Operazione "Grapeshot" sul fronte orientale
L'VIII Armata alleata, attestata durante l'inverno '44 sul fronte del Senio, dà il via all'offensiva di primavera, chiamata Operazione “Grapeshot” (mitragliata), che mira a raggiungere Bologna e il fiume Po da est.
In linea sul Senio vi sono quattro divisioni del V Corpo d'armata britannico (due inglesi, una indiana e una neozelandese), il gruppo di combattimento italiano “Cremona” e la brigata partigiana di Bulow.
A cavallo della via Emilia c'è il II Corpo polacco, rinforzato con due brigate di fanteria, due reggimenti di artiglieria e un battaglione di commandos, mentre sulle colline sono schierate una divisione indiana, la brigata ebraica e i gruppi di combattimento "Friuli" e "Folgore".
L'VIII Armata è fronteggiata dalla X tedesca tra l'Adriatico e Bologna, con il LXXVI Corpo corazzato e il I paracadutisti, mentre il XIV Corpo corazzato della XIV Armata è schierato tra l'Idice e il capoluogo.
Preceduto da un formidabile bombardamento aereo e di artiglieria - uno dei più massicci bombardamenti alleati della guerra in Italia con 825 bombardieri pesanti e oltre 175.000 spezzoni sganciati - l'attacco principale è portato dalla 2a Divisione neozelandese, dall'8a Divisione indiana e dal Gruppo di Combattimento "Cremona" nel centro dello schieramento tedesco, in direzione di Lugo.
Un carico di bombe sganciato troppo presto colpisce ad ovest i reparti di assalto polacchi, provocando perdite elevate.
Lo sfondamento iniziale delle postazioni tedesche sugli argini avviene grazie ai lanciafiamme Crocodile montati su carri armati, che lanciano fuoco oltre i cento metri. Il nemico è colto di sorpresa dall'assalto dei carri armati durante la notte, alla luce dei riflettori. Diverse teste di ponte vengono stabilite oltre il Senio, dopo la rapida costruzione di ponti di barche e ramper per il passaggio dei carri armati.
Cotignola, in riva al Senio, in prima linea dal novembre precedente, è risparmiata il mattino del 9 aprile dal primo attacco aereo, ma dal pomeriggio è sotto il tiro dei cannoni di terra: il paese "ribolle dalle viscere della terra con un sommovimento da agonia ed erutta verso il cielo ogni cosa".
Verso sera i giganteschi Tank Cruiser Centurion sfondano le barriere protettive erette dai tedeschi sul fiume e le truppe neozelandesi entrano all'alba del giorno successivo nella cittadina distrutta. I pochi abitanti rimasti possono uscire dai rifugi.
Lo stesso 10 aprile i soldati italiani del gruppo di combattimento "Cremona", i partigiani della 28a "Gordini" di Bulow e i polacchi della 3a Divisione "Fucilieri dei Carpazi" liberano Fusignano e Alfonsine, oramai ridotte a cumuli di macerie.
Il II Corpo polacco prosegue sulla via Emilia verso Castelbolognese e alla sera raggiunge il Santerno, superando le resistenze della 26a Divisione corazzata.
La 98a e la 362a Divisione tedesca sono costrette ad arretrare oltre il Santerno già dopo il primo giorno di combattimento. La 26a a la 1a e la 4a Divisione Paracadutisti sono costrette anch'esse, poche ore, dopo ad allinearsi al di là del fiume.
Sulle colline all'estremità dello schieramento alleato il Gruppo di combattimento "Friuli", dopo aver conquistato il 16 marzo la "Quota 92" nei pressi di Limisano, entra il 10 aprile a Riolo Bagni, mentre la Brigata Ebraica si avvicina al monte Ghebbio.
Lo stesso giorno il Gruppo "Folgore" conquista completamente Tossignano, dominante la valle del Santerno nei pressi di Imola e difeso fino all'ultimo dalla 1a Divisione paracadutisti.
Dopo mesi di incursioni alleate il paese della vena del gesso, già raggiunto il 13 aprile da un battaglione della "Nembo" e da partigiani della 36a Brigata Garibaldi, è "ridotto a straziante rovina", tanto da meritare l'appellativo di "Cassino Romagnola".
Il previsto bombardamento di Riolo, unico paese della linea del Senio ancora pieno di abitanti e di sfollati, è scongiurato grazie all'intervento del generale Arturo Scattini, comandante del "Friuli".
La cittadina è rimasta intrappolata per tutto l'inverno tra le due linee nemiche e ha già pagato un prezzo altissimo in vittime, anche civili, e in distruzioni causate dalle tante incursioni.
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