Attraverso il suo esempio, il poeta esalta lo sport come metafora delle qualità fisiche e delle virtù morali e civili degli italiani. Il gioco del pallone era molto diffuso nelle Marche e Leopardi, nei rari momenti di pausa dei suoi studi, si recava a Macerata per assistere alle partite.
Carlo Didimi, "garzon bennato", di antica nobile famiglia, era un autentico campione della battuta, ben pagato e osannato dal pubblico; talmente bravo che gli fu vietato di giocare nei campi delle Marche "per manifesta superiorità" e fu quindi costretto a riparare in Romagna sotto falso nome.
Ancora oggi nel paese natio si svolge in suo onore una annuale Disfida del bracciale. Fu anche un repubblicano convinto, seguace di Mazzini, ricercato dalla polizia pontificia per le sue attività sovversive, ma dopo l'ascesa al soglio pontificio di Pio IX venne riabilitato e ottenne perfino un impiego in Comune.
Tra i letterati famosi che dedicarono la loro attenzione al pallone vi furono anche Giuseppe Gioacchino Belli, che scrisse la satira Er Giocator di Pallone, e Edmondo De Amicis, che addirittura al gioco dedicò un libro: Gli Azzurri ed i Rossi.
- Bianca Arcangeli, La Bologna degli Arcangeli, in: Bologna. Discorso sulla città, fotografie di Gianni Sandoni, Bologna, Cappelli, 1986, p. 160
- Guido Guerrini, Olindo Guerrini, Corrado Ricci e le beffe che combinavano insieme, in: "Strenna della Fameja bulgneisa", 1958, pp. 99-101
- Il mito della V nera, a cura di Achille Baratti, Renato Lemmi Gigli, Bologna, Poligrafici L. Parma, 1972, p. 21
- La Piazzola. 1390-1990. Il mercato, la città, a cura di Simonetta Raimondi, Bologna, Grafis, 1990, pp. 58-59
- Corrado Ricci, Il Giuoco del Pallone, in: Ricordi bolognesi, Sala Bolognese, A. Forni, 2008, pp. 195-219
- Sferisterio. Una lunga storia di sport a Bologna, a cura di Marco Poli e Claudio Evangelisti, Bologna, a cura dell'AICS. Comitato provinciale di Bologna, 2015
- Athos Vianelli, Bologna in controluce. Storie e curiosità fra un secolo e l'altro, Bologna, Inchiostri, 2001, pp.123-124