La difficile ripresa industriale
Alla fine della guerra quasi tutte le industrie bolognesi, soprattutto nel settore metalmeccanico, risultano distrutte o danneggiate. Gli impianti hanno subito danni gravissimi per l'asportazione di materiali e attrezzature da parte dei Tedeschi e per l'usura intensa delle macchine, portate al limite della loro capacità produttiva.
Numerose imprese sono da tempo sfollate nei paesi della provincia o in altre regioni del nord Italia. La penuria di materie prime e combustibile impedisce ovunque la ripresa delle lavorazioni.
Fino a luglio l'energia elettrica è prodotta a Bologna solo dalle piccole centrali del Battiferro e di Crevalcore (900 Kwh totali) e il successivo allacciamento ad alcune centrali alpine provvederà soprattutto ai consumi civili. Il ritorno alla normalità sarà a lungo impedito dal dissesto della rete viaria e ferroviaria.
L'11 luglio l'Associazione degli Industriali stabilisce un ordine preciso di precedenza per la fornitura di aiuti alleati alle varie industrie, a cominciare da quelle meccaniche più danneggiate: Ducati, Calzoni, Sabiem, Casaralta, Sasib, Weber, Barbieri.
Alla fine del 1945, solo 8.000 degli oltre 20.000 occupati del settore meccanico (censiti al 1940) ritroveranno lavoro. Grandi fabbriche come la Ducati, la Minganti, la Cogne, saranno ricostruite dagli operai e dagli impiegati rimasti in città, mentre altri si incaricheranno di riportare nelle officine le attrezzature e i macchinari trasferiti altrove.
- Luigi Arbizzani, La Costituzione negata nelle fabbriche. Industria e repressione antioperaia nel Bolognese, 1947-1966, 2. ed. ampliata con Appendice 2001, Bologna, Pass, 2001, pp. 33-34
- Dario Ventura, Sindacato e ricostruzione a Bologna, 1945-1948, Roma, Editrice sindacale italiana, 1981, pp. 27-31