Arrestati "per aver fatto parte del partito comunista"
Il 17 giugno, “dopo laboriose indagini e pedinamento” da parte delle Autorità di P.S. di Bologna, viene arrestato Giuseppe Rossi (1904-1948), ritenuto “emissario della setta comunista” in Emilia.
Sottoposto a perquisizione, è trovato in possesso di 1.300 lire, una bicicletta, false carte d’identità e false tessere dell’O.N.D. e del Touring Club.
Assieme a lui vengono individuati e fermati gli attivisti bolognesi Samuele Cuppini e Armando Pilati.
In data 14 luglio 1937, con atto d’accusa del Pubblico Ministero, i tre vengono rinviati a giudizio al Tribunale Speciale “per avere in territorio di Bologna fatto parte del partito comunista”.
Rossi è accusato inoltre di uso di passaporto falso e per “avere organizzato e costituito il partito comunista e per averne svolto propaganda”.
La sentenza del 24 gennaio 1938 comminerà 14 anni di carcere a Rossi, 3 a Cuppini e 4 Pilati.
Il primo uscirà dal carcere di Sulmona dopo sei anni per “grazia sovrana”. Leader del partito comunista fiorentino, sarà membro del C.L.N. Nel dopoguerra farà parte dell’Assemlea Costituente e diverrà senatore.
Cuppini verrà liberato nel 1940 e subirà altri tre anni di confino alle Tremiti. Dopo l’armistizio sarà tra gli animatori dei primi gruppi partigiani.
Armando Pilati (Nino), più volte in precedenza arrestato e condannato, sottoposto fino al 1943 a misure restrittive, verrà ricoverato quell’anno all’ospedale Sant’Orsola, dove organizzerà gli antifascisti e si occuperà delle cure ai partigiani feriti. Alla Liberazione sarà riconosciuto partigiano col grado di capitano.
- Adriano Dal Pont, Alfonso Leonetti, Pasquale Maiello, Lino Zocchi, Aula IV. Tutti i processi del Tribunale speciale fascista, Milano, La pietra, 1976, p. 342
- Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Decisioni emesse nel 1938, Roma, Ufficio storico SME, 1994, pp. 31-35